Esce in questi giorni il libro su questo argomento del prefetto della Congregazione per la dottrina della Chiesa, cardinal Gerhard Muller
Era ovvio che con l’arrivo di un pontefice che ha avuto modo di confrontarsi direttamente con le problematiche, le criticità ma anche gli aspetti positivi della cosiddetta “Teologia della liberazione” se ne sentisse maggiormente parlare, specie da quando è stata riabilitata nei mesi scorsi. Di più se a parlarne con competenza e passione è il cardinale Gerhard Ludwig Muller: «Povera per i poveri. La missione della Chiesa» (Libreria Editrice Vaticana, pp. 312, e 20) che riprende – nel titolo – proprio una espressione bergogliana.
Per presentare il libro, il vaticanista del Corriere, Gian Guido Vecchi, parte da un aneddoto: “Il 22 luglio 1968, in una città di pescatori sul Pacifico, a Chimbote, Gutiérrez era il giovane teologo che avrebbe dovuto intrattenere i seminaristi sulla «teologia dello sviluppo» e invece parlò loro di Teología de la liberación : tre anni più tardi diventò il titolo del testo che avrebbe battezzato la corrente teologica più discussa di fine Novecento. Ora il tema della povertà e della «missione liberatrice» ed «evangelizzatrice» della Chiesa è al centro del libro di Müller”. Questo è un volume prezioso perché fornice una riflessione sulla povertà di là dalle forzature ideologiche (Müller spiega che «l’autentica Teologia della liberazione» è «opposta» al «marxismo» come all’«odierno liberismo»).
Lo stesso Gerhard Müller (nel libro) spiega il tratto fondamentale del cristianesimo: “Perché Gesù non è l’annunciatore di una mistica staccata da ogni riferimento col mondo o di un ascetismo disincarnato. Nell’insegnamento e nell’agire di Gesù c’è, al contrario, l’unità tra dimensione trascendente e dimensione immanente della salvezza. Anche la sua morte sulla Croce non può in alcun modo essere considerata come religiosità staccata dal mondo, che separa la creazione dalla redenzione. Gesù è invece morto in Croce per dimostrare l’amore liberante di Dio che trasforma il mondo. […] Così la salvezza, la liberazione, rispetto alla sua realizzazione storica, non inizia al momento della nostra morte individuale o alla fine della storia dell’umanità nel suo complesso, quando il Buon samaritano ritornerà: quello è piuttosto il momento del compimento di essa, nella contemplazione di Dio, nell’eterna comunione d’amore con Lui: inizia ora e qui, ai bordi della strada. (Corriere della Sera, 19 febbraio)
Ad arricchire il testo c’è una introduzione dello stesso Papa Francesco che svela subito la nostra paura e ce la fa affrontare con la determinazione che gli viene dal Vangelo: “Ci sono tante povertà, ma la povertà economica è quella che viene guardata con maggior orrore. In questo c’è una grande verità. Il denaro è uno strumento che in qualche modo – come la proprietà – prolunga e accresce le capacità della libertà umana, consentendole di operare nel mondo, di agire, di portare frutto. Di per sé è uno strumento buono, come quasi tutte le cose di cui l’uomo dispone: è un mezzo che allarga le nostre possibilità. Tuttavia, questo mezzo può ritorcersi contro l’uomo. Il denaro e il potere economico, infatti, possono essere un mezzo che allontana l’uomo dall’uomo, confinandolo in un orizzonte egocentrico ed egoistico”. Ecco il monito, ecco la differenza per l’uomo nel servire Dio o Mammona. Il Papa prosegue: “Quando invece l’uomo è educato a riconoscere la fondamentale solidarietà che lo lega a tutti gli altri uomini – questo ci ricorda la Dottrina sociale della Chiesa – allora sa bene che non può tenere per sé i beni di cui dispone. Quando vive abitualmente nella solidarietà, l’uomo sa che ciò che nega ad altri e trattiene per sé, prima o poi, si ritorcerà contro di lui. In fondo, a questo allude nel Vangelo Gesù, quando accenna alla ruggine o alla tignola che rovinano le ricchezze possedute egoisticamente (cf. Mt 6, 19-20; Lc 12, 33)”. Ed è per questo – termina – che “Gesù elogia i «poveri in spirito» ( Mt 5, 3), vale a dire coloro che guardano così ai propri bisogni e, bisognosi come sono, si affidano a Dio, non temendo di dipendere da Lui (cf. Mt 6, 26). Da Dio possiamo infatti avere quel Bene che nessun limite può fermare, perché Lui è più potente di ogni limite e ce lo ha dimostrato quando ha vinto la morte! Dio da ricco che era si è fatto povero (cf. 2 Cor 8, 9) per arricchirci con i suoi doni! Egli ci ama, ogni fibra del nostro essere gli è cara, ai suoi occhi ciascuno di noi è unico ed ha un valore immenso: «Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati… voi valete più di molti passeri » ( Lc 12, 7) .