Alcuni collegano le scoperte scientifiche al concetto di Dio, ma in realtà sono conseguenze della sua esistenza, non la sua esistenza in sédi Juan Francisco Jiménez Jacinto
La NASA ha scoperto di recente, grazie al suo telescopio spaziale NuSTAR, quella che è stata definita la “mano di Dio”. L'immagine si presta sicuramente ad elaborazioni fantasiose: delle dita verdi toccano una nuvola rossastra situata a circa 17.000 anni-luce dalla Terra.
Parlando a livello scientifico, la mano sarebbe il prodotto dell'esplosione di una stella in una supernova e della successiva espulsione di un'enorme nube di materia cosmica, visibile nell'area azzurra dell'immagine, come ha spiegato l'agenzia spaziale americana, citata dal sito Space.
È interessante osservare come le scoperte scientifiche finiscano per diventare tentativi di avvicinarsi al concetto di Dio e della sua esistenza, anche se nella definizione popolare diffusa dai media. Nel 2012, ad esempio, la scoperta scientifica dell'esistenza del bosone di Higgs è apparsa nei media come “la particella di Dio”. Questa scoperta confermava la teoria proposta da un gruppo di scienziati guidati da Peter Higgs nel 1964.
La domanda che sorge è perché la scienza ha tanto interesse a trovare Dio nella creazione. La realtà è che queste scoperte, nella prospettiva cattolica, non sono Dio, ma la conseguenza dell'esistenza del Dio creatore.
Quando è stato scoperto il bosone di Higgs, il sacerdote gesuita Guy Consolmagno, astronomo e portavoce dell'Osservatorio Vaticano, ha dovuto chiarire che, pur non avendo relazione diretta con la teologia o la rivelazione, la scoperta scientifica chiamata da alcuni “particella di Dio” è un passo importante.
Il sacerdote ha spiegato che la scoperta, malgrado il suo nome, “non ha nulla a che vedere con la teologia o con Dio”, in nessun senso diretto. “La definizione 'particella di Dio’ è stato dato da Leon Lederman come scherzo”, ha ricordato l'astronomo del Vaticano. “Era fondamentalmente un titolo provocatorio per un libro che stava scrivendo sulla fisica delle particelle”.
P. Consolmagno ha commentato che Lederman “ha detto che se ci fosse una particella che potesse spiegare tutte le piccole cose che vorremmo spiegare, sarebbe un dono di Dio. È una metafora e non ha nulla a che vedere con la teologia”.
Secondo la NASA, “la ‘mano di Dio’ è una nebulosa che si trova a 17.000 anni-luce di distanza dalla Terra”. Si pensa che l'illuminazione captata dai raggi X sia il risultato dell'interazione del materiale espulso dopo l'esplosione della stella con i campi magnetici vicini.
Nel frattempo, gli scienziati della NASA non sono certi del fatto che il materiale espulso di fatto abbia la forma di una mano o se la sua interazione con le particelle di una nebulosa di vento faccia sì che si veda in questo modo.
I ricercatori sperano che la “mano di Dio” aiuti a fornire molti altri dettagli sul fenomeno dei buchi neri e sul modo in cui “crescono e interagiscono le galassie”.