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Il furto della reliquia di Giovanni Paolo II e la profanazione dei nostri sentimenti

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La Perfetta Letizia - pubblicato il 29/01/14
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In un luogo in cui tutto ci parla di Karol Woktyla, questo furto appare come un fatto che coinvolge tutti noidi Elisabetta Lo Iacono

Questo grazioso luogo, adagiato ai piedi del Gran Sasso è stato per innumerevoli volte la meta delle uscite segrete di Giovanni Paolo II, desideroso di dilatare gli spazi angusti del Vaticano verso orizzonti ben più ampi, come può essere questo imponente gruppo montuoso. La montagna abruzzese era la meta dello sportivo Karol Wojtyla, della sua passione per lo sci, per le passeggiate e in particolare per il silenzio, quello che permette la contemplazione del creato e la preghiera. Un posto ideale per il papa polacco che, scoprendo questa piccola chiesetta in pietra, vi aveva trovato il naturale luogo per pregare, in un contesto semplice e informale. 

Solo nel 1995 uscì la notizia di queste visite e, d'altra parte, non bisogna certo stupirsi del fatto che tutto fosse avvenuto sino a quel momento in incognito: il borgo è in una zona isolata, con appena una manciata di case che favoriscono massima tranquillità e riserbo. Lo stesso che ha permesso a ignoti di sottrarre, probabilmente nella notte tra venerdì e sabato, una reliquia dell'ormai prossimo santo Giovanni Paolo II, consistente in una piccola garza con del sangue. Un dono prezioso che il cardinale Stanislao Dziwisz, segretario di Giovanni Paolo II e oggi arcivescovo di Cracovia, aveva donato al santuario, meta di moltissimi pellegrini che riescono a ritrovare in questo luogo una sorta di simbiosi con Giovanni Paolo II, non solo per le opere d'arte o i sentieri che portano il suo nome ma, soprattutto, per quelle emozioni e sensazioni che non passano dal raziocinio ma dal cuore. 

 

San Pietro della Ienca, infatti, è un luogo del cuore e dello spirito tanto che ferisce ancor più questo gesto, al momento non facilmente inquadrabile. Gli inquirenti si sono messi immediatamente al lavoro su quelle che potrebbero essere le piste più accreditate: quella satanica e il mercato delle reliquie. La prima, e più inquietante, è dettata dalla prossimità di ricorrenze del calendario satanico che potrebbero aver spinto al furto di oggetti emblematici per la profanazione. Assieme al sangue di Giovanni Paolo II, infatti, è stato sottratto dalla chiesa pure un crocifisso. 

L'altra ipotesi, per la quale sarebbe ipotizzabile un furto su commissione, fa pensare al florido mercato di reliquie attorno al quale si alimentano le attenzioni di quei collezionisti che aspirano a possedere qualche resto biologico dei santi. A questo proposito, non bisogna dimenticare che il prossimo 27 aprile ci sarà la canonizzazione di Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII e il fatto che il beato Wojtyla stia per diventare santo, potrebbe smuovere i peggiori appetiti, con un evidente incremento del valore di mercato di quel sangue. Certo, parlare di valore economico di una reliquia è di per sé un non senso, se non qualcosa di peggio, ma è anche vero che ci sono appassionati del genere che darebbero chissà cosa per possedere qualche oggetto strettamente connesso a un santo così amato. 

È evidente che tutto ciò è assai lontano dal senso evangelico ma non c'è poi tanto da stupirsi se pensiamo all'atteggiamento di quei mafiosi che pianificano le stragi contornati da altarini, con il rosario tra le mani e leggendo la Bibbia. Di sicuro questo atto, a metà tra il furto e il sacrilegio, indigna e preoccupa, tanto da aver suscitato una catena ininterrotta di commenti, di messaggi di solidarietà, di preghiere perché tutto si concluda presto e bene. 

 

In questo momento così difficile, il pensiero non può che andare a quel luogo straordinario e a chi, negli anni, ha fatto sì che quella chiesetta facesse sentire la presenza di Giovanni Paolo II sempre viva e rassicurante alimentandone così la sana devozione, come Pasquale Corriere fondatore dell'Associazione culturale "San Pietro della Ienca", instancabile ed entusiasta sostenitore della memoria di Karol Wojtyla tra le montagne dell'Abruzzo. 

Impossibile, dinanzi a questo fattaccio, non ripensare a quel luogo calato nella pace della natura, alla festa per l'erezione a santuario il 18 maggio del 2011, nel giorno del compleanno del papa polacco, a come tutto in quel luogo sembrava improntato alla naturalezza, persino quel nido che le rondini avevano creato all'interno della chiesa e dal quale garrivano come a salutare quell'evento. Impossibile non pensare a quella neve che ha ammantato la chiesetta negli ultimi giorni, profanata dai passi di chissà chi, diretti verso un gesto folle e pronti a fuggire con un bottino che li ricopre di vergogna. Impossibile non pensare alle parole di Giovanni Paolo II proferite, nel 1993 in Sicilia, quella volta contro i mafiosi ma che potrebbero valere anche adesso: "convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio". Parole che, se oggi scivoleranno senza lasciare segno sui responsabili di quel gesto, continuano a infondere nei credenti il coraggio di un uomo che ha insegnato a tutti cosa siano la forza e la fede, soprattutto nei momenti di difficoltà.

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