È in libreria un originalissimo libro di Don Michele Guarini, ricco di consigli ai sacerdoti per vivere pienamente da uomini e da cristiani“Un uomo di Dio predica l’amore e la dolcezza, non fa il lottatore da fiera lanciando tavoli in testa al suo prossimo”. Così il vescovo catechizzava un costernato Don Camillo, che nel corso di una discussione politica con i comunisti del suo paese si era lasciato andare, diciamo, a qualche “eccesso”. Certo, quelli del fumantino parroco della Brescello di Guareschi erano modi di fare che non così sono comuni nella maggior parte degli uomini di Chiesa, né quei tempi lì si può dire siano gli stessi che viviamo oggi. Eppure, anche il clero di questi anni duemila, in particolare i parroci di tutte le diocesi, si trova ad affrontare una quotidianità ricca di problematiche, di opportunità, ma anche di insidie nelle quali può capitare di inciampare.
La vita di tutti i giorni dell’uomo di Chiesa non è, per forza di cose, quella delle sue omelie e dei suoi alti discorsi. Lo sa bene don Michele Guarini, presbitero della diocesi di Mantova, che con una buona dose di coraggio e di ironia, se vogliamo anche di autoironia, ha deciso di raccogliere in un suo prezioso libro, Galateo per i preti e le loro comunità (Edizioni Messaggero, 2013), consigli e “norme” che possono aiutare l’uomo di Dio nelle sue piccole decisioni di tutti i giorni, sia quelle che riguardano il sacerdote e che quelle che riguardano l’uomo. Con uno stile pulito ed acuto, Guarini ricorda a tutti noi che i preti, in fondo in fondo, sono uomini come tutti, e che come tutti percorrono strade di vita quotidiana che non sono scevre da buche e pozzanghere.
Tuttavia, per il compito che essi svolgono, che non è solo spirituale ma è anche spesso quello di guida e di organizzatore pratico delle comunità diocesane, di punto di riferimento delle persone in difficoltà, i preti sono incoraggiati da Guarini ad evitare di intraprendere stili di che lo espongano a qualunque tipo di rischio. Tanto per cominciare, per forza di cose al giorno d’oggi l’uso del denaro è un fattore critico per le attività dell’uomo di Chiesa, che si ritrova a dover occuparsi delle proprie risorse personali, ma soprattutto a dover gestire spesso il denaro che membri della propria comunità gli hanno affidato attraverso le offerte: ecco che allora la trasparenza diventa un criterio essenziale, necessario per colui che non vuole perdere la fiducia dei suoi parrocchiani. Un’altra questione assai delicata che il libro tratta a fondo è il rapporto tra i sacerdoti e il mondo delle tecnologie. Sono tanti i preti in internet, e tanti pure quelli attivi sui social media. La rete, si sa, è disseminata di trappole, che non risparmiano nessuno: si è verificato addirittura il caso, racconta Guarini, di un profilo fasullo di un prete creato su Facebook, dal quale sono state spacciate opinioni e prese di posizione che non hanno certamente giovato all’immagine della cristianità.
Per questo motivo, il consiglio è quello di preferire sempre alle “facce del libro” che si trova online quelle delle persone reali, con le quali non si deve mai perdere un contatto reale ed umano. Il dialogo con la comunità non deve mai venire meno, ed è per questo che non è consigliabile, soprattutto per un parroco che ha tante persone che bussano alla propria porta, né passare troppe ore davanti allo schermo. In qualsiasi galateo degno di questo nome, poi, non possono mancare norme di buon comportamento riguardo all’organizzazione della propria casa, alla cura del proprio vestire e del proprio tempo libero, ma soprattutto non possono mancare norme su come comportarsi a tavola, che coinvolgono un altro punto che per Guarini è problematico, quello cioè, del rapporto con il cibo. Con un senso di autocritica non comune, l’autore segnala che in troppi, nelle parrocchie, nei conventi e nei monasteri, denunciano problemi di salute dovuti agli eccessi da alimentazione. I preti che non hanno un rapporto corretto con cibo hanno dimenticato non solo il valore spirituale del digiuno, ma anche che una sana nutrizione è il punto di partenza per una sana relazione con il Creato e con l’altro.
Ed è per questo che non bisogna mai dimenticare che il rapporto con la tavola coinvolge per l’uomo di Chiesa quello con la mensa di Dio, su quell’altare sul quale egli è chiamato simbolicamente a spezzare il Pane e a ricordare le parole di Gesù. Un galateo potrebbe chiudersi qui; invece, nelle sue pagine finali, Guarini decide di affrontare un altro tema complesso, perché complesso è il ruolo del sacerdote in questi tempi di incessante ridefinizione della nostra società. Come deve porsi costui davanti ai suoi confratelli, e soprattutto, come deve porsi nei riguardi della gerarchia? Ha ancora senso la gerarchia, in tempi di relativismo anche sociale? Il libro, pur non abbandonando il suo tono seriosamente leggero, ricorda che la Chiesa non può fare a meno di essere gerarchica, che non può definirsi una democrazia ma che per questo non deve essere vista con sospetto. Il parroco deve rispondere al proprio vescovo, come perfino Don Camillo fa nel seguito della scena che abbiamo raccontato, e che nei confronti dei fedeli il giudizio dell’essere uomini e cristiani passa attraverso aspetti quotidiani, che danno e daranno sempre la misura delle qualità dell’uomo che si ha di fronte.
Il Galateo per i preti e per le loro comunità ci ricorda che aver scelto Dio non vuol dire aver rinunciato alla propria umanità, fatta di giornate si e giornate no, di risposte a provocazioni e di sfoghi; piuttosto, significa averla arricchita. Ancora più semplicemente, aver scelto Dio vuol dire ritrovare in ogni gesto la grandezza di quello che troppo spesso consideriamo essere l’irrilevante del vivere quotidiano.