Maria Chiara Giuli ci racconta lo spirito del concorso, una spinta alla formazione al lavoro, alla solidarietà e alla cultura dell’8 per milleVe ne abbiamo già parlato tempo fa su Aleteia. L’iniziativa ifeelCUD si rivolge a giovani disposti, sotto la guida del proprio parroco, a unirsi in squadra e a ideare un progetto di utilità sociale per la propria comunità parrocchiale, rappresentarlo in un video e concorrere alla vincita di un contributo economico per la sua realizzazione. L’ammontare della vincita del progetto più votato, poi, sarà stabilito in base al numero di CUD che questi ragazzi saranno stati in grado di raccogliere. L’iniziativa, in corso in queste settimane, è alla sua quarta edizione. Noi di Aleteia abbiamo sentito Maria Chiara Giuli, addetta alla promozione dei progetti sul territorio presso il Servizio per la Promozione del Sostegno Economico alla Chiesa Cattolica, organizzatore del concorso in collaborazione col Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile e i CAF ACLI.
Dottoressa Giuli, come nasce l’idea di ifeelCUD?
Giuli: Nasce quattro anni fa. L’obiettivo che ci ha mossi è stato quello di sensibilizzare alla firma dell’8 per mille i possessori del modello CUD, che sono esonerati dalla dichiarazione dei redditi, che non hanno altri redditi: quindi ci rivolgiamo in particolare ai pensionati e ai giovani al primo impiego. Queste categorie spesso ricevono il CUD, lo mettono nel cassetto, e non ci pensano più. Invece molti di loro non sanno che pur non facendo la dichiarazione dei redditi possono comunque partecipare alla scelta dell’8 per mille, è un loro diritto di cui loro spesso non sono a conoscenza. Al tempo stesso volevamo agevolare la conoscenza del mondo del lavoro tramite un’esperienza concreta di progettualità per i giovani; quindi abbiamo pensato a questa iniziativa affinché i giovani facessero un po’ da ponte nelle parrocchie tra gli anziani e i CAF. I giovani raccolgono i CUD dagli anziani, li portano ai CAF e vengono premiati con dei contributi, che però vengono dati per realizzare un progetto sociale nella propria parrocchia. Quindi tutto ritorna sempre al territorio. È come se una parte dell’8 per mille che tu contribuisci a raccogliere a livello nazionale tornasse alla tua parrocchia, ma vincolato alla realizzazione di un progetto con precise caratteristiche di utilità sociale. Ci sono dei criteri di valutazione attraverso i quali esaminiamo i progetti, e la giuria premia i progetti più meritevoli. Una volta scelti progetti vincenti si va a controllare quanti CUD sono stati raccolti dalla parrocchia che li ha presentati e in base al loro numero si definisce la quantità del contributo vinto.
Pensiamo che sia un’occasione interessante, soprattutto in tempi di crisi, che viene messa a disposizione delle parrocchie, perché da una parte favorisce specifiche finalità sociali che sono espresse nei progetti, dall’altra crea coinvolgimento tra i giovani, li mette in gioco. Le attività le fanno loro, perché gli è chiesto di fare un project plan dettagliato. Quindi è un’occasione per loro di mettesi alla prova per la prima volta, con qualcosa di concreto, che li avvicini al mondo del lavoro.
Quindi si stabilisce un’alleanza tra giovani e anziani, nell’ambito della parrocchia?
Giuli: Senz’altro. Nel concorso abbiamo posto questo vincolo: le squadre devono essere composte solo da giovani tra i 18 e i 35 anni. Spesso sono studenti, sono pochi i lavoratori al primo impiego: dunque, i ragazzi per trovare i CUD dovranno rivolgersi agli anziani. La struttura stessa del concorso avvicina i giovani agli anziani: i primi, con le loro capacità, la loro inventiva e la loro capacità si mettono in gioco nel presentare un progetto, ma allo stesso tempo aiutano gli anziani che magari, anche per difficoltà di tipo pratico, non consegnerebbero mai una scheda CUD al CAF. Tra l’altro adesso spesso il CUD non si riceve più a casa in formato cartaceo, e un pensionato deve andare dal consulente CAF, scaricarlo da internet, attivare procedure informatiche che spesso lo scoraggiano dal procedere. Se i giovani mettono a disposizione degli anziani il loro sapere tecnologico, questi offrono la loro scheda CUD. Tutto ovviamente nel massimo rispetto della privacy, perché ai ragazzi viene chiesto di fare una raccolta in busta chiusa. Ognuno mette in gioco quello che può offrire all’altro, in questo senso si crea un ponte tra le generazioni.
Sono arrivati molti video?
Giuli: Abbiamo ricevuto parecchi video nelle edizioni precedenti, alcuni molto simpatici. Nel nostro sito, sull’edizione di quest’anno, c’è un link che guida all’edizione del 2012. Tra questi c’è n’è uno molto simpatico nel quale i ragazzi si sono vestiti da lavoratori impiegati e simulando una riunione d’azienda hanno messo in scena la discussione del proprio progetto. È stato molto originale. Sicuramente c’è un interesse crescente per questa iniziativa. Molti ragazzi sono completamente a digiuno sulle tematiche del mondo del lavoro. Anche per questo sul sito c’è una breve guida alle tasse, con un linguaggio semplificato che aiuta molto. Ci arrivano spesso email con richieste di chiarimenti, ma devo dire che grandi difficoltà non le abbiamo mai registrate.
Quanto è diffusa la cultura dell’8 per mille tra i giovani?
Giuli: Guardi, questo è un progetto molto sostenuto al nostro interno. Sicuramente c’è uno sguardo particolare ai giovani che saranno poi la Chiesa di domani. Il lavoro del nostro ufficio è quello di praticare un’educazione costante, non solo verso i giovani, ma verso tutti, rispetto ad una collaborazione anche economica con la Chiesa che è di tutti. Noi siamo figli della Chiesa, tutti noi partecipiamo alla sua esistenza, donando il nostro tempo, ma anche le nostre risorse. L’8 per mille non toglie risorse a nessuno, ma è come un voto: esprimendo il proprio voto uno contribuisce a scegliere. In quest’ottica era un peccato che tante persone non “votassero”, perdessero quest’occasione di partecipare alla decisione collettiva della destinazione dell’8 per mille, che è un diritto di tutti. È una cultura che va sollecitata. Noi facciamo la nostra parte a livello di comunicazione nazionale anche con gli spot, ma non si può comunicare 12 mesi all’anno. Il nostro ufficio in particolare, con tante iniziative anche locali sul territorio, vuole proprio creare una cultura della corresponsabilità, della contribuzione all’andamento e alla vita della Chiesa da tanti punti di vista.