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Più soldi in busta paga con il taglio dell’Irpef

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 10/03/14
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L’iniziativa annunciata dal premier Renzi a favore delle famiglie non trova tutti d’accordo

Subito più soldi in busta paga per aiutare le famiglie: è quanto ha annunciato il presidente del Consiglio Matteo Renzi che in occasione del consiglio dei ministri di mercoledì prossimo promette un taglio dell’Irpef di 10 miliardi di euro con l’obiettivo ulteriore di ridare fiato all’economia generale. "Oggi – ha affermato Renzi – la priorità è garantire la competitività del sistema paese e dire alle famiglie che guadagnano poco: se riesco a darti qualche decina di euro in più al mese quei soldi lì non finiscono nel risparmio, quei cento euro vengono rimessi in circuito". I cento euro previsti dal premier – e destinati a coloro che hanno buste paghe di 1500 euro netti al mese, 25 mila lordi all’anno – vengono fuori dalla somma di 80 euro derivanti dal taglio dell’imposta sulle persone fisiche più l’aumento di 15 euro già riconosciuto dal precedente governo Letta. Un segnale forte e concreto per le famiglie, secondo Renzi, una "elemosina" secondo Gigi De Palo, consigliere comunale di Roma e già assessore alla Famiglia, all’Educazione e ai Giovani nell’amministrazione Alemanno.

 

Dai suoi tweet e dai commenti su Facebook sembra evidente che lei non è d’accordo con la manovra di Renzi…

 

De Palo: Non per partito preso: io sono stato favorevole al cambio di guardia avvenuto con Matteo Renzi perchè condivido la sua ambizione di rinnovare le cose. Però in questo provvedimento c’è un errore di fondo. Il nostro è un Paese a crescita zero, muoiono più persone di quante ne nascano, e questa è una realtà con la quale chiunque, di destra o di sinistra, giovane o rottamato, deve fare i conti. La crisi demografica è il campanello d’allarme più grave della crisi economica perchè i giovani non possono permettersi di creare una famiglia. Il Forum delle famiglie ha calcolato che un bambino "costa" circa 9 mila euro all’anno; ne deriva che non possono essere 90 o 100 euro al mese a cambiare la situazione. Occorre quindi investire sulla famiglia con politiche di più ampio respiro costruendo una fiscalità giusta che oggi invece è assolutamente ingiusta. Mettere 100 euro in più in busta paga non è una svolta, non è la novità che ci aspettavamo: è una elemosina e se qualcuno dice "a me sta bene, intanto prendo questi" è perchè non ha più fiducia nel futuro.

 

La sua proposta è, invece, il riconoscimento del Fattore famiglia ai fini della fiscalità: giusto?

 

De Palo: Non solo mia, è la proposta del Forum delle famiglie che riunisce 55 delle più importanti realtà italiane dell’associazionismo. Il fattore familiare ha l’obiettivo di valorizzare il contributo che le famiglie danno in termini di educazione dei figli o di assistenza ai disabili e agli anziani e che si traduce in risparmi per lo Stato. Oggi esistono gli indici Isee che sono però profondamente ingiusti, tanto che se una persona vale 1, il coniuge viene calcolato 0,70 mentre dal terzo figlio in poi si calcola lo 0,35. Basti pensare che io sono sposato e ho quattro figli e in base al calcolo delle convenienze fiscali mi converrebbe separarmi… Quando ero assessore al Comune di Roma eravamo riusciti, come si fa anche a Parma, a non "diminuire" il valore dei figli successivi al secondo riconoscendogli un indice di calcolo dello 0,70-0,80. Investire su un fisco serio per famiglie e imprese non è una priorità per il nostro Paese? Calibrando il fisco in maniera più equa le famiglie avranno anche più soldi da spendere e così si potrà uscire davvero dalla crisi. Ma bisogna andare al di là di visioni di corto respiro mentre invece di solito si procede, come dico io, " a colpi di asilo nido" come se fosse l’unico strumento per uscire dall’empasse.



 

 

Nella sua esperienza di assessore di una città metropolitana complessa come Roma, quale esigenza ha registrato come prioritaria da parte delle famiglie?

 

De Palo: Le famiglie vorrebbero essere libere di scegliere. Torniamo all’esempio degli asili nido. Oggi un bambino all’asilo nido costa al Comune di Roma capitale circa 1300 euro al mese, 468 milioni di euro all’anno tra asili nido e scuole dell’infanzia. A fronte di questa spesa rilevante di norma si hanno genitori arrabbiati perchè è difficile entrare nelle liste per l’assegnazione dei posti, educatrici arrabbiate perchè non sono in grado di dare il servizio che vorrebbero, cittadini arrabbiati perchè pagano le tasse e ricevono servizi insufficienti. Spesso i genitori ci hanno detto: "se il servizio costa 1300 euro al Comune, datene a noi la metà, date a noi 700 euro con un voucher e noi scegliamo come assicurare la funzione del nido: potremmo decidere di pagare noi stessi un asilo nido, potremmo optare che uno di noi due genitori resti a casa o tutti e due ci si organizzi con l’azienda in cui lavoriamo in modo da gestire i permessi, potremmo prendere una baby sitter o anche chiedere l’aiuto dei nonni e riservare il sostegno economico ad altre necessità dei figli. Le famiglie non vengono coinvolte nei processi decisionali che impostano le politiche anche a livello locale – il cui raggio d’azione è comunque meno ampio di quelle di livello nazionale – mentre invece vorrebbero avere a disposizione più soldi da spendere invece di servizi spesso scadenti di cui non si percepisce il beneficio. Anche questa è una realtà che va cambiata.

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