Il Signore non è un dittatore e i sacerdoti non sono gli esecutori dei suoi ordini“Con la 'verve' che gli è riconosciuta, il domenicano Timothy Radcliffe affronta temi di viva attualità, come il rapporto tra volontà di Dio e libertà dell’uomo, tra osservanza dei comandamenti e felicità, senza disdegnare incursioni sulla necessità di costruire pace e giustizia e sulla custodia del creato” (Settimana, 16 marzo).
Il domenicano inglese, dal 1992 al 2001 Maestro generale dell'Ordine dei Predicatori, ha tenuto una serie di conferenze in Irlanda di fronte a più di 4.000 persone. Nell'intervento intitolato “Thy will be done” (“Sia fatta la tua volontà”), ha analizzato il vero significato di questa affermazione.
“Il tema potrebbe dare l’impressione di un Dio autoritario che impone all’uomo la sua volontà, una sorta di dittatore che stabilisce regole e ci controlla”, ha spiegato. “I preti sarebbero gli esecutori dei suoi ordini, alla stregua di vigili urbani, costantemente di pattuglia, pronti a saltarci addosso al primo sgarro, soprattutto in caso di peccati di natura sessuale”.
Papa Francesco respinge però questa visione, ha ricordato il sacerdote: “se pensiamo a Dio come ad un poliziotto morale che impone regole, perdiamo il cuore del Vangelo, che è l’annuncio del suo amore incondizionato per noi. Se vediamo la volontà di Dio solo come un compiere ciò che ci viene ordinato, finiamo per comportarci alla stregua dei bambini che obbediscono perché temono la punizione, ma il papa vuole una Chiesa di cristiani adulti”.
“Qual è allora la volontà di Dio?”, ha chiesto Radcliffe. “Secondo Tommaso d’Aquino, volontà di Dio è innanzitutto raggiungere la felicità in lui. Dio ci vuole pienamente felici e liberi”. “Dio non dà tanta importanza ai comandamenti: la vera etica è imparare ad essere liberi, proprio come scrive san Paolo: 'Cristo ci ha liberati per la libertà!' (Gal 5,1)”.
L'obbedienza non è quindi un limite. Spesso, ha riconosciuto il domenicano, è vista “come il compiere ciò che viene ordinato, vuoi da Dio o dal papa o dalla Bibbia, anche se mi venisse ordinato di fare qualcosa di assurdo, come piantar cavoli a testa in giù”, “ma la parola deriva dal latino ob-audiens, ascoltare attentamente. Si ascolta attentamente Dio o la Chiesa e si cerca di comprendere cosa viene chiesto”. “Obbedire significa ascoltare Dio nel silenzio dei nostri cuori e meditare su quello che ci viene chiesto, ascoltare quanti hanno autorità nella Chiesa e pregare perché Dio ci mostri la via da seguire. Potremo anche commettere errori e fare cose sbagliate”, “fa parte della nostra crescita morale”. Nel mondo “disordinato” in cui viviamo, “è inevitabile che a volte si giunga a commettere uno sbaglio, ma è sempre meglio che essere paralizzati dalla paura di sbagliare”.
Alla volontà di Dio, ha sottolineato padre Radclife, si obbedisce anche “costruendo insieme l’unità e promuovendo la pace”, il che include “tutta la nostra azione per la giustizia e l’eliminazione della povertà” e il fatto di “imparare a guardare la gente e a vedere la loro bontà anche se nascosta”.
Allo stesso modo, fare la volontà di Dio è “rispettare il nostro posto nell’interrelazione sapiente di tutte le cose, custodire la straordinaria diversità delle creature, ognuna con il proprio ruolo”.
“Insegniamo quindi alle persone che obbedire alla volontà di Dio significa amare la natura con la sua meravigliosa diversità – ha concluso il domenicano –: consideriamoci umilmente a casa nella natura. Troppi bambini crescono nelle nostre città senza conoscerla…”