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La gente non si suicida per problemi economici. Alla base c’è di più

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Aleteia Team - pubblicato il 23/01/14
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Analisi dell’Associazione di Ricerca, Prevenzione e Intervento sul SuicidioLa rivista Humanizar ha intervistato Javier Jiménez, dell'Associazione di Ricerca, Prevenzione e Intervento sul Suicidio (REDAIPIS), che spiega come l'associazione sia nata per “trattare in modo specifico la grave problematica della condotta suicida” e mostra come la relazione tra problemi economici e suicidio influisca solo nel 2% dei casi, ma comunque “è un tema che allarma molto e viene utilizzato come arma”.

Perché è nata la REDAIPIS?

Come punto di riferimento a livello nazionale e internazionale in Paesi ispanofoni, constatando che almeno in Spagna nel 2008 non c'era alcuna associazione che trattasse in modo specifico la grave problematica della condotta suicida (una media di 3.500 suicidi all'anno nel Paese e questo come minimo, ovvero tutti quelli che vengono conteggiati sono con totale sicurezza suicidi, ma ci sono molte altre morti che non vengono conteggiate pur essendolo).

Che opera svolge attualmente?

Assistiamo professionisti, soprattutto del mondo sanitario e assistenziale, ma anche pompieri, poliziotti, persone che lavorano nei mezzi di comunicazione… Assistiamo i sopravvissuti e abbiamo anche organizzato la Giornata Internazionale del Sopravvissuto, dal titolo “Rompiamo il Silenzio”, in collaborazione con la fondazione MAPFRE. Scriviamo poi articoli, guide, libri sui tre elementi della condotta suicida: le persone con idee suicide o che hanno provato a suicidarsi, i professionisti e i familiari coinvolti dopo il tentativo e infine, di fronte a un suicidio consumato, l'intervento dei sopravvissuti (i familiari e gli amici della persona che si è suicidata, inclusi gli psicologi o i terapeuti che l'hanno assistita), che a volte soffrono le conseguenze di un caso con queste caratteristiche a livello personale e professionale.

Assistiamo anche istituzioni e centri educativi per sviluppare programmi di prevenzione, e impartiamo corsi di formazione per psicologi. Senza dimenticare che abbiamo contattato i deputati, che dovranno elaborare la prima Legge di Prevenzione delle Condotte Suicide, per offrire loro la nostra consulenza, anche se finora non abbiamo ricevuto risposta.

Come studiate questa problematica?

Partecipando a simposi e incontri di psichiatria nazionali e internazionali; essendo in contatto con altri professionisti esperti del tema, come Pérez Barrero, un esperto di suicidi; acquisendo in Spagna o all'estero tutto ciò che sappiamo che viene pubblicato; estraendo e compiendo un'analisi di dati statistici; ultimamente stiamo portando avanti uno studio sul dolore nei sopravvissuti (emozioni, pensieri, comportamenti…). Attualmente non disponiamo di un'infrastruttura solida con le risorse umane e tecniche sufficienti per poter svolgere tutti i compiti ancora pendenti. La nostra associazione si sostiene grazie alla disponibilità e alla buona volontà dei professionisti che la compongono e delle persone che ci conoscono e diventano socie.

In che modo assistete i familiari, gli amici e i gruppi sociali coinvolti?

Stando loro vicino, per telefono o attraverso un'assistenza personalizzata, ed elaborando materiale informativo. La “Guida per familiari. Individuazione e prevenzione della condotta suicida”, alla quale partecipiamo, è un esempio, e se ne sta per pubblicare un'altra. Celebriamo anche atti o eventi commemorativi, partecipiamo a documentari o a programmi radiofonici o televisivi, organizziamo conferenze in associazioni e istituzioni in cui veniamo richiesti… Soprattutto, però, operiamo con la nostra pagina web, aperta a tutti; non ce ne sono di simili in Spagna. Esiste un indirizzo di posta elettronica al quale chiunque può inviare un messaggio, e o via e-mail o via telefonica ci mettiamo in contatto e forniamo un primo aiuto. Vorremmo fare di più. Non ci mancano professionisti validi formati e disponibili, ma al momento mancano le risorse.

Facciamo una radiografia dell'attualità. Constatate una relazione reale tra sfratti e suicidi? E come conseguenza della crisi economica?

Diciamo sempre, e lo riconoscono tutti gli esperti, che il suicidio ha molte cause, e quindi una persona che è arrivata a perdere la casa può aver accumulato una serie di circostanze fondamentali che l'hanno portata a questo estremo e delle quali non si dà notizia (disoccupazione, crisi familiari, tratti della personalità, mancanza di sostegno). In alcuni casi può esserci un rapporto causale tra problemi economici e suicidio, ma sono pochi, circa il 2%. Quasi sempre influiscono altri fattori. Ad ogni modo, è un tema che allarma molto e viene utilizzato come arma.

Come vivono le persone che hanno tentato di suicidarsi una volta passata la crisi? Che nuovo senso assume la vita per loro?

Alcuni ci riprovano… Quelli che superano la crisi ci ricontattano di rado; quando li chiamiamo per continuare a seguirli, ci ringraziano per aver fatto loro cercare un professionista che li aiuti. A volte l'esperienza traumatica di aver cercato di suicidarsi è un freno per condotte suicide successive, e per questo dicono che, da quel momento, “amano la vita” al di sopra di tutto.

Pubblicato dalla rivista Humanizar

Traduzione dall'originale a cura di Aleteia

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