La maternità è un bene oggettivo per la donna e per la società. Lo dicono le ricerche, ma i politici non ascoltanoLe ricerche sono categoriche e persistenti nel tempo: l'80% delle donne che hanno un solo figlio vorrebbe averne avuti altri. La maternità è un bene oggettivo per la donna e per un Paese, ma l'agenda politica e mediatica ha relegato questa priorità nell'oblio e sa solo concentrarsi sull'alternativa negativa, l'aborto.
Una percentuale così alta di donne che vorrebbe aver avuto più figli ha senso innanzitutto perché la maternità non è un peso, anche se come ogni esperienza umana intensa ha momenti difficili, ma la realizzazione della donna a livello fisico e psichico. I fratelli, inoltre, aiutano a celebrare la paternità e la maternità, favoriscono un miglior apprendimento alla socializzazione e in casi estremi sono la consolazione delle madri.
È logico che la maternità comporti una grande ricompensa per la donna: dal punto di vista del cuore perché è l'amore più grande che si può provare, e se l'amore è il culmine dell'essere umano allora la madre rappresenta la sua massima realizzazione. Non si tratta, però, solo del cuore. In un'epoca come la nostra, in cui la scienza è così protagonista, ogni concezione evolutiva deve assumere che la questione decisiva per una specie che si riproduce sessualmente si basa sulla capacità di fare figli e quindi deve comportare grandi benefici, perché in caso contrario questa pratica sarebbe istintivamente scoraggiata e la specie finirebbe per scomparire. La donna raggiunge la propria pienezza biologica dopo la maternità, che la rende più forte, più resistente. È a tal punto così che la Repubblica Democratica Tedesca – come tutti i Paesi comunisti – ha visto nello sport una grande possibilità per competere con l'Occidente e brillare nel mondo. La RDT si era specializzata soprattutto nella competizione femminile, e i suoi successi sono stati enormi. Dietro c'era una storia di doping forzato e brutale, ma anche una condizione meno conosciuta. Ogni atleta che potesse aspirare all'élite passava per la maternità, doveva avere un figlio. Era una visione strumentale da parte dello Stato, che andava all'altro estremo per i propri propositi, ma serve per illustrare la relazione oggettiva tra maternità ed esplosione biologica della donna, evidente al punto da essere utilizzata come strumento statale. Altri indicatori lo constatano, come la speranza di vita, soprattutto a partire dal secondo figlio, e lo stato di salute in età avanzata.
Tutto questo, dal desiderio di maternità ai suoi benefici, è evidente e risaputo, e si lega a sua volta al beneficio o alla necessità, come si vuol dire, di migliorare il nostro tasso di natalità per ragioni economiche e sociali.
La grande contraddizione avviene quando malgrado tutti questi aspetti positivi le misure per favorire la maternità, per far sì che il numero di figli si avvicini a quello desiderato, sono fuori dall'agenda politica e mediatica, e tutto ruota intorno a quel crudele insuccesso che è l'aborto. È una dimostrazione di come le leadership, le élites di ogni tipo, siano incapaci di indicare la giusta direzione. Perché la questione è come favorire il fatto di essere madre, e il dibattito sull'aborto dovrebbe collocarsi in questo contesto e come tema secondario, ma non è così. Questa è l'unica preoccupazione e occupazione di troppi, e la maternità è relegata al capitolo del superfluo. Un errore così esagerato, se non vi si pone rimedio, porta solo alla catastrofe della nostra società. I sostenitori dell'aborto la definiscono “ideologia religiosa”. Sono proprio fuori strada.