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Combattere il neopaganesimo

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Jeremy Dela Cruz - Aleteia - pubblicato il 06/03/14
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In un intervento recente, l’arcivescovo Salvatore Fisichella, ha parlato della guarigione della nostra culturaIn un sala conferenze gremita dello Hesburgh Center for International Studies presso l'Università di Notre Dame (Stati Uniti), l'arcivescovo Salvatore Fisichella ha espresso il suo pensiero sul ruolo della Chiesa nella società contemporanea. Il ritmo caloroso del suo accento italiano ha reso il suo discorso quasi musicale, affascinando gli studenti e il personale della Notre Dame con ogni esitazione sulle stranezze fonetiche della lingua inglese.

Come presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Fisichella è prudente nel preoccuparsi del linguaggio, sostenendo che la Chiesa deve affrontare le sfide del “neopaganesimo” – un umanesimo che minaccia di corrompere il significato tradizionale di concetti come l'uguaglianza e la libertà. Il suo discorso sul rapporto tra cattolicesimo e cultura è stato promosso dal Nanovic Institute for European Studies come parte della sua serie di conferenze Terrence R. Keeley Vatican Lectures, e arriva sulla scia di un incontro recente tra papa Francesco e una delegazione della Notre Dame. Il papa ha ricordato ai rappresentanti dell'università che “è essenziale una coraggiosa testimonianza delle università cattoliche nei confronti dell’insegnamento morale della Chiesa e della difesa della libertà di sostenere tali insegnamenti”.

Per monsignor Fisichella, l'imposizione del primato dell'individuo sulla società, la perdita di credibilità istituzionale e la perdita progressiva del senso religioso sono problemi che non dovrebbero essere considerati “una preoccupazione di second'ordine” per la Chiesa. A suo avviso, i cristiani sono chiamati a dare una testimonianza positiva della fede per difendere la fattibilità della società occidentale e trasformare le persone che incontrano con la Parola di Dio. “Il nostro compito principale è portare il Vangelo a tutti”.

Paragonando il secolarismo dell'era attuale alla persecuzione dei cristiani al tempo dei romani, monsignor Fisichella ha ricordato a quanti lo ascoltavano che non si deve mai scendere a compromessi con il relativismo etico e la concezione utilitaristica della persona che cerca di separare la fede dalla scena pubblica. Una separazione del genere è simile a un tipo di “schizofrenia” sociale e a una “mutazione di paradigma del pensiero”. L'arcivescovo attribuisce lo sviluppo e il pensiero storico del mondo occidentale al fatto di essere radicato nel cristianesimo, “un patrimonio vivente di cultura e di valori”. Senza la Chiesa ci sarà una società diversa, ma “una civiltà simile nascerebbe cieca e mutilata”. Per questo, ha suggerito che l'emergere di nuove leggi basate sulla ridefinizione di alcuni concetti porterà a una nuova cultura destinata alla povertà, al limite e a una debole solidarietà sociale.

Richiamando il messaggio del Santo Padre ai membri della Notre Dame, monsignor Fisichella ha identificato il ruolo fondamentale dell'istruzione superiore cattolica nella formazione di persone disposte a discernere l'obiettivo della propria vita e nella difesa contro la prevalente cultura dell'indifferenza sociale. “Un'università prima di tutto ha la responsabilità di testimoniare ciò in cui crede”.

Nel suo intervento, Fisichella ha poi sottolineato l'opzione preferenziale per i poveri e la protezione dei concepiti, contrastando l'assenza del valore oggettivo della dignità umana e del rispetto reciproco nel neopaganesimo, che vede la tolleranza “come una via a senso unico”.

“La sfida che ci attende”, ha concluso, “è un autentico progetto per una cultura della vita”.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]
 

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