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La parità di genere può attendere

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 20/03/14
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Slitta al 2019 la presenza di pari candidati e candidate nelle liste per le elezioni politiche europee
L’intesa sulla parità di genere alle elezioni europee passa al Senato italiano, ma è rinviata alle prossime elezioni europee, cioè al 2019. Per adesso, dunque per le elezioni di maggio, c’è una norma transitoria che vale solo se si danno tre preferenze e prevede che la terza deve essere di sesso diverso dalle prime due, pena l’annullamento della seconda e della terza preferenza.

Il via libera è arrivato giovedì 20 marzo con 157 sì, 34 no e 23 astenuti, che secondo il regolamento del senato equivalgono a voti contrari. Il voto è frutto dell’intesa tra Pd, Forza italiane Nuovo Centro destra. Ha votato sì anche Scelta Civica, ma solo per “disciplina di maggioranza” e cioè per evitare che su un provvedimento così importante si snaturasse e cambiasse la natura della maggioranza che sostiene il governo di Matteo Renzi. A favore anche Gal e Lega Nord, mentre Sel non ha partecipato al voto e M5S ha espresso voto contrario ( Repubblica.it 20 marzo).

La norma dunque è frutto di un compromesso su un emendamento presentato dalla senatrice Pd Doris Lo Moro, relatrice del provvedimento. Prevede che nel 2019 i primi due candidati della lista devono essere di sesso diverso e che in ciascuna lista i candidati “non possono eccedere la metà”. In pratica ci deve alternanza. Per le elezioni di quest’anno si introduce una norma transitoria stabilendo che l’elettore può esprimere fino a tre preferenze, ma esse devono riguardare candidati di sesso diverso, altrimenti la seconda e la terza verranno annullati. Per il Pd, che ha parlato con Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, il risultato della mediazione è soddisfacente: “Avremmo voluto di più, ma consideriamo questo un trampolino per modificare l’Italicum sul punto della parità di genere”. Per Elena Fattori, senatrice del M5S il provvedimento è una “pura presa in giro delle donne, visto che entrerà in vigore solo nel 2019”: “Si tratta di una strumentalizzazione derivata dagli accordi sotto banco tra Renzi e Berlusconi per rifarsi il trucco prima delle Europee” (Ansa 20 marzo).

Più articolato, ma altrettanto severo il giudizio della senatrice di Scelta Civica Linda Lanzillotta, vice-presidente del Senato, nonostante il voto favorevole del partito fondato da Mario Monti: “Dopo una settimana di retorica sulla parità di genere è stato approvato il diktat di Pd e FI, che non hanno accettato di mettere il discussione gli accordi già fatti su chi dovrà essere eletto a maggio. Le donne avrebbero scombinato tutti i giochi. Si abbia però almeno il coraggio di dire la verità e non si contrabbandi questa per una vittoria delle donne che invece hanno dimostrato la loro subalternità alle logiche tutte maschili dei loro partiti” (Ansa 20 marzo).

Il voto a favore della Lega ha sorpreso molti, ma Massimo Bitonci, presidente dei senatori leghisti, ha spiegato che il sì della Lega al provvedimento è motivato dal fatto che quello per l’elezioni europee “è l’unico sistema che prevede le preferenze e quindi garantisce al cittadino di esprimersi in modo pienamente democratico”. E ciò al di là delle “politiche di genere” un tema che “non appassiona” la Lega (Ansa 20 marzo).
 

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