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Cyberbullismo: Quando la rete ti invita a farla finita

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Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 12/02/14
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Ieri in Veneto nuovo caso di suicidio nel mondo degli adolescenti da addurre ai consigli ricevuti da una community onlineSono reali le vite che si raccontano in rete? A volte sì, a volte meno. Quello che è certo è che spesso, forse sempre, reali sono le conseguenze che la vita vissuta online comportano. E la rete spesso ti incoraggia a vivere una vita che non è la tua, ti suggerisce anzi di nascondere il tuo vero nome ed il tuo vero volto nell’anonimato di una username e di un’icona qualunque. È preferibile diventare un anonimo, per prepararti a dialogare con altri anonimi, dai quali ricevere e ai quali impartire consigli di vita, anche sulle scelte più importanti. L’anonimato è una delle caratteristiche principali, e delle ragioni del suo successo, di Ask.fm, un sito che conta 60 milioni di utenti in tutto il mondo, ma anche molti critici perché spesso si rivela luogo dove serpeggia la violenza. E così come di recente già accaduto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, i consigli arrivati da Ask.fm sono stati fatali per Amnesia (questo il suo cyber pseudonimo), una ragazza di 14 anni di Fontaniviva, vicino Cittadella, che, travolta dagli insulti e dagli inviti a togliersi di mezzo ricevuti dal web, si è suicidata gettandosi da un vecchio albergo abbandonato.

Da tempo l’adolescente aveva condiviso i suoi sentimenti più intimi, la sua delusione di un rapporto finito con un ragazzo che l’aveva rifiutata così come la sua depressione, con la community di Ask.fm. E le risposte che regolarmente riceveva erano agghiaccianti. “Amnesia non faceva che parlare di quello: della morte. Soprattutto in queste ultime settimane. «Dove pensi che vivrai fra 5 anni?» chiedeva qualcuno dal mondo senza nome di Ask. E lei: «Vivrò fra 5 anni?». «Cosa stai aspettando?». «Di morire». Altri la seguivano nei suoi percorsi di depressione: «Secondo me tu stai bene da sola… fai schifo come persona»; insulti anche davanti alle fotografie dei tagli alle braccia che lei giurava di essersi procurata: «Ti tagli solo per farti vedere», «Spero che uno di questi giorni taglierai la vena importantissima che c’è sul braccio e morirai»…«Noi non sapevamo niente di tutto questo» si disperano adesso i suoi genitori. «Dove ho sbagliato? Dove?» è la domanda che suo padre ripete a se stesso come un disco rotto davanti agli amici. «Cosa potevo fare di più e di diverso?». Ripensa all’ultimo sorriso della sua bambina, la più grande di tre figli” (Corriere della Sera, 12 febbraio)

Le regole fi Ask.Fm sono chiare ed attraenti, per giovani utenti – e l’Italia è il Paese che ne conta di più – che si sentono stuzzicati dall’idea di poter dire ciò che vogliono, rimanendo nascosti, persone reali in qualche parte del mondo. “Ask.fm funziona come sito e come app mobile per smartphone e tablet. Si pone una domanda, senza limitazioni tematiche, e si attende una risposta. Come altri spazi web che funzionano in modo analogo, Ask.fm può essere vissuto come un luogo della rete utile e funzionale. Ma può rapidamente trasformarsi in un incubo. Perché la modalità anonima con cui è possibile interagire con altri utenti può nascondere insidie letali, se non si è preparati a difendersi. Soprattutto se nel profilo ci sono foto o video personali.

Chiunque può porre domande sui profili personali degli utenti, che possono essere "seguiti" come accade su Twitter. Ma a differenza del network del passerotto, su Ask.fm non si può sapere chi ti sta seguendo, ma solo il numero dei follower raggiunti. Le domande possono essere innocenti. Ma tra un "Ti piace andare al cinema?" e "Qual è il tuo hobby preferito" può arrivare a sorpresa, anonima, una richiesta diversa: "Hai disturbi alimentari?", "Hai mai usato droghe", "Sei vergine?". Parole che possono aprire le porte dell’inferno digitale. Perché su Ask.fm non c’è controllo o filtro umano a quello che viene scritto”.

Il paradosso è che anche la vita ideale che il virtuale potrebbe indurci a voler costruire spesso diventa un incubo peggiore di quelli che possiamo vivere tutti i giorni, a scuola, al lavoro o ancora più spesso tra le mura domestiche. “È su questo social network che si consumava la quotidiana umiliazione della giovane padovana, di Fontaniva: "Fai schifo, meriti di morire", scriveva un utente: "Sei una ritardata, grassa e culona. Fingi di essere depressa per attirare l’attenzione, sei patetica", incalzava un altro…
Mesi di accuse gratuite, 1148 risposte…."Ask.fm è il letamaio in cui non mettere piede, la pozzanghera da saltare mentre si cammina. In rete c’è anche di peggio, è ovvio, ma abituare i nostri ragazzi all’idea che “anonimo” non è mai sinonimo di “intelligente” è una strada percorribile" scrive Ernesto Assante in un editoriale su Il Mattino di Padova. "Lenta, magari noiosa, magari faticosa, forse addirittura priva di una reale possibilità di successo. Ma vale la pena provarci, vale la pena iniziare" (Huffington Post, 12 febbraio).

Proprio per venire in soccorso degli adolescenti, così esposti ai mostri che giungono dalla rete, il Safer Internet Centre, coordinato dal ministero dell’Istruzione, ha lanciato la campagna web "Se mi posti ti cancello", rivolto a ragazzi tra gli 11 e i 16 anni, che possono postare una breve video sulla propria esperienza in rete sul sito Semipostiticancello.it (entro il 15 maggio). Alcuni dati raccolti da una ricerca dell’Ipsos sul cyberbullismo per Save the Children dimostra che gli stessi adolescenti stanno diventando via via più consapevoli dei rischi che corrono in interne “Per il 69% dei ragazzi il cyberbullismo "è la principale minaccia alla loro vita", più di cadere nella dipendenza da droga o di subire aggressione o molestie. Chiamati a indicare le principali conseguenze di atti di cyberbullismo, il 69% dei ragazzi e delle ragazze indicano l’isolamento e la perdita della voglia di uscire e frequentare gli amici, il 62% il rifiuto ad andare a scuola, a fare sport o altro, il 53% l’insorgere della depressione, il 45% il chiudersi nel silenzio e il rifiuto a confidarsi….Dalla ricerca emerge come di fronte a situazioni difficili spesso la reazione sia chiudersi: alla domanda "i tuoi coetanei come si comportano se qualcuno li prende di mira?", il 15% dei ragazzi risponde "non si confida con nessuno", solo il 28% ne parla con i genitori, il 41% con gli amici. (Avvenire, 12 febbraio)

 

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