Alla vigilia del nuovo incontro online organizzato dal WeCa, intervista all’esperto Matteo Maria GiordanoMercoledì 19 febbraio alle ore 21 nuovo incontro sul web, tramite la piattaforma di Hangout, organizzato dal WeCa per “La Rete: come viverla”, di nuovo al centro i social network, croce e delizia del web contemporaneo. Agli ospiti-attori dell'appuntamento del 5 febbraio si aggiunge Matteo Maria Giordano, specialista del settore ed animatore di Estremi Confini. Aleteia lo ha intervistato per voi.
Comunicazione e cultura sono o dovrebbero essere un binomio inscindibile, eppure nell'eterna diatriba tra "contenuto" e "contenitore", ancora oggi in molti ritengono il secondo accessorio e non determinante per valorizzare il primo. Cosa ne pensa?
Giordano: Sono d'accordo. Questo probabilmente dipende anche da un percorso culturale da cui facciamo fatica ad affrancarci. Parlando di web spesso si ritiene che si tratti semplicemente di un insieme di algoritmi informatici che poco hanno a che vedere con la cultura. Sul fatto che sia molto più piacevole leggere un libro che sfogliare un kindle non c'è dubbio, almeno per noi "immigrati digitali"…ma il mondo va verso i "nativi digitali" ai quali probabilmente di sentire il profumo delle pagine di carta importa poco. Dobbiamo entrare nell'ordine di idee che il web (e il web 2.0 in particolare) ha modificato e sta modificando radicalmente i nostri stili di vita, il nostro modo di pensare, di scegliere, di acquistare. Fino a qualche anno fa per andare in vacanza si guardava la brochure di un albergo o si cercava il suo sito internet. Oggi si va su Tripadvisor perchè diamo molto più credito all'esperienza fatta dagli altri che al messaggio pubblicitario.
Questo inevitabilmente genera una nuova cultura, quella digitale che – piaccia o no – è la cultura del futuro ed è una cultura fortemente influenzata dalla diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione.
Il sito che lei anima "www.estremiconfini.org" che cos'è? Che contributo può dare la rete alla testimonianza di fede?
Giordano: Come cristiani abbiamo ricevuto un mandato: essere testimoni di Gesù Cristo fino agli estremi confini della terra. Ma con l'avvento del web e della cultura digitale, il concetto di confine è andato via via sfumando lasciando spazio ad un mondo globale a portata di click. Pertanto oggi è necessario essere testimoni nella Rete, abitarla con stile evangelico, come dice Papa Francesco. Per fare questo è anche necessario popolarla di contenuti che parlino di Dio e che lo facciano con codici comprensibili all'uomo contemporaneo.
Estremi Confini è un progetto che nasce da diversi anni di esperienza nel mondo della Comunicazione, in particolare di quella collegata al mondo religioso/cattolico e dalla constatazione che nel web italiano faticano ad affermarsi progetti strutturati e qualitativamente adeguati per supportare le comunità cristiane in una Comunicazione che sia al tempo stesso competente e moderna; in particolar modo in questo tempo che vede la sempre più massiccia e diffusa presenza dei cosiddetti new media.
L'idea che sta alla base del progetto è quella di fornire degli strumenti moderni e di qualità a chi ha il delicato compito di trasmettere la fede cristiana. Tali strumenti vanno dalla realizzazione di siti web per diocesi, parrocchie, movimenti, associazioni e gruppi, a programmi di formazione (media education) per laici e religiosi, per singoli e comunità, alla produzione di progetti video o di immagine coordinata per attività ecclesiastiche, religiose, aggregative e quant'altro, su tutto il territorio nazionale.
Credo che la Rete possa dare un grande contributo alla testimonianza di fede. Il web è pervaso da domande e da atteggiamenti di ricerca che sono sempre stati presenti nell'uomo in ogni tempo. Portare il Vangelo in Rete significa abitare questo tempo ed essere là dove possiamo incontrare gli uomini e le donne di oggi.
Terzo incontro organizzato dal WeCa: di cosa parlerà? Quali sono gli ostacoli per un "web di Chiesa"?
Giordano: Al terzo incontro di WeCa cercherò di dare alcuni consigli pratici su come essere presenti in Rete, quali strumenti utilizzare e come utilizzarli cercando di mantenere coerenza e autenticità rispetto all'essere cristiani oggi e a portare il Rete il messaggio evangelico.
Per quella che è la mia esperienza personale (ma anche quella condivisa con altri animatori) credo che gli ostacoli ppiù grandi per un "web di Chiesa" siano proprio dentro la Chiesa. Non sempre le diocesi riescono a comprendere la valenza di questi strumenti e quanto sia importante impiegarli con competenza e professionalità. A quasi 10 anni dal Direttorio sulle Comunicazioni Sociali "Comunicazione e Missione", che tracciava le linee guida per sviluppare una cultura digitale all'interno della Chiesa, istituendo la figura dell'animatore della comunicazione e della cultura come uno di quei pilastri su cui le comunità cristiane dovevano fondarsi in un tempo dominato dai media, molte, moltissime realtà italiane non si sono ancora adeguate. Credo che si debba fare un grande salto in questo senso. L'Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali lavora moltissimo in questa direzione ma naturalmente non può imporre nulla alle diocesi. Pertanto è necessario che vescovi e sacerdoti, nelle loro realtà locali, investano su questi temi che hanno una portata sociale notevole, soprattutto tra i più giovani (pensiamo solo ai fenomeni di cyberbullismo).