Dal Giappone a Catania, la professoressa buddista Wakako Saito, si racconta «nell’incontro con il cristianesimo ho capito di più chi sono»Aleteia ripropone l'intervista alla professoressa Wakako Saito pubblicata da La Sicilia il 21 marzo.
Saito, buddista di tradizione Shingon Mikkyo e docente di lingua e cultura italiana all’Università di Nagoya, mai avrebbe potuto immaginare che ciò che le era accaduto nel lontano 1987 l’avrebbe un giorno portata a Catania a raccontare la sua storia. Ad ascoltarla e interrogarla c’è un nutrito gruppo di studenti del liceo Spedalieri. Con loro la prof giapponese dialoga sulle questioni più importanti della vita, come il senso del dolore e della morte, la ricerca della felicità e l’apertura al Mistero.
Professoressa com’è nato questo forte legame d’amicizia con l’Italia?
Durante la Settimana italiana del centro internazionale del Comune di Nagoya dovevo organizzare una conferenza proprio sull’Italia e mi domandavo quale sarebbe stato l’elemento peculiare su cui incentrare la discussione. La cucina? Ma la cucina italiana è nota, la pizza, gli spaghetti li facciamo anche noi giapponesi anche se voi siete insuperabili. La moda forse? Ma neanche quella mi sembrava soddisfacente perché desideravo parlare di qualcosa che esprimesse la radice più profonda della cultura italiana. Ho pensato allora che questa fosse da ricercarsi nel cristianesimo, perché è proprio il cristianesimo che ha creato la cultura dell’Italia.
Una mia amica italiana allora mi ha suggerito di invitare un certo mons. Luigi Giussani, che insegnava all’Università Cattolica di Milano, a parlare del cristianesimo. Io l’ho invitato ma non consideravo certo che sarebbe venuto: troppo impegnato con i suoi giovani, troppo lontano il Giappone, pensavo… E invece ha accettato! Da quel giorno è nata una grande amicizia con i monaci buddisti del monte Koya ed in particolare con Shodo Habukawa il mio maestro.
Un’amicizia che l’ha condotta fin qui a Catania…
Sì, non avrei mai immaginato che un giorno sarei venuta dal Giappone in Sicilia, a Catania e avrei visto così tante cose belle e incontrato così tanti giovani. Non l’ho progettato, ma il Mistero, grazie al quale tutto accade nella mia vita, mi ha portato sino a qui.
Lei usa questa parola Mistero. Ma cos’è il Mistero per la tradizione buddista?
Nel Buddismo esistono tante divinità diverse tramite le quali possiamo incontrare il Mistero. Inoltre, secondo la nostra tradizione, la contemplazione della ricchezza e della bellezza della natura ci consente di abbracciare sempre più il Mistero.
Due questioni che spesso vengono avvertite in modo più evidente dai giovani riguardano il senso del dolore e la ricerca della felicità. Noi occidentali pensiamo che per il Buddismo la felicità implichi una fuga dalla realtà. È davvero così?
Nient’affatto! Il Buddismo non è una religione che contempla la fuga dalla realtà, noi buddisti accettiamo la vita con le sue difficoltà, le sue sofferenze e siamo anche noi alla ricerca della felicità come voi cristiani. I giapponesi per cultura ed educazione sono abituati a non manifestare esternamente i propri sentimenti, ma sono molto sensibili al dolore e alla morte. Quando c’è stato il grande terremoto del 2011 con quello tsunami terribile io mi trovavo in Italia ed ho pianto moltissimo al vedere quelle scene spaventose di morte e devastazione. I miei amici italiani mi hanno subito chiamato per confortarmi e mi hanno domandato cosa potevano fare per aiutarmi. Ricordo che abbiamo fatto un momento di preghiera in una scuola con i bambini, i quali hanno poi realizzato dei disegni da donare ai bimbi giapponesi, si è pregato per il Giappone nel duomo di Milano. Ma per noi buddisti oltre alla preghiera è importante l’azione: tornata in Giappone ho chiesto ai miei studenti la disponibilità ad organizzare opere caritative per sostenere le persone che avevano perso tutto. Questa è una cosa che ho imparato dal metodo cristiano!
Cosa la colpisce maggiormente della tradizione cristiana?
Approfondendo la vostra cultura mi sono accorta di quante affinità ci siano con la cultura e la tradizione giapponese: i monaci cristiani hanno creato la cultura italiana così come i monaci buddisti hanno creato la cultura giapponese. Il fondatore del Buddismo Shingon Mikkyo, quello più diffuso in Giappone, è stato il monaco Kobo Daishi vissuto tra l’VIII ed il IX secolo dopo Cristo, il quale si è stanziato sul monte Koya, una sorta di Terra Santa giapponese, ed ha fondato un’università per i più poveri. Gli anni trascorsi in Italia mi hanno fatto capire inoltre cos’è l’ecumenismo: non una tolleranza astratta secondo la quale, se ti vedo diverso da me, per venirti incontro devo modificare qualcosa di me così diventiamo amici. Assolutamente no! Per diventare amici con persone che sono diverse da me per lingua, tradizioni e religione, innanzitutto devo capire meglio chi sono io. Chi sono io come giapponese? Chi sono io come buddista? Ecco, ciascuno di noi deve scendere più nella profondità della sua esperienza personale e delle sue radici culturali e religiose. Venendo in Italia ho potuto vedere dovunque la bellezza del cristianesimo e questo mi ha aiutato moltissimo ad andare più in profondità nella mia esperienza buddista. Non a caso ai miei studenti di cultura italiana faccio leggere Dante Alighieri: lì si esprime tutta la bellezza del cristianesimo. Non dimenticatevi di questa bellezza, perché davanti alla bellezza siamo tutti uniti.