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I critici di papa Francesco? Vittime dello stesso gioco mediatico che biasimano

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Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 19/03/14
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Il giornalista Riccardo Cascioli contro Gnocchi e Palmaro per la scelta del bersaglio delle loro accuse, ma precisa: “Troppe interviste del papa generano confusione”Non c’è dubbio, il lavoro pubblicato da Guliano Ferrara, Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, Questo Papa piace troppo sta facendo parlare di sé. Anche quest’opera ormai gira vorticosamente in quella lavatrice mediatica con la quale papa Francesco – questa una delle principali accuse degli autori – avrebbe l’abitudine troppo mondana e poco sacrale di flirtare, assecondando un desiderio di protagonismo personale e smontando l’intoccabile sacralità dell’immagine papale così come si è costruita nei secoli. Una lavatrice questa dalla quale, diciamolo pure, assai difficilmente si esce senza macchia: e questo, paradossalmente ma anche ovviamente, sembra essere in qualche modo il destino degli autori, sicuramente di Gnocchi e Palmaro, che per le loro critiche al papa, che come già suggerito su queste pagine dal loro punto di vista corrisponde ad un “atto d’amore” verso la Chiesa Cattolica, sono stati rimossi dai loro incarichi di conduzione a Radio Maria. Di certo questo libro ci offre l’occasione per fermare gli orologi, per fare un “punto della situazione”, ad un anno dal suo inizio, su questo papato. Per questo, Aleteia si è rivolta a Riccardo Cascioli, direttore de La Nuova Bussola Quotidiana.

Cosa pensa dell’accusa a papa Francesco di un’eccessiva “connivenza” con il mondo dei mass media?

Cascioli: Io capisco che ci sia, anche giustamente, un po’ di fastidio per un certo modo di presentare il papa: una “papolatria” generalizzata, che dà risalto ad ogni aspetto banale. Ad esempio, abbiamo visto grandi titoli sul papa che va a trovare i malati, come se non fosse mai successo prima, quando sappiamo bene che non solo i papi, ma anche i vescovi hanno mostrato spesso questo tipo di attenzione. È vero che c’è, anche nei giornali cattolici, una piaggeria che è fastidiosa e fa male anche al papa. Il papa stesso, nell’intervista al Corriere della sera, ha detto che non vuole che sia trattato da star. Detto questo, però mi pare che Gnocchi e Palmaro siano vittime dello stesso gioco mediatico: se la prendono con il papa presentato dai media, e non per quello che lui dice e fa sul serio. Credo che l’esempio più clamoroso sia la loro critica durissima al viaggio di Assisi, che è un errore clamoroso se si pensa a ciò che è veramente avvenuto, e dimostra un pregiudizio forte nei riguardi di papa Francesco. In quell’occasione egli non ha affatto “ostentato” alcuna povertà: è stata una visita normalissima, con molti momenti toccanti, in cui anzi Bergoglio ha distrutto l’immagine “santino” che si vuol fare di San Francesco. Addirittura sui giornali si era scritto che il papa avrebbe fatto spogliare i cardinali, costringendoli ad un gesto simbolico: ad Assisi invece lui ha preso in giro tutti quei giornalisti, quando ha detto: “Spogliamoci tutti, ma del nostro peccato”. Questo gesto sottolinea la differenza tra il papa presentato dei media e il papa vero, che va lì e ti racconta veramente chi era san Francesco. Di tutto questo in Palmaro e Gnocchi non c’è traccia: parlano di lui come se avesse fatto tutto quello che La Repubblica aveva annunciato nei giorni precedenti. Sono vittime loro stessi di una visione del papa “ingabbiata” nei media.

Ma è vero che il suo essere troppo “persona” tra le persone annienta la sacralità del ruolo del papa?

Cascioli: Mi fa ridere questo modo di giudicare, sia da parte di chi lo acclama che di chi lo critica, le cose che fa Bergoglio come se fossero novità clamorose quando noi abbiamo avuto, non troppo tempo fa, un Giovanni Paolo II che ha già scardinato qualunque etichetta. Io ricordo benissimo i suoi inizi, quando faceva diventare matti tutti quanti, a cominciare dalla sicurezza. Giovanni Paolo II era un ciclone: fece costruire la piscina in Vaticano, andava a sciare, tutto quello che faceva oltrepassava ogni possibile fantasia. Venivamo allora da papi che raramente uscivano dal Vaticano: per questo la sua fu davvero una rivoluzione, altro che quella di papa Francesco. Ma quello che non si perdona a papa Francesco, e che non si perdonava a Wojtyla, è il fatto che sono esattamente come sono: Bergoglio era così da prete, da vescovo e lo è da papa. Lui è sé stesso: il dire che la borsa nera e la croce di ferro siano aspetti studiati a tavolino, offende l’intelligenza di chi lo dice. Certo, è diverso se pensiamo alla responsabilità di alcune persone che gli stanno intorno, che suggeriscono certe sottolineature – le scarpe vecchie, la croce di ferro – ai giornali e che per loro motivi vogliono esaltare questo papa cercando di creare una contrapposizione con chi l’ha preceduto.

È vero, come sostengono gli autori, che “il cuore” di Francesco ha creato una rottura con “la ragione” di Benedetto XVI?

Cascioli: La storia non avanza per rotture, ma si creano situazioni che sono l’esito di un cammino. Sicuramente papa Francesco è diverso da chi l’ha preceduto: su questo gioca il suo carattere personale e la sua cultura sudamericana. Quello che conta è il papato: al singolo papa si chiede di trasmettere la fede così come è stata tramandata dagli Apostoli, ovviamente sapendo che poi ci sono sottolineature e aggiustamenti, perché la Tradizione si affianca alla Scrittura. Su questo il Cristianesimo è diverso dall’Islam, dove tutto si è fermato alla seconda. E questo papa, sicuramente dimostra una sensibilità diversa da Benedetto XVI, come ad esempio della questione, anche molto equivocata dai giornali, dei principi non negoziabili. C’è un modo diverso di porsi. Ma pensare che questa sia una rottura col passato sembra solo un wishful thinking di qualcuno che vuole prendersi qualche rivincita. Voglio scendere nei dettagli: c’è un libro recente di Renzo Guccetti, I veleni della contraccezione, che fa un excursus sul pontificato di Paolo VI. È interessante notare qui un parallelo storico con papa Francesco: con Paolo VI subito dopo il Concilio si crearono aspettative sul fatto che sarebbero cambiate tante cose, anche in fatto di dottrina. Sappiamo che c’erano delle spinte da parte di chi voleva rivoluzionare tutto. Quando nel 1968 uscì l’Humane Vitae queste speranze crollarono, e Paolo VI fu massacrato dagli stessi che fino a quel momento lo avevano portato su un palmo di mano. Oggi, guarda caso, si sta ripetendo la stessa cosa, e l’obiettivo è il Sinodo sulla Famiglia. Alcuni cardinali tedeschi, non è un caso, parlano già di cancellare l’Humane Vitae: c’è chi sta cercando una rivincita su quell’enciclica. Si stanno creando grandi attese con l’obiettivo di cambiare la dottrina sulla famiglia, e si sta provando ad ingabbiare papa Francesco in questa logica di contrapposizione con chi l’ha preceduto.

E che pensa delle critiche alle prese di posizione del papa sulla dottrina?

Cascioli: Con Gnocchi e soprattutto con Palmaro, devo dire di essere d’accordo su tante cose, soprattutto sul livello di confusione totale che c’è nella Chiesa. Loro se la sono presa direttamente col papa, io credo che sbaglino obiettivo, perché sono nella Chiesa le forze che creano confusione, che hanno costituito una sorta di Chiesa parallela, protestante ma sotto l’insegna della Chiesa Cattolica. Basta vedere cosa sta succedendo in Germania, in Svizzera, in Austria, dove per decenni hanno costruito un Magistero parallelo e oggi pensano di poter portare il papa su queste posizioni.

Cosa pensa di chi, come Massimo Introvigne, sostiene che la posizione di Gnocchi e Palmaro sia “scismatica”?

Cascioli: Non è che qualsiasi cosa che un papa faccia vada seguita. Se il papa dice alcune cose, specie in un’intervista giornalistica, il suo modo di esprimersi può essere anche spiazzante, specie se parliamo alla lucidità e alla logica di chi l’ha preceduto. Ciò che dice un papa si può anche discutere, anche nelle modalità, ma non si può pensare, come fanno Palmaro e Gnocchi, che ci possa essere una tradizione della Chiesa che va difesa perché minacciata dal papa. Per il Catechismo è il papa il garante della Tradizione; la Tradizione non è semplicemente ciò che diventa di uso generale, è il papa che gli dà un valore per tutta la Chiesa, oggi e nei secoli. Creare questa sorta di antagonismo tra la Tradizione e quello che dice il papa è molto pericoloso, perché va contro lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica. In questo credo che il loro libro crei un ulteriore motivo di confusione, perché non si capisce più cosa è Magistero e cosa non lo sia. Magistero è l’Enciclica, non l’intervista a Scalfari ma neanche l’omelia a Santa Marta. In ogni caso, però, tutto quello che dice il papa va letto alla luce del Magistero: fa sempre fede quello che c’è nell’Enciclica, è quella che ti toglie i dubbi. Allo stesso tempo però bisogna riconoscere che hanno posto delle questioni che non si possono liquidare come fa Introvigne, ma che possono essere discusse.

Qual è, se c’è, il problema legato alla comunicazione?

Cascioli: Un problema c’è, ed è quello che l’Enciclica non la legge nessuno, mentre l’intervista a Scalfari e a De Bortoli, anzi, i titoli dell’intervista, li leggono in tantissimi. Allora, diventa importante che il papa e chi gli sta vicino tengano presente il problema della comunicazione. Tu puoi scrivere nell’Enciclica una cosa importante, ma poi su La Repubblica esce il titolo “Dio non è assoluto”, che contraddice quello che la Chiesa dice da duemila anni, e crolla tutto. Si pone un problema sul modo di comunicare: se io comunico molto attraverso interviste, poi aumenta il rischio di essere frainteso. Ma chi ha la pretesa di spiegare agli altri cosa il papa pensa, come fanno Gnocchi e Palmaro, deve guardare a tutto quello che dice e che fa, non può limitarsi a guardare una parte, solo per far polemica. Così non si coglie la verità.

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