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L’Ucraina chiama l’Europa

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 25/02/14
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Sua Beatitudine Svjatoslav Shevchuk: “non lasciateci soli e non difendetevi dai nostri giovani”

Un appello all'Europa perchè favorisca l'integrazione dell'Ucraina mettendo da parte una certa "tiepidezza" dimostrata nei giorni drammatici dello scontro tra il governo di Yanukovic e piazza Maidan a Kiev. E' quello portato da Sua Beatitudine Svjatoslav Shevchuk, Arcivescovo Maggiore della Chiesa greco-cattolica Ucraina, che ha incontrato la stampa a Radio vaticana il 25 febbraio.

 

"In questo momento — ha affermato l’arcivescovo Shevchuk che ha costantemente informato dell'evolversi della situazione Papa Francesco — abbiamo bisogno di solidarietà, non solo umana ma anche diplomatica. L’Europa non deve difendersi ed avere paura degli ucraini respingendoli alle frontiere, poiché i nostri giovani stanno costruendo in Ucraina l’Europa".

 

Sono stati i giovani i protagonisti di Maidan con "un modo particolare di protesta pacifica: rimanere in piazza". Per esprimere la protesta – loro che "sono cresciuti in una Ucraina indipendente e sognano il loro Paese come libero, democratico ed europeo" – rispetto al voltafaccia del governo su una visione strategica di integrazione con l'Europa ai fini dello sviluppo del Paese. Un progetto che ha occupato il dibattito in Ucraina fin dal tempo della visita di Giovanni Paolo II nel 2001.

 

A questo dibattito hanno preso parte attiva tutte le Chiese in Ucraina attraverso il Consiglio delle Chiese che riunisce il 90% dei fedeli cristiani, mettendo insieme cattolici, ortodossi, protestanti. "C'è stato un discernimento comune – ha spiegato Shevchuk – per capire cosa l'Ucraina può dare all'Europa e e cosa deve prendere dal rapporto con l'Europa perchè non tutto ciò che viene è cristianamente accettabile".

 

Proprio perchè le Chiese avevano preso parte in modo costante al dibattito in corso nel Paese, come parte integrante della società civile, hanno poi trovato naturale schierarsi accanto alla gente nei giorni di piazza Maidan che ha avuto sempre "una dimensione religiosa molto forte". Tra le tende alzate sulla piazza di Kiev dai manifestanti c'era anche, ha raccontato l'arcivescovo "una cappella dove celebrare l'eucarestia e ogni domenica si svolgeva una preghiera ecumenica e interreligiosa con la presenza del rabbino e dell'imam".

 

Di più: le chiese, ha raccontato l'arcivescovo, "come una buona madre hanno protetto sotto il loro manto tutti coloro che chiedevano aiuto". I monasteri ortodossi si sono aperti per nascondere i giovani in fuga davanti alla polizia o ai gruppi che rapivano gli attivisti pacifici per strada e li torturavano per far confessare crimini inesistenti replicando il triste fenomeno dei desaparecidos argentini e cileni. La polizia portava via i feriti dagli ospedali e allora le chiese sono diventate il loro rifugio, con la cattedrale latina – la più vicina alla piazza – il cui altare è diventato un tavolo operatorio per medici e infermieri durante i giorni bui nei quali il governo "ha compiuto un uso sproporzionato della forza" e i morti e i feriti si sono moltiplicati. E quando il cecchino ha cominciato a scegliere scientificamente le sue vittime "le persone – ha testimoniato Shevchuk – formavano lunghe file per confessarsi 'prima della morte' e poi salivano alle barricate".

 

"Tutte le Chiese – ha affermato l'arcivescovo maggiore dei greco-cattolici – sono riuscite ad abbattere ogni tipo di divisione confessionale. Tutti abbiamo detto e fatto le stesse cose. Siamo stati ispirati dallo stesso Spirito". Quando la rabbia della piazza è diventata troppo grande per poter sperare ancora di "costruire la pace con le parole", il Consiglio delle Chiese si è offerto anche di mediare la pace tra il presidente Yanukovic e l'opposizione.

 

Sua Beatitudine ha respinto con forza l'idea che i manifestanti fossero "nazionalisti estremisti" o addirittura terroristi: "la protesta era contro un governo ingiusto e corrotto che pretendeva di imporre una visione delle cose senza il dialogo con la società civile". Non per niente l'ultima dichiarazione del Consiglio delle Chiese, sabato scorso, è stata contro il separatismo e il tentativo di dividere il Paese "importando un'idea di guerra civile che non appartiene alla gente" perchè "evoca la seconda guerra mondiale e i milioni di morti che ha provocato".

 

Tuttavia il pericolo della guerra civile non è scongiurato del tutto e "Bruxelles deve cambiare politica e non assistere passivamente – lo dico con rammarico – come ha fatto per due mesi dall'inizio della crisi. La mia gente si è sentita tradita". "Dico agli europei di svegliarsi – ha affermato con forza l'arcivescovo dei greco-cattolici ucraini – perchè ciò che è successo in Ucraina può succedere anche a voi. Se non si difendono i valori europei, ciò provocherà sfiducia nell'idea di Europa anche nelle società occidentali".

 

Ma quale contributo – ha chiesto Aleteia a Sua Beatitudine – può dare l'Ucraina all'Europa secondo la riflessione che avete portato avanti con il Consiglio delle Chiese?

 

Shevchuk: Il contributo cristiano. Oggi in Ucraina siamo in 45 milioni e molti affermano che se questo senso di cristianità entrerà in Europa, certamente i cristiani europei avranno molti alleati. I cristiani in Europa si devono svegliare".

 

Qual è l'appello che volete rivolgere agli europei?

 

Shevchuk: Non lasciateci soli. Il popolo ucraino è ferito, ha bisogno di una solidarietà che non è solo economica. Ci sono tanti feriti; Polonia, Lituania, Slovacchia ne hanno accolti un pò chiediamo all'Italia di fare altrettanto. E bisogna dare visti agli studenti perchè possano entrare più facilmente in Europa.

 

E rispetto a Mosca e la Russia qual è la vostra posizione?

 

Shevchuk: Noi non siamo pro o contro Mosca. L'integrazione europea non si costruisce contro qualcuno. Certo non è un buon segno la promessa di Putin di dare la cittadinanza russa agli ucraini della Crimea: è successa la stessa cosa in Ossezia e in Abkhazia prima della guerra con la Russia. Però ci fidiamo del Parlamento russo che ha affermato di rispettare l'integrità territoriale dell'Ucraina.

 

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