Parla il trader che ha provocato il peggior scandalo finanziario della storiadi Jesús Colina e Yvon Bertorello
Il nome di Jérôme Kerviel è legato a doppio filo allo scandalo finanziario più grande della storia. Quando lavorava come giovane trader per una delle principali banche d’Europa, la Société Générale, a gennaio 2008, i suoi investimenti hanno provocato un buco di quasi 5 miliardi di euro… Un autentico terremoto che ha fatto vacillare i mercati di tutti i continenti.
Francese, di 37 anni, Kerviel, che all’epoca non era altro che un impiegato, è stato condannato al risarcimento completo di tutto il denaro bruciato sui mercati finanziari oltre a scontare 5 anni di reclusione.
A pochi giorni dal suo ultimo e definitivo processo davanti alla Giustizia francese, l’uomo più indebitato dell’umanità ammette le sue colpe e sembra voler far pace con la propria coscienza. Allo stesso tempo condivide con i lettori di Aleteia le lezioni che il mondo non ha ancora tratto dalla crisi finanziaria.
In questo contesto, presenta Papa Francesco come l’autorità morale che può aiutare ad uscire fuori della crisi etica, vera causa della crisi finanziaria.
Perché ha accettato di parlare oggi, alla vigilia della sentenza di cassazione per «l’affaire Kerviel»?
Jérôme Kerviel: Perché il mio nome è diventato il sinonimo del peggio che la finanza abbia mai potuto creare. Mi è stata inflitta una condanna senza precedenti di quasi 5 miliardi di euro. Nessuno, prima di me aveva dovuto scontare una tale condanna, un tale castigo. Questa condanna si fonda su delle menzogne: la Société Générale avrebbe ignorato che ho occupato sui mercati speculativi delle posizioni da 50 miliardi di euro.
Sono stato presentato come se avessi inventato "un sistema", quando un anno prima dello scoppio mediatico di questa vicenda, un impiegato di questa stessa banca si era suicidato dopo aver applicato questo stesso sistema che i nostri superiori c’insegnavano e al quale siamo stati formati. Voglio poter dire la mia perché al di là della giustizia e della sorte che mi attende, voglio rendere conto delle prove che mi trovo ormai ad affrontare, sperando che tutto questo non sia vano.
Al di là del denaro, del suo debito, umanamente, che cosa gli è costato la vicenda che porta il suo nome?
Jérôme Kerviel: Mi è costato ciò che sono diventato. Sono diventato ciò che la banca ha fatto di me: prima un buon soldato, senza grande spessore, poi un colpevole un po’ schivo. Sono timido e riservato, il mio amico ed avvocato mi prende in giro dicendo che sono bretone e che i bretoni sono taciturni. Ho le carte in regola del perfetto colpevole perché parlo poco e a bassa voce. Per molto tempo questo atteggiamento è stato interpretato come disprezzo ed arroganza, ma è l’esatto contrario. Ad ogni nuova fase del processo, ho avuto paura e mi sono sentito sovrastato.
Non so cosa accadrà domani e questo mi esaurisce, letteralmente. Mi batto per ripulire il nome della mia famiglia: sono stato presentato come il responsabile della crisi finanziaria del 2008. Come ho già detto in passato, sono il mostro creato e vomitato dalla finanza. Mio padre è morto fiero della mia “carriera”, prima che scoppiassero tutti questi avvenimenti. E se da una parte rimpiango la sua assenza, dall’altra sono alleggerito dal fatto che non abbia assistito a ciò che ho patito in seguito. Mia madre si è ammalata molto gravemente quasi subito dopo lo scoppio del caso, e non sopravvivrà probabilmente alla mia carcerazione. Non voglio che muoia dicendo che ho infangato il nostro nome.
Ha ancora fiducia nella giustizia?
Jérôme Kerviel: È stato deciso che dovevo essere io il "capro espiatorio" di tutta questa vicenda. E ad oggi sono sei anni che mi batto per provare la mia innocenza. La mia ingiusta carcerazione è forse imminente. Questo dossier è diventato, mio malgrado, una questione sociale che supera l’essere umano che sono. Ma gli errori giudiziari che macchiano ogni pagina del mio dossier hanno finito per farmi perdere qualsiasi fiducia nella giustizia degli uomini.
E’ pronto oggi a riconoscere, in tutta onestà, di aver sbagliato?
Jérôme Kerviel: Mi sono sbagliato in ciò che mi sembrava e mi era stato presentato come un successo assoluto. Ho sbagliato nel partecipare a questo sistema. Devo ammettere che se non mi fossi ritrovato al centro di questa vicenda, non sono certo che avrei avuto il distacco necessario per prendere coscienza di ciò che facevo e misurare così l’impatto delle mie azioni. Ho fatto ciò che la banca mi ha insegnato a fare e non ho derubato nessuno.
Ma riconosce una responsabilità personale in questa vicenda?
Jérôme Kerviel: Ci sono due quesiti nella sua domanda. È completamente fuori discussione che il sistema finanziario, falsamente regolato, sia all’origine delle crisi successive che hanno delle pesanti ricadute sulla maggior parte delle donne e degli uomini del pianeta. Il sistema, come lo vediamo oggi, sarà la causa del suo crollo se i leader mondiali non si assumeranno la responsabilità di affrontare la questione.
Ma sono colpevole di ciò di cui sono accusato, vale a dire di avere speculato senza che il mio datore di lavoro sapesse? La risposta è fermamente no. Continuo a sostenere ciò che ho sempre detto: i miei superiori conoscevano le mie posizioni di trading giorno dopo giorno e tutto andava bene finché le mie posizioni facevano guadagnare del denaro alla banca. Del resto, per quanto ne so, non esiste da nessuna parte nel mondo degli affari un sistema finanziario che avrebbe denunciato le azioni di un trader nel momento in cui gli stava facendo guadagnare del denaro. È un sistema dominato dall’ipocrisia, un sistema al quale ho partecipato attivamente.
Pertanto, non ho mai tentato di sottrarmi alla mia parte di responsabilità personale: sì, nell’ambito del mio lavoro, ho speculato contro certe imprese provocando conseguenze sull’impiego dei loro lavoratori. Ho speculato contro le monete contribuendo a indebolirle. Sì, ho speculato, facendo così guadagnare molto denaro al mio datore di lavoro in diverse crisi finanziarie e politiche. Sono stato formato a fare questo. Sì, in poche parole, ho partecipato a ciò che la finanza ha di peggio, di più malsano e di più inconfessabile. Ciò che facevamo era presentato come una “attività normale e utile”, mentre era l’esatto contrario.
In poche parole, come descriverebbe il funzionamento della finanza speculativa?
Jérôme Kerviel: Questo sistema si nutre di catastrofi e disgrazie poiché tutto è pretesto per speculare al fine di fare denaro, senza aver in realtà realizzato nulla. Voglio dire, la speculazione non crea niente. Per farvi un esempio della perversione del sistema speculativo, basta ricordarsi che le giornate di trading più proficue per le banche sono quelle in cui accadono delle grandi catastrofi: attentati, tsunami, dichiarazioni di guerra.
Quali lezioni non abbiamo ancora imparato dalla crisi finanziaria?
Jérôme Kerviel: Non è stata intrapresa nessuna riforma di fondo, mentre i politici di tutti i Paesi non hanno mai smesso di denunciare gli effetti perversi e devastatori della finanza. Se mi permette un paragone, le derive della finanza sono trattate con la stessa disinvoltura dei cambiamenti climatici: tutti comprendono che stiamo correndo incontro alla catastrofe senza essere capaci di mobilitare l’energia sufficiente per permettere un sussulto collettivo e delle riforme radicali.
Dopo sei anni di lotte, è pronto ad affrontare la prigione?
Jérôme Kerviel: No, nessuna persona che si considera innocente di quanto è accusato, lo sarebbe. Il sistema finanziario preferirà sempre un solo colpevole ad una messa in discussione collettiva. Allora toccherà a me, ma non sono preparato ad accettarlo. Sul piano personale, la mia vita è stata sconvolta da questa vicenda ed ha causato ingiustamente del torto a miei cari, a cominciare da mia madre che affronta con coraggio la malattia. Ciò che è accaduto avrà causato anche dei torti a parecchie oneste persone che lavorano alla Société Générale e che sono sempre a contatto con i clienti. Ma devo sottolineare anche che molti di loro mi sono stati di sostegno e conforto.
Lei parla di onestà e di morale. Chi secondo lei incarna oggi questo messaggio e questi valori?
Jérôme Kerviel: Papa Francesco rappresenta per me una figura – LA figura – di grande onestà morale e rettitudine. Le sue dichiarazioni impegnate fanno eco all’educazione e ai valori che mi sono stati inculcati dai miei genitori, e da cui non mi sarei mai dovuto allontanare. Per i suoi atti e le sue azioni concrete, è evidente che il Papa pone l’umano al centro del suo discorso e della sua azione. Secondo me, la condanna da parte del Papa delle derive della finanza internazionale, la chiusura di più di 900 conti bancari presentati dalla stampa come estremamente dubbi, costituiscono un atto fondatore, di coraggio assoluto e di chiarezza lungo il cammino da intraprendere per migliorare la vita della gente.
Ciò che non comprendevo allora e che percepisco invece oggi è che le derive della finanza che danno profitto a pochissime persone, nuocciono gravemente alla vita della stragrande maggioranza. È strano per me dirle tutto questo perché confesso che la mia fede è fragile e che è stata danneggiata molto da tutta l’ingiustizia di questa vicenda e nello stesso tempo, nutro fiducia in questo uomo e nella sua determinazione. Sono per me l’immagine di un faro che mostra un leader, capace da solo di moralizzare il sistema e di ostacolare chi insopportabilmente relega l’uomo in secondo piano.
[Traduzione di Mirko Testa]