Come far riscoprire a un giovane preghiera, digiuno e gesti di carità nel cammino verso la Pasqua?di Marco Pappalardo
Dopo un anno è ritornato il tempo della Quaresima e io mi sento in dovere di farvi delle esortazioni. Anche voi infatti siete debitori verso Dio di azioni adeguate al tempo che state vivendo, azioni che possano giovare a voi, non a Dio. Il cristiano anche negli altri tempi dell’anno deve essere fervoroso nelle preghiere, nei digiuni e nelle elemosine. Tuttavia questo tempo solenne deve stimolare anche coloro che negli altri giorni sono pigri in queste cose. Ma anche quelli che negli altri giorni sono solleciti nel fare queste opere buone, ora le debbono compiere con più fervore. La vita che trascorriamo in questo mondo è il tempo della nostra umiltà ed è simboleggiata da questi giorni nei quali il Cristo Signore, il quale ha sofferto morendo per noi una volta per sempre, sembra che ritorni ogni anno a soffrire. Infatti ciò che è stato fatto una sola volta per sempre, perché la nostra vita si rinnovasse, lo si celebra tutti gli anni per richiamarlo alla memoria.
Così Sant’Agostino in un suo sermone esortava i fedeli del suo tempo (e noi lettori di oggi con loro) a puntare sulla Quaresima con determinazione e fiducia, con speranza e umiltà. Come proporlo anche a un giovane di oggi? Non si tratta di un discorso un po’ antico? Certamente no. A condizione però di ripartire sul serio dall’invito di questo mercoledì delle Ceneri: convertiti e credi al Vangelo!
È tempo di Quaresima ed è tempo di prepararsi all’evento centrale del cristianesimo, la Pasqua! Prepararsi sì, come quando si fa per la festa dei diciott’anni o per il primo appuntamento. E cioè tirando fuori passione e dedizione, cura e desiderio, anche nel rapporto con Dio: una bella occasione fatta di quaranta giorni intensi puntando sulla preghiera, sul digiuno e sulle opere buone.
Difficile? Certo richiede impegno, ma perché non tornare a presentarlo come un tempo "felice"? Si tratta di accogliere questo tempo liturgico come un dono, di sceglierlo come impegno personale o comunitario, di mettersi in gioco. Solo sperimentandolo si potrà dire se la nostra Pasqua sarà di Resurrezione, e ai giovani la voglia di provare non manca di certo. Questo tempo possiamo vederlo allora come una specie di palestra dell’anima (ma anche del corpo) per esercitarsi verso un’esperienza di vita sempre più aderente al Vangelo e quindi autentica, piena, bella.
Da dove partire, allora? Quali attrezzi usare? Il programma è tracciato e le letture della Domenica sicuramente sono il punto di partenza. Innanzi tutto la preghiera. «Ma io già prego, che devo fare di più?». Beh, anche il "giovane ricco" del Vangelo aveva la risposta pronta, ma non il coraggio di lasciare tutto. Forse alla preghiera usuale si può aggiungere qualcosa, magari dandosi un ritmo più costante, dedicando più tempo. Qualcuno potrebbe scegliere di partecipare ogni giorno alla Messa, un altro di essere costante nella preghiera delle Lodi e dei Vespri, altri potrebbero "puntare" sul Rosario, altri ancora su una preghiera a partire dalla lettura del Vangelo, dei Padri della Chiesa, delle vite dei Santi, degli scritti dei Pontefici.
Quando invece si parla di digiuno o di astinenza si rischia di cadere nel vuoto e poco fruttuoso devozionismo che riduce tutto al non mangiare carne il venerdì e al digiuno del mercoledì delle Ceneri e del Venerdì Santo. Non che non debba essere rispettato o tenuto in considerazione; ma si tratta di farlo con intelligenza e cuore libero. Altrimenti il rischio è farlo diventare un cappio che nulla ha a che fare con la Quaresima, che ci vuole disponibili e liberi. Che senso avrebbe digiunare nei giorni stabiliti e mangiare l’inverosimile il giorno prima o dopo? E per chi non mangia carne quasi mai per gusto, che sacrificio sarebbe non farlo il venerdì? E se anche fosse un sacrificio e in compenso mangiasse il miglior e più costoso pesce del mercato? Il digiuno o l’astinenza dovrebbero partire dalla riflessione sulla Parola di Dio e dal cuore, puntando verso qualcosa che davvero ci rende schiavi. Pensiamo a quale digiuno significativo potrebbe essere limitare l’uso del cellulare, della sigaretta, dell’alcool, delle "parolacce", del computer, dell’i-pod, della play station, della televisione… E tutto ciò non per se stessi, ma offrendo a Dio ogni cosa.
Infine il programma relativo ai gesti di carità, all’amore fraterno. Anche qui si potrebbe mettere a posto la coscienza, apparentemente, con qualche offerta economica per le missioni, una monetina in più data al semaforo, un po’ di commozione davanti a terribili scene viste alla televisione. Si può partire da qui, certo, ma la meta è il coinvolgimento totale e il tempo che si spende per amore. Dare soldi è fin troppo facile, soprattutto il superfluo; mettere in gioco se stessi per la solidarietà, togliendo del tempo ad altro, questo sì che è il banco di prova. Certo non tutti possono dedicare giornate intere al volontariato o partire per la missione, ma tutti abbiamo accanto almeno una persona che può aver necessità di cure, di attenzioni, di un sorriso costante, di una parola buona. La carità comincia a casa nostra, sul pianerottolo, per strada, a scuola, all’università, al lavoro, con gli amici.