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Via Crucis in metropolitana

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Centro Culturale "Gli Scritti" - pubblicato il 14/04/14
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Meditazioni sulla passione dell’Uomo lungo alcune stazioni della Metro A di Roma e della Ferrovia FR3 (Roma-Viterbo)

Mettiamo a disposizione sul nostro sito la Via crucis scritta da don Paolo Ricciardi, parroco di Santa Silvia

Dedicato a tutti i viaggiatori,

perché si riscoprano viandanti,
affiancati da Colui che è la Via.

Da Madeleine Delbrel, Noi delle strade
Dall’alto di una grande scalinata della Metro,
missionari in abito a giacca o in impermeabile,
vediamo di gradino in gradino,
nell’ora in cui c’è più folla,
una distesa di teste…
Cappelli, baschi, berretti,
capelli di tutte le tinte.
Centinaia di teste : centinaia di anime.
Noi, lì in alto.
E più in alto, e dappertutto,
Dio.
Dio dappertutto.
E quante anime lo sanno.
Subito, saliremo nella Metro.
Vedremo volti, fronti, occhi, bocche.
Bocche di gente sola, al naturale :
alcune avare, altre impure, altre cattive,
bocche avide o sazie di tutti i nutrimenti terrestri.
Poche, tanto poche
quelle che hanno la forma del Vangelo.
E saremo arrivati.
Nel buio sbucheremo all’aria aperta,
e c’incammineremo per la via
che condurrà a casa.

Prologo

Una scala che scende da sola.
In alto vedo tante persone.
La sera è già pronta a donarci riposo,
ma prima c’è un viaggio da fare.
Per uomini e donne – una folla –
ogni giorno è lo stesso cammino.
Al mattino la fretta ci prende,
c’è il sonno,
l’odore del giorno spuntato
e il lavoro che attende.
Al mattino è negato pensare.
La sera è diverso.
C’è un cuore in sollievo.
C’è, per qualcuno, il gusto di essere atteso.
Oppure il ritorno all’angoscia
e la solita solitudine in agguato.
Tra le vie sotterranee di un treno
son tante le vite che vedi passare.

Signore, ti affido il ritorno
di tutta la gente che incontro.
Ti affido quell’ansia di Cielo,
lì dove c’è buio,
lì dove è più facile andare.
Ti affido il cammino di tante persone,
così diverso e così simile
al Tuo, asceso sul colle,
per dare la Vita per noi,
innalzato sul Legno.
E spero per loro lo stesso traguardo :
risorti con Te nella Luce del Padre

PRIMA STAZIONE

Gesù è condannato a morte
Fermata San Giovanni
Le strade di San Giovanni attraversano ignare i segni di Roma cristiana.
Penso alla Madre di tutte le Chiese, luogo d’incontro dei credenti romani;
e al Battistero, antica memoria della Grazia più bella ;
infine alla scala, che tante ginocchia e preghiere rendono ancora più santa.
Per tanti che passano qui, tutti i giorni,
San Giovanni è solo Stazione di Metro.
Io pure, disceso per prendere il treno,
aspetto il convoglio ed inizio a guardare.
Nella folla che entra e che esce mi immergo da solo.
Sto fermo e curioso in storie diverse di volti mai visti.
Che tipo di folla fu quella accanita contro il Signore?
Erano forse uomini e donne presi da tanti pensieri,
da non rendersi conto di Lui? Non posso saperlo.
Immagino allora, mentre il treno si ferma,
che Lui stia passando attraverso la gente. Ignara di tanta Presenza.
Ancora condannato, ancora non accettato.
Ad uno dei tanti crocevia dell’uomo – come è questa stazione –
l’Uomo, unico tra tanti, riprende la via della Croce.
Quando si è sotto la Metro non si sa che tempo fa fuori.
Lo si immagina solo. Inizia un percorso in cui il cielo è negato.
Come accade spesso nel cuore dell’uomo.
E mentre rifletto, cercandomi uno spazio e un appoggio,
il treno parte di nuovo.
E Ponzio Pilato si lava le mani, condannando il Signore.

SECONDA STAZIONE

Gesù è caricato della Croce
Fermata Manzoni
Il convoglio fa presto ad arrivare a Manzoni.
E già il mio vagone risulta diverso.
Qualcuno è arrivato, qualcuno entra ora. Incrocio uno sguardo in un lampo. Non lo ricorderò, né forse mai più lo vedrò.
Strana sorte accomuna i passeggeri della Metropolitana.
È più facile vedere uno sguardo pensoso che uno sereno.

Difficilmente si parla, facilmente si pensa.
Nel cuore di alcuni vedo la gioia del ritorno a casa, della famiglia che attende.
In qualcun altro, dal volto diverso, di paesi lontani,
vedo la casa irraggiungibile. La Metro purtroppo non ci arriva.
Il ritorno a casa di Cristo è segnato da una strada speciale : la via della Croce. Il Legno pesante lo curva per terra, bagnata da gocce di sangue.
Quando si prende la croce non possiamo fermarci. Inizia un cammino. Affrontare la vita può esser fatica, dolore,
ma io amo pensare alla croce come a un segno di gioia.
La meta non è solo il Calvario. La meta è un giardino.
La meta è un abbaglio di Luce infinita che riempie la vita per sempre.
I volti che vedo vicini non sembrano avvolti di Eterno.
Li noto piuttosto segnati da gioie e speranze, tristezze ed angosce di oggi.
E credo che se tutti imparassimo a fissare lo Sguardo sul Cielo,
avremmo un sorriso diverso, due occhi che sanno che niente è per l’oggi,
ma tutto è per sempre.
E dietro un dolore improvviso, si apre una porta di gioia più grande ;
e lo stesso Legno che ora ci pesa, domani ci innalza.

TERZA STAZIONE

Gesù cade la prima volta
Fermata V. Emanuele
Piazza Vittorio a Roma voleva dire un tempo una gran confusione di gente:
Tante borse ripiene di spesa, venditori urlanti e odori di cibo.
Ora è diverso. Il famoso mercato è stato spostato
ma è difficile abituarsi al nuovo volto del luogo.
Ma sottoterra nessuno si accorge di quello che cambia.
Per molti questa rimane soltanto una tappa del viaggio.
Nessuno ci pensa che lì sopra di notte son tante le vite strappate,
per cui Roma, da bambini, era solo un paese lontano.
C’è gente che dorme per terra, gente che spaccia, che ruba.
C’è gente ad un passo dai treni che vuole partire, ma non può,
perché manca il biglietto.
Sotto terra corre la Metro
e si ferma.
Quando Gesù cadde la prima volta urtò alla terra polverosa.
Non ebbe tempo di pensare, eppure sapeva quanto valeva cadere,
in quell’ora.
Valeva le nostre cadute.
Quante sono ogni giorno le cadute dell’uomo ?
Quante volte dovrà sbattere a terra la faccia,
per capir che la meta è nel Cielo ?
La folla che riempie il vagone è abituata a cadere. E forse a rialzarsi.
Ogni giorno che volge al tramonto ci fa segnare di nuovo le nostre sconfitte,
debolezze e fatiche.
Eppure, tra tanto cadere, io scorgo una Mano che m’alza e mi porta alla Luce.
E quella mano è legata ad un legno ed è intrisa di un sangue,
tanto simile al mio.

QUARTA STAZIONE

Gesù incontra sua Madre
Fermata Termini
In ogni città la stazione è un concentrato di mondo.
La gente che parte e che arriva, salendo e scendendo da un treno,
non porta soltanto un bagaglio.
Porta l’odore del paese natale, porta la gioia di un amore nascente,
porta il ricordo del giorno di ieri insieme a quello degli anni passati.
Quando a Termini la Metro si ferma, si sosta un pochino di più.
Il ricambio di folla è evidente e, a secondo dell’ora,
il vagone si vuota o si riempie.
E tra i passeggeri ammassati, mi piace osservare una mamma e un bambino.
Stranamente le cedono il posto e il sedile del treno
dà spazio ad un gesto d’amore.
Il piccolo sta sulla mamma, che con le sue braccia lo avvolge a mo’ di cintura.
Sulla via della Croce il Figlio ha incontrato la Madre,
ma non poteva abbracciarla. Doveva aspettare la sera,
doveva aspettare la morte per essere preso da Lei, e formare così la Pietà.
Eppure lo Sguardo fu intenso, fu un grido d’amore.
Fu il segno di tutti gli incontri del mondo, del tempo,
quando una mamma straziata vede il figlio che muore.
A volte succede, in Stazione, che il figlio saluti la madre.
Poco importa se starà via qualche giorno o forse per mesi.

Il volto materno esprime lo stesso un distacco, un rinnovato travaglio.
Ma spesso non è la stazione a segnare il distacco.
Spesso pur stando vicini, seduti alla mensa di casa,
il cuore di due familiari è lontano, provocando ferite.
Allora si pensa alla Madre, si affidano i figli,
si è certi che Lei li accompagna e si spera.

QUINTA STAZIONE

Gesù è aiutato da Simone di Cirene
Fermata Repubblica
Il treno riparte e per poco cammina. Repubblica è a un tiro di sasso.
Nel tratto di viaggio percorso, il cuore ha soltanto uno spazio.
Di neanche un minuto.
Forse neanche un minuto servì a quel soldato a prender Simone
e a affidargli la Croce.
Non ebbe il tempo di dire, di fare problemi, di chiedere come.
Costretto a portare quel Legno fu forse commosso da tanto dolore.
Si dice che ognuno di croce ha la sua, bagaglio obbligato nel viaggio terreno.
A me piace pensare che Essa è una sola.
Ognuno ha la Sua, cioè quella di Cristo. Diverso è il portarla.
Chi crede di essere solo, fatica.
Chi sa che quel peso è diviso, lo scopre leggero.
Gli studi recenti insegnano che solo il braccio orizzontale del legno
fu portato da Cristo. Per sostenerlo in due è necessario stare molto vicini, l’uno dietro a quell’Altro.
La metropolitana è un luogo dove ritrovi corpi sconosciuti,
con cui sei costretto a stare attaccato, appoggiato allo stesso sostegno.
Che strano.
Pensando alla Croce non la vedo più come un peso. La scopro sostegno.
E noi, chiamati a stare vicini, ci aiutiamo a vicenda a capire il Suo dono.
Il treno riparte. Tra tanti passeggeri attaccati comincio a vedere Qualcuno così simile a noi, eppure diverso.
E cerco di stringermi a Lui, Cireneo della gioia.

SESTA STAZIONE

Gesù è asciugato dalla Veronica
Fermata Barberini
Via Veneto sale, fino a Villa Borghese, mostrandosi bella e apparente.
Il turista straniero è attirato da tempi che adesso qui a Roma son solo lontani.
La “dolce vita” di allora, ora non è che un ricordo passato.
Sotto la metro neanche a questo si pensa. Sarebbe anormale.
Si pensa a che cosa mangiare per cena, il film da guardare la sera,
alla telefonata da fare.
Si pensa al parente malato o al figlio con problemi di scuola.
A Cristo che sale né apparente né bello nessuno ci pensa. Nessuno lo guarda. Per farlo occorreva ed occorre sollevargli la testa pesante, fermarlo un istante, incrociare il suo Sguardo.
Eppure una donna lo fece.
Tra la folla urlante e opprimente ella ebbe il coraggio di uscire.
Di prendere un velo e toccargli le guance.
Veronica era il suo nome.
Nessuno poteva fermarla, tanto fu grande la sua ansia di amarLo.
Quel panno diventa un sospiro dell’uomo che vuole vedere il Suo volto,
negato agli antichi.
Quel Volto s’imprime nel velo, si ferma… nel suo cuore di donna.
Quei volti che scorgo stasera son forse un richiamo di quello di allora.
Il velo, quel panno bagnato, è ora raccolta di storie diverse,
di vite in ricerca, di ansie perdute.
Egli si imprime di nuovo negli occhi degli uomini che viaggiano ora.
E io Lo ricerco e Lo trovo, in questo vagone di un treno comune.
La “dolce vita” di un tempo non potrà mai superare il dolce Volto che vedo.

SETTIMA STAZIONE

Gesù cade la seconda volta
Fermata Spagna
La fermata di Spagna è tutta diversa dalle altre stazioni.
Per uscire si sale in un tunnel più basso e poi a piedi
il cammino è ancor lungo, per giungere fuori.
Ma poi, quando esci, c’è il clima romano di strade famose
dove pare che è sempre Natale;
la bassa fontana e poi l’ampia scala, e la Madonna di Piazza di Spagna.
In metro è entrato da poco un gruppetto di giovani uguali.
Parlan lo stesso linguaggio, usano frasi volgari.
Credono di esser da soli, in mezzo al vagone affollato in cammino.

Li guardo, li osservo, li ascolto. Ed il cuore si stringe.
In mezzo a schiamazzi e ad insulti il Signore è caduto di nuovo.
Lo penso per terra, col naso schiacciato, le spalle sfinite dal peso.
Chissà se pensava ai ragazzi del mondo svuotati del loro Creatore,
lontani dal sogno d’Amore,
quel sogno che aveva il discepolo amato.
Ma sento nel cuore un affetto, uno strano trasporto per quei giovani strani.
E penso che cadono senza saperlo, o per gioco.
Forse dovranno incontrare qualcuno che li prenda per mano
e li porti alla Luce, facendoli uscire dal tunnel.
Ma se questo è in salita, col basso soffitto,
se lungo è il cammino per uscire all’aperto? Poco ci importa.
L’importante è provarci, perché fuori di qui c’è la scala col nome invitante :
mi ricorda l’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
È giunto il momento di salire la scala dei Monti,
lasciandoci dietro sfilate di moda mondane che svuotano l’uomo dell’anima, a favore di un corpo, destinato a cadere.

OTTAVA STAZIONE

Gesù incontra le donne di Gerusalemme
Fermata Flaminio
La Metro continua il suo viaggio sotto il centro di Roma,
ricolmo di tante persone.
Via del Corso di sera è un fiume parlante che va verso due foci.
La Piazza del Popolo, con tre chiese e col Pincio
è un lago che si apre ogni giorno.
Il vagone a quest’ora si riempie di donne diverse.
Son mamme ripiene di impegni ma vuote di figli.
Son giovani in cerca di un posto e di un facile amore.
Son zingare che fanno proclami per sentir tintinnare qualcosa
in un bicchiere di carta.
Anche Cristo incontrò delle donne sulla via della Croce.
Fu loro il sostegno finale al dolore del Figlio di Dio.
Il pianto e il lamento di quelle fu frenato da Cristo morente.
Il pianto è per quelli che sbagliano, per rami seccati dal fuoco del male.
Sappiam di sbagliare ogni giorno,
di perdere il tempo donato perché costa donarci nel tempo.
In questo trambusto di gente che viene, mi piace pensare a Gesù.
Pur sofferente consola. Come assetato disseta.
E dava alle donne uno sguardo d’amore infinito, di intensa purezza.
La donna del pozzo con cinque mariti,
la mamma del bimbo perduto da poco, la povera vedova ricca di cuore.
Tra tante è però Maddalena che seppe rapirgli lo Sguardo.
Seppe strappargli il perdono col pianto e l’amore.
E seppe vederlo Risorto, voltandosi in fretta al richiamo del nome.
Nel treno che parte di nuovo mi fermo a osservare
una donna seduta nel fondo.
E gli occhi son gonfi di pianto. Chissà se si chiama Maria.

NONA STAZIONE

Gesù cade la terza volta
Fermata Lepanto
Il tratto di viaggio per l’altra fermata è segnato dal passaggio del fiume.
Per poco si vede l’aperto, il cielo e poi l’acqua del Tevere biondo.
Ma poi si ritorna nel tunnel, piombando di nuovo nel buio di sotto.
A volte è così nella vita. ti sembri rinato, ritrovi speranza.
E a un tratto si cade di nuovo, oppressi dal peso dei nostri malanni.
La terza caduta di Cristo la penso più forte di tutte le altre.
Lo vedo sfinito, ferito, a un passo soltanto dal luogo del Cranio.
E penso alle voci di tanti che infliggono al Cuore uno strazio interiore.
Lo fanno cadere per forza : la croce è il dolore dell’uomo di sempre.
La croce sfinisce, ti atterra, ti schiaccia.
Eppure Gesù si rialza, deciso si reca alla cima del colle.
È il seme caduto per terra, destinato alla morte,
che dopo risorge nel grano, portando i suoi frutti.
Un vecchio è seduto davanti, appoggiato al suo forte bastone.
In testa c’è un vecchio cappello e sul dito due fedi nuziali.
Il fatto che venga anche in metro vuol dire che ancora si sente capace,
nonostante il trambusto del treno e le scale da fare.

Che c’è dietro il volto dei suoi forse ottant’anni ? C’è un pozzo di tanti ricordi, un cuore sapiente e arricchito, di prove e di gioie.
C’è forse il pensiero del fine, la meta segnata per tutti i mortali.
Lo vedo che s’alza, a fatica. Nessuno gli porge una mano.
Prima che il treno riparta lui è pronto già a uscire alla prossima sosta.
Il posto del vecchio lo prende un ragazzo. Che strano.
Lo vedo più stanco e svuotato rispetto al signore attempato.
E prego per l’uno e per l’altro perché il loro bastone sia un giorno la Croce.

DECIMA STAZIONE

Gesù è spogliato delle sue vesti
Fermata Ottaviano – S. Pietro
Per anni Ottaviano segnava la fine del viaggio.
Col nuovo millennio è anche questa una tappa.
La Metro, per fortuna, arriva un po’ più lontana.
Uscire di qua vuol dire per me arrivare a San Pietro.
Gustare l’abbraccio maestoso di un luogo che è santo,
memoria dei primi cristiani.
Spogliati di vesti e di onore andavano al circo per esser mangiati.
O per essere in croce.
Osservare la gente che passa vuol dire talvolta osservarne i vestiti.
Vedere colori diversi, cappelli, borsette, camicie e calzoni.
Ciascuno si sente speciale, eppure di fondo c’è un modo comune.
La tunica tutta d’un pezzo e il mantello son tolti dal corpo di Cristo.
Son dati ai soldati. E Cristo nel mezzo riappare spogliato,
deriso, spettacolo infame.
Eppure così si è donato.
Da ricco che era povero è reso dal Padre per esser tesoro di ognuno di noi.
Spogliato di tutta la Luce riveste i mortali del lume divino.
Anche Pietro, portato al supplizio fu tolto di tutti gli onori.
Vicario di Cristo gli fu consegnato lo stesso martirio : la croce.
Spogliarsi per lui non bastò.
Voleva morire coi piedi per aria e la testa per terra.
Spogliato non solo di vesti, capovolto del tutto, per amore di Dio.
Mi fermo a guardare un’anziana suorina con gli occhi ripieni di vita.
il capo è coperto dal velo, è normale.
Vestita dell’abito scuro, eppure lucente d’amore donato.
Le vedo spuntare le mani e capisco con gioia che sgrana un rosario.

UNDICESIMA STAZIONE

Gesù è inchiodato sulla Croce
Fermata Cipro – Musei Vaticani
Il treno riprende il cammino nel nuovo percorso ultimato.
Ci mette un minuto per correre all’altra fermata.
Riprendo a osservare la gente e vedo due giovani mano per mano.
Si amano forse da poco : si nota dal tono di voce, dal limpido sguardo di lei. Avran forse vent’anni.
Quanto durerà quest’unione? Sarà vera, profonda, arricchente?
O sarà solamente una prova tra tante, destinata a finire?
Non fu prova da poco quella che portò il Signore
ad esser trafitto dai chiodi.
Penso a quelle tre grida, al dolore,
quando i tre ferri segnaron per sempre le sue mani e i suoi piedi.
Ma non furono i chiodi a tenere Gesù sulla croce.
Non fu neanche la terra, non furon le pietre, nemmeno i soldati.
A tenerLo fermo, fisso e inchiodato, innalzato da terra, fu solo l’Amore.
Amore vero, profondo e arricchente.
Sento il martello che batte. Immagino il sangue che scorre.
I due innamorati non sanno l’amore sgorgato dal Corpo trafitto.
Non sanno che è innamorato di noi, Qualcuno che pure ci attira.
Non sanno che uomini e donne hanno trovato in quei segni la risposta vitale, la gioia più bella di ogni gioia terrena, perfino di quella nuziale.
Forse un giorno vedranno che la vera passione d’amore
è l’amore di un Dio appassionato per noi.
E sapranno insieme tender le mani alla Mano divina che crea,
che chiama e che manda.
È una mano trafitta da un ferro che luccica ancora di gocce vermiglie.

Intermezzo

Fermata Valle Aurelia
Il mio primo traguardo è arrivato
e anch’io scendo dal treno.
Ritrovo la luce serale,

e salgo le scale – e son tante –
per l’altra fermata.
La nuova stazione è bella, su un ponte,
sembra sospesa :
qui è alto
e mi metto a osservare di sotto
i palazzi, le strade e la gente che corre.
E intanto… aspetto.
Attendo ciò che in linguaggio stradale
si dice in linguaggio divino :
la coincidenza.
Per me coincidenza
è scoprire un Cammino
che s’incrocia in un altro.
Vedere che tutto è pensato,
che sono voluto,
che sono cercato.
Che il dito sapiente di Dio
mi spinge a guardare dall’alto
al di là dell’esterno.
Per entrare nei cuori…

DODICESIMA STAZIONE

Gesù muore sulla Croce
Fermata Appiano
Il treno che prendo procede veloce
e neanche c’è il tempo di fermarsi a pensare.
Il tragitto è già quasi finito e ripenso alle tante persone incontrate
e a quelle che ora mi stanno qui intorno.
E penso a Cristo che muore per loro.
Sì, per questi viandanti comuni, per queste storie diverse,
per questi sguardi che a malapena conosco.
La croce ha segnato l’incrocio di strade tra l’uomo e il suo Dio.
La morte di Cristo è un’offerta totale.
Abbandono del Padre. Abbandono nel Padre.
La morte di Cristo è il totale incarnarsi nell’uomo.
È il totale distacco da Dio perché il cuore dell’uomo risalga più unito che mai al Cuore che tutti ci attira.
La sera di oggi è ricolma di tanto morire.
Pure il sole, ad un’ora precisa, inizia a celarsi. E a quest’ora è già morto.
Ho visto più volte la morte negli occhi.
Ho visto il peccato di tanti, il vuoto dei cuori, la perdita umana di un senso.
Gesù muore in croce per tutti.
Gesù muore in croce per tutti i morenti di oggi, nel corpo e nel cuore.
E a tutti dà luce e speranza, dà il sogno stupendo del Giorno finale,
che è senza tramonto.
Nel treno che corre ritrovo persone segnate da un vuoto mortale.
Ora il tragitto &egrav
e; all’aperto, rivedo il mio cielo,
risento i profumi dell’aria serale.
Ma intanto si senton dei tuoni
e sul treno battono gocce di una pioggia improvvisa.

TREDICESIMA STAZIONE

Gesù è deposto dalla Croce
Fermata Balduina
Mi piace viaggiare su questo vagone.
A differenza delle gallerie della metro qui sembra davvero una cosa diversa…
Il treno, che odora di nuovo, è addirittura a due piani e io sono al secondo.
Anche la gente, la maggior parte seduta, voglio ora pensarla serena.
C’è un telefonino che squilla
e un uomo che dice alla moglie che sta quasi rientrando,
mentre un ragazzo vicino sente musica in cuffia.
La pioggia, che batte di fuori, ora sembra più rara.
In questo strano preludio alla notte
penso al buio serale del venerdì di passione.
E allo sguardo di coloro che eran lì, sotto la croce,
atterriti dal grido del Signore.
Quale fu il dolore di quelli, della Madre, di Giovanni, delle donne ?
Chi prese quel corpo morto da porre per terra,
per poi trasportarlo al sepolcro ?
Al termine di questa giornata tanti sono i corpi e le anime
deposti sulla fredda terra.
I palazzi che sono di fuori nascondono vite e morti che non posso sapere.
Eppure, tra tanti a me sconosciuti, mi piace vedere Maria.
Madre di fiducia, Madre di fede robusta, Madre dolorosa e forte.
Lei prese Gesù tra le braccia, per presentarlo al mondo.
È Lei a dirci oggi che non c’è deposizione
che non aspetti una nuova esaltazione.
Guardandomi intorno vedo una mamma e un bambino.
È appoggiato alla donna e legge un fumetto appena comprato.
Il mondo lo chiama handicappato.
Lei lo bacia e lo chiama Giovanni.

QUATTORDICESIMA STAZIONE

Gesù è sepolto
Fermata Gemelli
Arrivato al Gemelli, il viaggio è quasi alla fine
ed io mi preparo per l’ultima tappa. La pioggia ormai
se n’è andata e vedo già meglio le luci ed i muri serali.
Per molti questa fermata vuol dire

andare a trovare ammalati, sperare momenti migliori.
Vuol dire andare a vedere un amico che in casa non ci aspetterà più.
Vuol dire scoprire la vita, la mia e di tutti,
nelle Mani di Qualcuno più grande di noi, avvolto in un forte mistero.
Fu un grande mistero il sepolcro riempito dal corpo di Cristo,
bendato e fasciato dal lino.
Com’è grande oggi il mistero di una cassa di legno
richiusa sul corpo di un uomo.
È un colpo nel cuore.
Sì, la pietra che chiuse la stanza fu un colpo a Giovanni.
A Nicodemo, a Giuseppe e alle donne.
Nel cuore della Madre fu un colpo diverso. Sapeva, L’avrebbe rivisto.
Il dolore dell’uomo è attraversato in pienezza dal dolore del Figlio di Dio.
Si è chiusa la porta un momento, si è entrati nel vuoto assoluto,
lo spazio tremendo della non esistenza. Ma è solo un momento.
L’amico l’amico vedrà, lo sposo la sposa, il figlio la madre.
Il treno corre troppo veloce e mi accorgo che il viaggio che sto ora compiendo è segno ed icona del dolce ritorno alla casa del Padre.
Scopro nei volti umani un’attesa segreta, a tratti segnata da drammi.
Non temo più il buio e, mentre la sera si riempie di stelle, intravedo la luce.
Di un Sole che sorge.

Epilogo

Fermata Monte Mario
Il mio piccolo viaggio è finito.
Esco di nuovo – nel punto più alto di Roma –
e intraprendo a piedi la strada di casa.
Sono ancora dieci i minuti da fare.
Mi sento allora di pregare per tutti i passeggeri incontrati,
centinaia di storie e di volti sconosciuti.
Vorrei a tutti dire una parola che giungesse nel fondo dei cuori.
E non trovo altro che pensare ad un altro cammino serale,
raccontato da Luca.
Vedo due uomini giunti a una locanda,
mentre il buio della domenica scende.
E la loro insistenza rivolta al terzo Viandante.
Resta con noi perché si fa sera
e il giorno già volge al declino
” (Lc 24,29)
Li vedo seduti alla mensa,
– non mangiavano forse da giorni -.
E Lui spezza il Pane.
Vorrei aprire anch’io gli occhi
a tutti i viandanti del mondo.
Vorrei dire : è risorto !
Egli è qui. È vivo. È presente.
È nostro Amico.
Resta con noi, Signore.

Resta con noi, Signore,
perché anche nel tunnel buio,
possiamo trovare la tua Luce

Qui l”originale
 

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