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Corrida de toros? Sì o no? …ma con passione!

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Alvaro Real - Aleteia - pubblicato il 11/02/14
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Un “amante degli animali” e un “amante della festa” espongono le proprie argomentazioni
Le tauromachie e le corride sono un tema polemico di per sé: i maltrattamenti animali di fronte alla festa nazionale, il mantenimento dell’animale o la sua tortura.

Non c’è una posizione specifica del magistero della Chiesa al riguardo, ed esistono solo alcuni documenti. Si dice che Alessandro VI e Callisto III, spagnoli, organizzassero tauromachie anche a Roma, ma nel 1567 San Pio V decretava con la bolla “De salutis gregis dominici” che chi partecipava alle corride incorreva automaticamente (“latae sententiae”) nella pena della scomunica. La bolla venne poi moderata da Gregorio XIII nel documento “Exponis nobis super”, e ritirata da Clemente VIII con il documento “Suspectus numerus”.

Si tratta di oltre quattro secoli di polemica a cui Aleteia vuole partecipare con le argomentazioni di Santiago Celestino Pérez Jiménez (SCPJ), docente di Generi Letterari e Audiovisivi presso l’Università CEU Cardenal Herrera di Valencia, e del dottor Miguel Ibañez Talegón (MIT), del Dipartimento di Produzione Animale della Facoltà di Veterinaria dell’Università Complutense di Madrid. Ognuno tragga le proprie conclusioni.

Le argomentazioni utilizzate in genere a favore della tauromachia sono la tradizione, la cultura o l’economia. È così necessario curare “la festa del toro”?

Miguel Ibañez Talegón (MIT): Tutti gli aspetti culturali entrano profondamente nella gente, e questo è il motivo per cui questa tradizione è così seguita. Quando, però, hai l’opportunità di poter spiegare tecnicamente ciò che accade all’animale mentre lo spettatore si sta “godendo” la sua corrida, si prova una certa vergogna per i dubbi che assalgono in quel momento. La questione sta nel fatto che durante la corrida non si vede, per la distanza nella plaza de toros o perché le telecamere non la riprendono, la sofferenza del toro in base ai sintomi che presenta, come difficoltà respiratorie, sangue dalla bocca e dalle cavità nasali, zoppicature impercettibili dopo la “Pica” e altro. Se una telecamera riprendesse questi aspetti di sofferenza e li trasmettesse in diretta nella plaza o in televisione, la gente si accorgerebbe anche del dolore, e i suoi sentimenti cambierebbero. Dal punto di vista del mantenimento della festa del toro, non credo che sia così necessaria, è semplicemente una tradizione. Esistono altri temi culturali meno dannosi per gli animali come la pittura o la musica. Qui entra molto lo “spagnolismo” che a volte ha il plauso dei taurini, e questo è assai complesso per le tante connotazioni che comporta. Esiste anche un altro gruppo di persone che non ha alcuna empatia nei confronti degli animali e a cui non importa nulla di ciò che viene fatto loro. A volte ho l’impressione che questo tipo di persone sia troppo numeroso e che il “popolo” spagnolo sia deficitario in questo aspetto. Quando ho queste sensazioni mi vergogno di essere spagnolo.

Santiago Celestino Pérez Jiménez (SCPJ): Ha appena citato i tre pilastri su cui si basa la maggior parte delle civiltà: Tradizione, Cultura ed Economia. Spesso dimentichiamo che la parola “cultura” significa coltivazione della terra, e poi cura del bestiame nei campi. E dal campo si passa alla plaza in cui il toro è l’orizzontale e il torero la verticale. Lì la tauromachia partecipa a tutte le arti, dall’architettura che è musica solidificata fino alla scultura, senza dimenticare musica e danza. Arti che possono essere toccate; il toreo, tuttavia, è un’arte effimera che si distrugge mentre si crea. Si tratta di scolpire il tempo, per citare Tarkovski, di rendere eterno l’instante. C’è qualcosa di più bello? Per questo dobbiamo vegliare, proteggere, “curare” – come lei dice – la festa dei tori per far sì che tutti i suoi valori etici ed estetici si trasmettano ai nostri eredi. Aveva ragione Vicente Aleixandre – i poeti hanno quasi sempre ragione – quando affermava che tradizione e rivoluzione sono due parole identiche.

Quando si parla contro la tauromachia, però, si parla del pericolo, del trattamento nei confronti degli animali o della crudeltà. C’è qualche modo di coniugare “la festa” con la cura degli animali?

(SCPJ): Sì, ovviamente, e di fatto si fa, ma è necessario chiarire qualche elemento di confusione. Il toro da corrida non è un animale domestico né selvatico, ma “bravo”, indomito. Già nel XVIII secolo, una serie di allevatori romantici investì tempo e denaro per “inserire” nel toro gli ideali del cavaliere spagnolo: coraggio e nobiltà. Grazie a una selezione genetica si è trasformato un comportamento difensivo come la fierezza in un altro offensivo, l’essere “bravo”, che si è evoluto nel corso dei secoli. Oggi si rispetta il loro allevamento in libertà senza alterarne l’ecosistema. Fino a quando non arriva il giorno…

Sì, arriva il giorno: la corrida de toros. Questo crocevia di due temporalità: la Festa, con il suo eterno ritorno, ogni maggio Sant’Isidro, ogni aprile…, e la Corrida nella plaza che ci mostra il suo carattere rituale in cui si rende presente la morte. Quel rito che avvicina al trascendente. Si dimentica o si ignora l’esistenza di una liturgia taurina. Non sfugge a nessuno la similitudine tra il vestito per toreare e le casule dei sacerdoti. Anche se ricordiamo il particolare arcobaleno taurino si moltiplicano le allusioni alla questione religiosa. Dal porpora al viola e oro, il carminio e oro che la Chiesa usa per officiare il giorno dei martiri, il rosa e oro con cui si celebrano la terza domenica d’Avvento, Dominica Gaudete, e la quarta domenica di Quaresima, Dominica Laetare, fino al bianco e oro, senza dimenticare il signore di tutti i colori, il nero e oro che si usa per la Messa dei defunti. Anche se Machado ha cantato che tutti i toreri portano lo stesso vestito: oro, seta, sangue e sole.

(MIT) Non. Non è possibile coniugare la “festa” con il trattamento degli animali e la crudeltà del festeggiamento. La Festa richiede questa crudeltà per svolgersi come si svolge.

Miguel, come professore del comportamento animale, com’è la sofferenza di un toro in una corrida de toros?

(MIT): La sofferenza è duplice: da un punto di vista fisico, per il dolore e le ferite con perdita di volume sanguigno ecc. che gli vengono inflitte, e da un punto di vista psicologico, per la paura che prova e il conflitto che vive non potendo realizzare una strategia di adattamento che tenda a risolvere la situazione che deve affrontare. Per entrambe le circostanze, qualsiasi animale con un sistema nervoso sviluppato e complesso come un ruminante prova emozioni di grande sofferenza che per il momento è impossibile misurare e quantificare, ma possiamo ottenere dati fisiologici indicativi della sofferenza che l’animale sta provando. Sono dati oggettivi e misurabili in termini di sangue.

Santiago, il mondo del toro si ritrova nella letteratura, nella storia e nella filosofia del mondo spagnolo. Cosa si perderebbe se le corride venissero proibite?

(SCPJ): Filosofia del mondo spagnolo, dice? E allora il Portogallo? E se attraversiamo l’Atlantico, Messico, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela? E la Francia? Risulta curioso che la Francia, il paradigma della cultura, dell’arte, delle luci, sia stato il primo Paese al mondo a dichiarare la festa dei tori Patrimonio Culturale Immateriale. È un esempio dell’universalità e dell’interculturalità del toreo.

È certo che sia in Spagna che in altri luoghi si espongono varie argomentazioni, per la maggior parte politicizzate, per sopprimere le corride. Cosa si perderebbe se trionfassero le tesi abolizioniste? Si perderebbe un patrimonio genetico, quello del toro da corrida, che sarebbe irrecuperabile. Si perderebbe biodiversità alterando un ecosistema singolare come il pascolo destinato al toro “
bravo”. Si perderebbero libertà, verità, cultura, arte e una fonte di ispirazione per gli artisti. Si guadagnerebbe dalla speculazione di proprietà rurali e urbane. Si metterebbe a tacere una minoranza, una cosa tipica dei regimi non democratici.

Quali componenti etiche agiscono nella tauromachia? Perché è un tema che divide tanto vari settori?

(MIT): Penso che la società sia divisa su questo tema perché entrambe le parti vogliono avere ragione in modo assoluto. Siamo abbastanza intolleranti quando qualcuno discute con una certa violenza di qualcosa che non conosce e che si basa solo su ciò che crede di sentire. C’è anche qualcosa di politicizzato nella questione, e i partiti politici agiscono per impulso, pregiudicando il dibattito e la soluzione del problema. Sarebbe più efficace se ai bambini a scuola si insegnasse che il rapporto con gli animali deve essere buono in tutti i sensi visto che sono eccellenti compagni sociali, dai quali si possono imparare molte cose, e si facessero capire i benefici che possiamo ottenere da questo. Che tutte le specie che popolano il pianeta sono qui perché fanno parte della vita che si sviluppa in esso. Che quanto meglio ci comportiamo con la vita, in generale, migliori saremo. L’educazione è fondamentale. Genera sensibilità, empatia e migliora la qualità di vita. È questa la via per la soluzione di questo enorme problema dei cittadini spagnoli.

(SCPJ): I tori sono una metafora della vita, con le sue luci e le sue ombre, con le sue porte grandi e i suoi ospedali. Ricordate che in questa enorme arena che è la vita chi non torea assale, e dovendo scegliere… Il toreo è un atteggiamento etico ed estetico di fronte alla morte. È certo che ciò lo rende un po’ anacronistico nel XXI secolo in cui si tende a nascondere tutto ciò che è collegato alla morte, ma in questo si radicano la sua autenticità, la sua verità e la sua bellezza.

Baudelaire affermava che solo tre esseri meritavano di essere ammirati: i sacerdoti per il loro sapere, i poeti per la loro creatività e i guerrieri per il loro coraggio di uccidere. Senza rendersene conto, l’autore de Les fleurs du mal coniugava tre virtù del torero, che sa e officia, crea e uccide.

I tori non separano né dividono, ma uniscono. Sì, la loro universalità fa sì che si appassionino al toreo persone di destra e di sinistra, cinesi e americani, atei e cattolici, tifosi del Betis e del Siviglia… Alcuni politici osteggiano la corrida solo per prendere qualche voto con cui andare avanti. Ignorano che tutti uccidono ciò che amano, come diceva Oscar Wilde, alcuni con parole lusinghiere, altri con uno sguardo aspro, i codardi con un bacio e i coraggiosi con una spada. Così fanno i toreri.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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