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Corea del Nord. Un nuovo terzo reich?

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Aleteia - pubblicato il 20/02/14
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Testimonianze dirette e giudizi politici sulla nazione più controversa al mondo

Aleteia propone un ampio excursus sulla Corea del Nord: fatti, opinioni, racconti su una nazione che da più di 50 anni divide il mondo intero.

Per osservare da vicino la situazione politica nord coreana occorre entrare dalla "porta di servizio", analizzando i rapporti tra il regime e l'alleato più vicino: la Cina. Aleteia propone un'intervista a Giorgio Cuscito, studioso di geopolitica cinese e collaboratore di Limes – rivista italiana di geopolitica.

 

Che ruolo ha la Cina come mediatore tra l’occidente e la Corea del Nord?
 
La Cina è senza dubbio il più importante alleato della Corea del Nord, il suo principale difensore quando è criticata dal resto della comunità internazionale. Si pensi all’anno scorso quando si è alzata la tensione tra Pyongyang e Seul a causa dei test nucleari eseguiti dalla prima. Inoltre, poco fa Pechino ha preso le sue difese dopo la pubblicazione del rapporto delle Nazioni Unite in merito ai diritti umani in Corea del Nord.
Secondo quanto afferma il rapporto delle Onu, in Corea sono stati eseguiti una serie di crimini contro l’umanità. Anche se a questo proposito la commissione non ha potuto verificare direttamente perché gli è stato negato l’accesso al paese, quindi il rapporto è stato realizzato sulla base di una serie di testimonianze raccolte in maniera privata per evitare eventuali ritorsioni.

Inoltre la commissione ha chiesto alle Nazioni Unite di riportare la questione alla Corte Penale Internazionale, per porre sotto processo il leader della Corea del Nord Kim Jong Un come diretto responsabile.
La Corte Penale Internazionale si occupa di crimini contro l’umanità quando riguardano i paesi firmatari dello Statuto, a meno che le Nazioni Unite, in particolare il Consiglio di Sicurezza, non si rivolga direttamente al tribunale. Tuttavia, il Consiglio di Sicurezza deve votare questo provvedimento all’unanimità. Quindi con il consenso della Cina.
Pechino ha già precedentemente affermato che non avrebbe approvato alcun tipo di accusa contro la Corea del Nord in merito alla tutela dei diritti umani. Secondo quanto riporta la portavoce del governo cinese Hua Chunying non migliorerebbe le condizioni nel paese.

Pechino ritiene che è possibile affrontare il tema dei diritti umani mediante il dialogo. E' chiaro che la Cina teme di rimanere coinvolta poiché il rapporto afferma che la Repubblica Popolare Cinese ha rifiutato di aiutare la commissione durante i lavori: le Nazioni Unite avevano chiesto a Pechino di poter consultare degli esperti cinesi relativamente alla Nord Corea e la Cina si è astenuta.

E’ realistico pensare che la Cina voti in un Consiglio di Sicurezza dell’ONU contro un suo alleato?

E’ altamente improbabile. L'alleanza con la Corea del Nord è importante in funzione anti Usa, visto che la Corea del Sud è un alleato di Washington e sede di numerose basi militari americane. Pyongyang tiene lontano gli americani dai confini della Rpc e pertanto va sostenuta.

Pechino può aiutare in qualche modo la Corea a migliorare la propria situazione in tema di diritti umani?

Senza dubbio. Pechino può chiedere a Pyongyang di migliorare le condizioni interne, così da evitare processi internazionali. Può convincere la Corea del Nord a migliorare la condizione dei detenuti e più in generale la condizione dei propri cittadini. Del resto la Cina era già intervenuta anche durante l’ultima crisi tra le due Coree per spingere Pyongyang e il suo giovane leader Kim Jong Un a trovare un compromesso ragionevole. Non conviene neanche a Pechino avere un alleato che crea così tanti problemi sul piano internazionale.

Quali conseguenze avrà il rapporto della commissione dell’ONU sugli equilibri geopolitici futuri a livello internazionale?

Certamente un aumento della pressione nei confronti di Pyongyang. Come abbiamo visto, gli Stati Uniti, dopo la pubblicazione del rapporto hanno sostenuto la posizione delle Nazioni Unite ed hanno chiesto alla Corea del Nord di prendere provvedimenti. Ciò ha innescato la risposta immediata della Cina che ha preso le difese del proprio alleato storico. Se le pressioni nei confronti di Pyongyang continuassero, questo potrebbe diventare un altro motivo di tensione nella regione.

Come sono le relazioni tra Stati Uniti – Cina? Come queste possono aiutare la comunità internazionale ad avere un contatto più diretto con il regime e migliorarne la situazione interna?

Usa e Cina sono la prima e seconda potenza al mondo. Gli Stati Uniti in questo momento attuano nella regione Asia Pacifico una politica di contenimento, detta “Pivot to Asia” che consiste nel limitare la formidabile ascesa economica e militare della Rpc.
Tuttavia Pechino è il primo creditore straniero degli Usa. Pertanto il rapporto di interdipendenza economica li porta a dialogare. Credo sia nell’interesse anche della Cina, nell’ambito di questo complicato rapporto con gli Stati Uniti, spingere la Corea del Nord a migliorare la situazione dei diritti umani nel proprio paese. In questo modo sarebbe più facile per la Cina preservare lo status quo nella regione.

Come potrebbe nascere la democrazia in Nord Corea? E’ lecito aspettarsi dalle giovani generazioni e dagli attivitisti una rivoluzione culturale e politica per cambiare le condizioni del paese?

Questa è un'ipotesi piuttosto improbabile al momento. Il regime reprime ogni protesta e non credo che nel medio periodo potremmo assistere ad uno scenario simile.

Quale iniziativa potrebbero portare avanti la comunità internazionale per migliorare la dignità umana in Corea del Nord?

L'istituzione di un tribunale internazionale sarebbe un grande passo avanti. Ma finché Pechino sostiene Pyongyang, ciò è improbabile. In tal senso il ruolo della Cina è determinante.

 

 

Il missionario in Corea: “stare con la gente che soffre è stare con Cristo”

Padre Gerald Hammond, 80 anni, è l'unico sacerdote cattolico ad avere accesso al Paese di Kim Jong Un.
Nato negli Stati Uniti è arrivato come missionario nella penisola coreana appena dopo la fine della guerra fratricida che divise il Paese tra Nord e Sud. Oggi vive a Seul da 54 anni ed è superiore regionale dell’Istituto dei missionari di Maryknoll.
Dal 1998 riesce ad entrare in Corea del Nord al seguito di alcune organizzazioni umanitarie che visitano soprattutto i centri che curano la tubercolosi e da allora ci è entrato più di 50 volte.

In un’intervista rilasciata alla rivista “Tracce” nell’aprile 2013, Padre Hammond racconta le sue visite nel regime: “Dal momento del nostro arrivo a Pyongyang siamo incessantemente accompagnati da personale del Governo. Ci assistono in tutto e per tutto il tempo. Sono molto gentili e disponibili”.

Il sacerdote spiega che nel Paese non si possono introdurre telefoni cellulari né computer e che lui va solo nei luoghi dove viene accompagnato. Quando è lì collabora con i funzionari del Dipartimento della salute della Corea del Nord, perché la sua missione è legata essenzialmente al problema della tubercolosi. “È una malattia che si trasmette per via aerea e si contrae in luoghi di lavoro malsani o per malnutrizione. Il Paese, come si sa, è molto povero: spesso manca l’acqua corrente e l’energia elettrica è scarsa.”

Padre Hammond non nasconde la sua identità perché le autorità sanno che è un sacerdote. Non nasconde neanche i dialoghi che ha con i pazienti, perché parla il coreano molto bene e non ha problemi ad entrare in rapporto con la gente.

“Loro vedono che sono un prete e quando mi chiedono di dire una preghiera io la dico con loro. Gli incontri si svolgono nei reparti. Di solito sono presenti due o tre persone alla volta. Sono autorizzato a dire quello che voglio.

Al sacerdote non è permesso, però, parlare di politica o di religione in quanto tale. Se gli chiedono di questioni religiose può rispondere, ma non può porle come argomento.
“Penso che l’esempio sia molto più importante delle parole. Come sta dicendo il Santo Padre, occorre essere semplici e umili. Pensare ai poveri è esattamente la mia missione. E questo perché stare con la gente che soffre è stare con Cristo, perché Lui è lì con loro, davvero. Stare con loro: è questo che la Chiesa ci chiede.

I cristiani in Corea del Nord? Padre Hammond riporta i dati del Governo: circa 3mila cattolici su 23 milioni di abitanti.
Ma non c’è in alcun modo una presenza visibile della Chiesa. All’inizio della Guerra di Corea, iniziata nel giugno del 1950, tutti i vescovi, i sacerdoti, le suore e i catechisti sono stati arrestati o uccisi. Tutto è stato bombardato: ci sono state più bombe sganciate sulla Corea del Nord che in tutta Europa durante la Seconda guerra mondiale.  

La cosa che lo impressiona di più quando va a Pyongyang – afferma Hammond – è vedere le facce dei pazienti appena dopo aver preso il farmaco contro la tubercolosi. “Dopo un attimo stanno già meglio. E si accorgono che qualcuno si è interessato a loro.

 

Il rapporto dell’ONU contro la Corea del Nord

Il rapporto presentato dal presidente della commissione d’inchiesta dell’ONU e diffuso a Ginevra lo scorso lunedì è inequivocabile: La Corea del Nord è colpevole di moltissimi crimini contro l’umanità, attraverso “violazioni sistematiche, diffuse e gravi dei diritti umani”.
Il documento di 372 pagine raccoglie le testimonianze di circa 320 persone, tra cui ex detenuti dei famosi campi per prigionieri politici, di cui il regime di Pyongyang nega l’esistenza ma le immagini satellitari provano tuttavia che sono operativi.

Secondo gli investigatori, da 80mila a 120mila persone sono attualmente prigioniere in questi quattro grandi campi.
Lo stesso documento riporta che nei campi centinaia di migliaia di persone sono decedute in condizioni atroci: “privazioni deliberate di cibo, lavori forzati, esecuzioni, torture, privazione del diritto di riprodursi attraverso punizioni, aborti forzati e infanticidi”. Secondo gli esperti, questi crimini sono addirittura paragonabili con i crimini perpetrati dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il giudice australiano Michael Kirky, presidente della commissione, ha l’intenzione di presentare una causa davanti alla Corte Penale Internazionale o ad un tribunale ad hoc, affermando che “la gravità, l’ampiezza e la natura di queste violazioni mostrano un paese senza alcun equivalente nel mondo attuale”.

Se la condanna è unanime fra i paesi dell’ONU, il sostegno della Cina al suo vecchio alleato potrebbe impedire l’appello alla CPI. Diverse associazioni a favore dei diritti umani hanno esortato la Repubblica popolare a non opporre il suo veto e gli investigatori avvertono Pechino che potrebbe essere accusata di “complicità di crimini contro l’umanità” se rimandasse gli esiliati in Nord Corea, che subirebbero atti di tortura, aborti forzati e esecuzioni sommarie. 

I campi nella Corea del Nord sono stati responsabili di oltre 1 milione di morti tra 1948 e 1987. 
Ecco cosa è successo negli ultimi mesi nel regime:

Trucidata la ex del dittatore (03/09/2013)
Hyon Song-wol, cantante di un gruppo musicale nordcoreano ed ex fidanzata di Kim Jong-un, sarebbe stata arrestata e fatta ammazzare con una raffica di mitragliatrice insieme a una decina di suoi colleghi, colpevoli di aver girato dei film porno e averli poi venduti clandestinamente in Cina.

Condannati a morte (03/11/2013)
80 condanne a morte per diversi i reati tra cui quello di possedere una Bibbia. Le condanne sarebbero state eseguite in pubblico sotto gli occhi anche di alcuni bambini.

Esecuzione publica (11/11/2013)
10.000 persone sono state obbligate ad assistere, all'interno dello Shinpoong Stadium, all'esecuzione di 8 persone: legate a dei pali, con dei sacchi sopra la testa, sono state uccise a colpi di mitragliatrici. La condanna era "hanno guardato film sudcoreani".

Esecuzione dello zio del ditattore (12/12/2013)
Jang Song Thaek zio di Kim. Si occupava soprattutto dei rapporti diplomatici con la Cina. Giustiziato in dicembre dopo essere stato spogliato di tutti i poteri e accusato di 'golpe' contro il nipote. Secondo alcuni media asiatici, che riportano indiscrezioni di forze governative, l'intera famiglia di Jang (bambini compresi) sarebbe stata freddata a colpi di fucile.

Le deportazioni nei Kwan-liso (05/09/2013)
Sono l’equivalente dei gulag sovietici. A oggi sono 23mila le persone che hanno chiesto asilo a Seoul dopo aver affrontato un lungo e rischioso viaggio attraverso il sud-est Asiatico. Molte di loro sono fuggite dai gulag, alcune erano addirittura guardie. Raccontano di esecuzioni sommarie, torture, violenze sessuali e aborti obbligati.

A proposito dei Kwan-liso proponiamo un video con le testimonianze dirette di chi è riuscito a fuggire da questo incubo  

Hanno collaborato Ary Ramos, Corrado Paolucci, Solène Tadìe, Clarissa Oliveira

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