Non possiamo dimenticare che il segno della croce prima dei pasti non indica solo un ringraziamento per i doni della tavoladi Maria Teresa Pontara Pederiva
Più di 4 italiani su 10 (per la precisione il 42%) lo scorso anno hanno mangiato il pane avanzato dal giorno prima: l’ha rilevato un’analisi presentata al Forum internazionale dell’Agricoltura e l’alimentazione, "Il pane quotidiano al tempo delle rinunce". Meglio non improvvisarsi interpreti di dati (c’è chi, qualificato, lo fa di mestiere), ma qualche interrogativo me lo sono posto. Sui numeri non si gioca: significa che 6 italiani su 10 (o se vogliamo il 58%) non l’ha mangiato. Difficile pensare che sia stato dato ad altri (lascio comunque il dubbio), con maggior probabilità è stato gettato. Il pane? Facile, come in altri casi, che di fronte ai dati non si trovi nessuno che confermi il risultato, eppure gli statistici fan bene il loro lavoro e ci forniscono purtroppo altre pezze d’appoggio.
Lo scorso anno in Italia abbiamo letteralmente buttato nella spazzatura – consola poco se almeno nei bidoni dell’organico che diventerà compost … – 76 kg di prodotti alimentari per abitante. E qui non si tratta di bucce di patate o piccioli di mele, parliamo di "alimenti".
Che la Coldiretti, tentando una lettura dei dati, ci dica che la crisi sta riducendo il fenomeno e che si allentino gli sprechi, per me conta poco: dovrebbe essere ben altro a indurre un taglio alla radice. Il problema resta e in Italia – a stragrande maggioranza cattolica – è grande come un grattacielo. Ma come possono dormire sonni tranquilli quanti si permettono di buttare via il cibo?
Banco e Aiuto Alimentare, Caritas, Croce Rossa, diverse onlus di solidarietà ci indicano in aumento le persone, intere famiglie, che anche da noi faticano a tirare avanti. Esistono genitori che a cena non sanno cosa mettere in tavola per i loro figli, confidando nelle calorie ingerite a pranzo nelle mense scolastiche (ma che non sono pensate sufficienti per l’intera giornata …). Il cibo scarseggia anche qui e sono parecchi i Comuni che hanno attivato iniziative nei confronti di supermercati per eliminare sprechi e garantire un piatto a chi ne ha bisogno.
E sappiamo tutti che nel resto del mondo la situazione è ben peggiore. Se risalendo la Penisola il prezzo del pane più che raddoppia – da poco più di 2 euro a Palermo, Bari e Napoli agli oltre 4 euro di Venezia (qui lo trovo anche a 5 ..), nei Paesi impoveriti risulta spesso irraggiungibile ottenere un cereale per alimentazione, dal momento che intere coltivazioni finiranno mangime per le mandrie (che poi forniranno la carne a noi).
Non possiamo dimenticare come quel segno della croce prima dei pasti (a meno che non abbia perso il suo significato e sia diventato routine …) non indichi solo un ringraziamento per i doni della tavola, ma rappresenti un impegno ad adoperarsi perché il cibo non manchi a nessuno.
E tantomeno può essere routine (papa Francesco mette in guardia dalla recita "a pappagallo") quell’espressione del Padre Nostro "dacci oggi il nostro pane quotidiano". Dio non è certo un fornaio che ci rifornisce a domicilio (magari la manna dal cielo): lui ci ha fatto dono del creato e delle mani per coltivare il grano e preparare il pane. Ci ha resi partecipi della sua creazione, che significa anche prendersi cura di quanti il pane non ce l’hanno.
E ancora: "dacci quel che serve oggi, niente di più". In altre parole ciò che basta per sostentarsi, non per fare indigestione (lasciando altri a stomaco vuoto o comunque affamati), né per gettarlo via solo perché "di ieri". Ma soprattutto perché se ne avessimo in abbondanza, finiremmo per dimenticarci di Lui e avremmo già scelto l’avere, invece dell’essere. E hai voglia a far passare il cammello dalla cruna di un ago! I beni non si accumulano oltre il necessario per vivere. Lo diceva già Ambrogio di Milano: "Gli abiti nell’armadio sono dei poveri …".
Un bellissimo libro del priore di Bose parte dal proverbio "Il pane di ieri è buono anche domani" per raccontare, con l’aiuto di storie del passato, una realtà fatta di valori autentici che indicano un cammino anche oggi. Perché il pane "frutto della terra e del lavoro dell’uomo", rappresenta davvero il necessario per vivere, così come il vino il gusto della vita.
Ma il pane è simbolo per eccellenza della con-divisione. Quel segno di croce o quell’espressione del Padre Nostro ci inducono a non ignorare l’iniqua spartizione dei beni della terra, a non farci compartecipi dell’ingiustizia che ha spaccato il mondo a metà. Un segno e una preghiera per aprire gli occhi e scoprire il mistero dei poveri: non possiamo metterci a tavola se tutti non vi han preso posto, se non eliminiamo dal nostro vocabolario la parola "spreco". Non è questione di galateo, è solo carità. Che non è elemosina. Ancora Ambrogio: "Non ritenerti un eroe se dai ciò che non ti serve …". "Il regno di Dio e la sua giustizia …": questo deve guidarci nel nostro agire quotidiano. Che il pane di ieri diventi canederli, polpette o una milanese, poco importa, ma che non venga più gettato via.
Come potremmo dirlo (giustificarlo) ai nostri figli? Che diciamo di essere cristiani e poi non ci sentiamo un a sola famiglia umana? "Per fare in modo che a nessuno manchi il pane, l’acqua, il vestito, la casa, il lavoro, la salute, bisogna che tutti ci riconosciamo figli del Padre che è nei cieli e quindi fratelli tra di noi, e ci comportiamo di conseguenza", ci ha esortato papa Francesco all’Angelus di domenica 2 marzo.
"La salvezza, il Signore la dà dentro un popolo, nell’appartenenza a un popolo", altrimenti anche il nostro digiuno di Quaresima diventa "ipocrita" ha rimarcato al Mercoledì delle Ceneri stigmatizzando quanti han trasformato la religione in un’etica.
Vale la pena ricordarselo. E non solo da qui a Pasqua.