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“Noah”? Nessun problema

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padre Dwight Longenecker - Aleteia - pubblicato il 31/03/14
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Ogni ripetizione di una storia biblica è una nuova opportunità per vedere le stesse storie e le stesse verità da una nuova prospettiva
Il campione di incassi Noah è uscito questo fine settimana, e un articolo del Wall Street Journal riassume la reazione variegata al film che molti sperano sia lo high water mark di Hollywood.

Montano le controversie sul film. I fondamentalisti cristiani non apprezzano le libertà che i cineasti si sono presi nei confronti del testo sacro, mentre altri critici non amano il messaggio ambientalista moraleggiante del film.

La sceneggiatrice cattolica Barbara Nicolosi ha definito tutta la questione un “pasticcio imbarazzante”, ma Steven Greydanus, critico cinematografico per il National Catholic Register, ama il film. “Noah è un dono raro”, ha scritto Greydanus, “una miscela di spettacolo epico, dramma e rielaborazione creativa della Scrittura e di altri antichi scritti ebraici e rabbinici. È un film con molti aspetti a cui fare attenzione, molto a cui pensare e molto da provare; un film su cui dibattere, e con cui dibattere”.

I commenti di Greydanus rappresentano la recensione più profonda sul film che abbia visto. Greydanus è teologicamente informato ed è un acuto osservatore di film e dell’industria cinematografica. Il Wall Street Journal nota che un buon numero di film biblici sono in fase di pre-produzione, per cui sarà importante vedere se Noah affonderà o cavalcherà l’onda del successo di pubblico.

Non posso fare a meno di interrogarmi sull’improvviso interesse di Hollywood per le grandi saghe tratte dalla Bibbia. Sarà che almeno qualche membro intelligente e creativo della nostra comunità dei media sta finalmente capendo che la Bibbia contiene alcuni dei più alti drammi umani, dei temi più profondi e delle avventure più appassionanti che il mondo abbia mai conosciuto? Le storie della Bibbia non sono solo le storie alla base della nostra cultura occidentale, ma anche quelle che fondano la nostra condizione umana.

La religione è un grande romanzo, ovvero è una grande avventura, o ricerca. Dall’inizio con Noè, Abramo e gli altri patriarchi fino a Gesù stesso, agli apostoli e ai santi, l’umanità ha cercato significato, cercato realtà, e ha anelato a una dimora eterna. La religione è il mezzo attraverso il quale l’umanità parte per quella grande ricerca, o caccia al tesoro, di significato. È una ricerca che interpella e una montagna russa piena di rischi.

Purtroppo, troppo spesso abbiamo usato la religione per lo scopo esattamente opposto. L’abbiamo usata come un mezzo per riempirci le tasche, sostenere la nostra bigotteria, rafforzare le nostre difese e ritirarci in una zona comoda e confortevole. Da lì guardiamo con ignoranza e arroganza i nostri presunti nemici, biasimandoli per qualsiasi cosa sia andata male. In questo modo, usiamo la religione non come la mappa per il grande viaggio, ma come una coperta di sicurezza.

La religione dovrebbe lanciarci nella grande sfida di diventare pienamente vivi. Quando i cineasti, i romanzieri e gli artisti prendono le storie antiche e le rielaborano per cercare l’avventura che racchiudono, ci aiutano a sperimentare di nuovo quelle storie e ci ricordano che sono esempi che ciascuno di noi può prendere in considerazione mentre intraprendiamo le nostre personali lotte di fede.

Da ciò che ho letto finora, il Noah di Aronofsky fa proprio questo. Fin dall’inizio, prima gli ebrei e poi i cristiani hanno raccontato e ri-raccontato le grandi saghe delle Scritture. Nel Medioevo le rappresentazioni riproponevano quelle storie. Ai nostri giorni lo fanno le rappresentazioni e i romanzi. Hollywood stessa ha una notevole storia di riproposizione delle storie della Bibbia sul grande schermo.

Ogni volta che si racconta nuovamente una storia, è una nuova opportunità di vedere gli stessi racconti e le stesse verità da una prospettiva nuova. Anche le versioni farsesche, oltraggiose, poco accurate o irriverenti apportano qualcosa all’intero quadro. È come se le storie della Bibbia fossero così grandi da non essere giudicate dai film realizzati su di loro; sono i film, invece, ad essere giudicati dalle grandi storie. Un film sulle storie sacre dalle vedute ristrette, scadente o irriverente finisce solo per mostrare che i cineasti sono di vedute ristrette, scadenti e irriverenti.

Le grandi storie delle Scritture si elevano al di sopra di tutte le inesattezze e idiozie di Hollywood. Film come Noah, quindi, non possono arrecare un grande danno alla fede, e spesso possono fare molto bene.

L’ultimo libro di Padre Dwight Longenecker, The Romance of Religion, esplora il valore di storie, miti e leggende nella vita di fede. Per visitare il suo blog, dare un’occhiata alle sue opere e tenersi aggiornati sulle novità, dwightlongenecker.com.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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