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Marx sta ispirando il Papa? Neoliberisti contro Francesco (1)

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Aleteia - pubblicato il 10/03/14
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La Evangelii Gaudium infastidisce chi afferma che il sistema capitalistico è il migliore possibiledi Marcelo López Cambronero

La comparsa dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium il 24 novembre 2013 ha sollevato un polverone nei settori neoliberali, non solo al di fuori della Chiesa, ma anche al suo interno. Il motivo è la critica che papa Francesco fa al sistema economico capitalistico e ai suoi effetti sulla vita sociale, anche al di là dell’aspetto economico.

In via di principio, le parole di Francesco non avevano motivo di essere sorprendenti: le critiche al capitalismo sono state una costante nei documenti del Magistero degli ultimi decenni, anche se alcuni si sono impegnati a dimenticarle e perfino a insistere, come Michael Novak, sul fatto che i papi sostenevano l’economia liberale che si stava imponendo nel mondo. Novak e i suoi seguaci hanno svolto per anni una grande campagna negli Stati Uniti e nei Paesi liberati dal giogo sovietico per mostrare, ad esempio, un Giovanni Paolo II sostenitore del modello capitalistico-liberale.

La cosa certa è che questo atteggiamento, calato profondamente dentro alcuni gruppi conservatori della Chiesa, non può essere sostenuto se ci soffermiamo a leggere i criteri proposti dai vari papi, soprattutto a partire dalla Rerum Novarum di Leone XIII, promulgata nel 1891 e che ha dato inizio alla Dottrina Sociale della Chiesa. Giovanni XXIII, Paolo VI o Giovanni Paolo II non si sono allontanati da questa linea, piuttosto l’hanno approfondita con le loro dichiarazioni ed encicliche, tra le quali spiccano la Laborem exercens e la Sollicitudo rei socialis o la Centesimus Annus, tutte di papa Wojtyła, che all’epoca è stato accusato, come oggi alcuni accusano Francesco, di essere legato al comunismo e al pensiero di Marx.

Forse le voci discordanti che ora appaiono sono dovute al fatto che l’esortazione va al di là dei documenti precedenti, perché non critica gli “eccessi” del capitalismo, ma il sistema stesso. È una novità che non dobbiamo lasciarci sfuggire. I neoliberali possono accettare che il modello economico che difendono non sia perfetto, e anche che sia migliorabile in molti aspetti, ma devono sempre dire che è il più perfetto che sia esistito finora o che è in un processo continuo di miglioramento. Per difendersi, è certo che non sono capaci né di dimostrare il valore in sé di questo modello né di contrapporlo al comunismo, contrapposizione che utilizzano come un mantra che ha ormai smesso di avere effetto su molti lettori. Ad ogni modo, le riflessioni di Francesco sembrano puntare alle basi stesse del pensiero economico liberale, il che fa vacillare tutti gli sforzi passati per promuovere la falsa immagine di alcuni papi pro-capitalisti.

Il risultato è che in vari Paesi, anche se con maggiore entusiasmo negli Stati Uniti, si sono levate voci straordinariamente critiche nei confronti delle posizioni espresse dal pontefice. Una delle più conosciute per le sue ripercussioni mediatiche è stata quella del conduttore Rush Limbaugh, che in un editoriale radiofonico successivo alla pubblicazione dell’esortazione ha commentato la propria sorpresa per “quanto si sbagli papa Francesco”, affermando anche che le sue opinioni in materia economica sono “vergognose ed errate in modo sconcertante” e arrivando a suggerire che parole del genere non possono essere state scritte da un pontefice della Chiesa cattolica.

A questa opinione si sono uniti presto alcuni leader del Tea Party, come Jonathon Moseley (“Cristo sta piangendo in cielo per le parole del papa”), il senatore per il Texas Ted Cruz (“È chiaro che non capisce il vero significato del cristianesimo”), la congressista per il Minnesota Michele Bachmann (“Questo papa sembra un comunista che odia l’America e non comprende la Bibbia”), lo
showman radiofonico Alex Jones (“Qualcuno ha impiantato un microchip nel cervello del papa e ha il completo controllo su ciò che dice o che fa”) o la governatrice dell’Alaska Sarah Palin (“Papa Francesco potrebbe venire in Alaska e vedere cos’è davvero il cristianesimo, perché mi sembra che sia una sorta di socialista progressista che odia la libertà”). Anche il famoso commentatore della rivista Forbes Harry Binswanger ha pubblicato un articolo sferzante intitolato “Le dieci ragioni principali per le quali Limbaugh ha ragione: i collaboratori del papa sono marxisti”.

Non dobbiamo credere che queste reazioni virulente siano prerogativa esclusiva del Tea Party. La Fondazione Heritage ha annunciato che invierà uno studio sulla libertà economica nel mondo al Vaticano “perché il papa ripensi alle sue posizioni sull’economia”. Samuel Gregg, ricercatore dell’Istituto Acton per lo Studio della Religione e della Libertà, ha messo in dubbio che le affermazioni del papa si basino su una conoscenza reale dei fatti. Greg Mankiw, docente di Scienze Economiche presso l’Università di Harvard, crede che il papa si riferisca a certe posizioni teoriche del capitalismo con termini peggiorativi che non favoriscono “un dibattito aperto di prospettive di pensiero opposte”. Tyler Castle, dell’American Enterprise Institute, osserva che un papa proveniente dall’Argentina non può avere una conoscenza sufficiente del capitalismo, il che lo porta a emettere giudizi errati sull’economia. Il noto teologo Michael Novak, già citato, ha sostenuto questo stessa linea interpretativa sottolineando anche che non è un fenomeno nuovo nel papato, visto che nemmeno Giovanni Paolo II comprendeva il capitalismo nei suoi primi anni perché proveniva dalla Polonia, un Paese all’epoca nell’orbita sovietica. Nemmeno in Spagna sono mancate le voci critiche: Libertad Digital ha pubblicato un esteso commento sull’esortazione in cui non ha mancato di sottolineare come i giudizi sull’economia del sommo pontefice siano errati, citando esempi che secondo i redattori del testo contraddicevano il pensiero espresso da Francesco.

Perché il nostro papa ha risvegliato una reazione simile da parte di persone che, anche se non tutte si considerano cattoliche, in generale affermano di essere religiose e più concretamente cristiane? L’esortazione contiene errori di questo calibro?

Uno dei temi più controversi, forse quello che ha suscitato le ire dei neoconservatori, è la descrizione che fa Francesco della teoria del “trickle-down” o, come possiamo leggere nell’esortazione, della “ricaduta favorevole”, che appare al paragrafo 54. Questa tesi è diventata una delle posizioni centrali del capitalismo contemporaneo, specialmente in un mondo globalizzato e dominato dai flussi finanziari. In base a quest’ottica, l’accumulazione di denaro da parte di una classe abbiente non è un ostacolo al miglioramento del benessere comune, al contrario, è il vero motore dello sviluppo dei Paesi capitalisti nell’epoca attuale. La questione è che si suppone che l’accumulo di capitali nelle mani di pochi individui avrà ripercussioni sul resto della popolazione per le attività di investimento e donazione che partiranno da questi pochi beneficiati. In questo modo si esortano i Governi a introdurre ribassi fiscali per le classi abbienti per promuovere l’“eccesso” di capitale, confidando nel fatto che finisca per riversarsi sul resto delle fasce sociali. Così saranno alcuni soggetti individuali anziché il pesante apparato statale a stimolare l’economia.

Ciò che Francesco afferma nella sua esortazione è che una teoria di questo tipo “non è mai stata confermata dai fatti” ed esprime “una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei
meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante”. Dopo aver ricevuto un diluvio di critiche come quelle che ho indicato in precedenza, il papa ha concesso un’intervista ad Andrea Tornielli per
La Stampa, ma lungi dal correggere o dallo sfumare le sue parole, le ha approfondite indicando che per le teorie della “ricaduta favorevole” “ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. C’era la promessa che quando il bicchiere fosse stato pieno, sarebbe trasbordato e i poveri ne avrebbero beneficiato. Accade invece che quando è colmo, il bicchiere magicamente s’ingrandisce, e così non esce mai niente per i poveri”.

La lettura dei vari paragrafi dell’esortazione in cui il papa affronta la questione sociale ci permettono di comprendere che la sua critica non è rivolta esclusivamente contro una teoria come quella della “ricaduta favorevole”, che in quanto tale può essere più o meno giusta, ma contro le basi stesse del pensiero capitalista. In concreto, i postulati contro i quali il papa si pronuncia in varie occasioni sono più di fondo e interessano maggiormente il capitalismo e, in generale, la cultura contemporanea nella misura in cui in molti ambiti – e in qualche modo in tutti – è liberale. Si tratta della critica alla considerazione per cui l’economia è una scienza autonoma e al presupposto per cui tutti gli agenti “razionali” agiscono per interesse – il che comporta anche, grazie a una “mano invisibile”, la crescita economica: sia egoista per favore, aiuta il bene comune. Ma di questo parleremo un’altra volta.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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