Il Papa ormai ce l’abbiamo. Ma per dei cronisti che raccontino un concistoro con uno sguardo non romano-centrico aspetteremo ancora tanto?Di concistori ne ho seguiti ormai parecchi. Ma se c'è una cosa che mi manda puntualmente in bestia è la tabellina per continenti sui cardinali. Intendiamoci: è necessario anche quella, certo. Ma non è che almeno una volta ogni due o tre anni – la frequenza media di un concistoro – come giornalisti che seguono le cose di Chiesa potremmo provare a spingerci un passo più in là?
Personalmente considero la suddivisione del collegio cardinalizio per continenti quanto di più romano-centrico esista. È come mettersi a giocare a Risiko dalla Seconda Loggia; salvo poi accorgersi a ogni conclave che quei numeri non contano proprio nulla. Ne ho avuto la prova anche in occasione di quest'ultimo concistoro; sì, proprio quello di Papa Francesco e della «rivincita» delle Chiese del Sud del mondo. Certo, lo abbiamo scritto tutti sui nostri giornali che grazie a questa nuova tornata di cardinali nel Sacro Collegio è aumentato il peso dell'America Latina, dell'Africa e dell'Asia. Ma che cosa abbiamo raccontato poi sul serio ai nostri lettori in queste ore di queste Chiese emergenti? Che cosa sanno in più rispetto a ieri sui cattolici di Haiti o su quelli del Burkina Faso?
Certo il Vaticano potrebbe fare molto di più per far conoscere in tempo reale i profili dei nuovi cardinali e delle loro Chiese locali, come fa un qualsiasi ente in occasione di nomine importanti (a proposito: che ne pensano i consulenti per la comunicazione?). Però in fondo siamo pur sempre giornalisti; e dovremmo aver imparato che un semplice motore di ricerca su internet può fare miracoli. A condizione di essere sul serio curiosi di sapere chi sono i nuovi cardinali meno noti o provenienti da Paesi più lontani.
Ecco: credo che se recuperassimo questa curiosità impareremmo a fare meglio il nostro mestiere. E forse – anziché limitarci ad «analizzarne» ogni mossa – daremmo anche noi il nostro piccolo contributo a un modo diverso di pensare la Chiesa. A quel «guardare più lontano e amare più universalmente» che Francesco nella sua lettera diffusa ieri ha chiesto ai nuovi porporati. Perché un nuovo cardinale non è solo uno tra quelli che potrebbero diventare Papa. È – soprattutto – un volto significativo di una Chiesa in cammino sulle strade del mondo. E può riservare anche parecchie sorprese.
Lo dico dall'alto della mia ormai pluriennale specializzazione in «cardinale esotico»: sì, solitamente io sono uno di quelli che preparano le schede degli arcivescovi meno noti. Ma vi assicuro che molto spesso capita di fare scoperte decisamente interessanti. Per esempio questa volta ho imparato che in Burkina Faso c'è una Conferenza episcopale che quest'estate ha tuonato contro il presidente perché – per garantirsi una riforma costituzionale che gli permettesse un altro mandato – ha istituito nel Paese il Senato. E nonostante avesse pensato bene di assegnare anche alla Chiesa cattolica alcuni seggi, i vescovi non gliele hanno mandate a dire. «In un contesto di grande povertà e bisogni essenziali non coperti quali salute, educazione, lavoro, casa, cibo, che valore aggiunto fornisce il Senato?», hanno scritto in una lettera pastorale. Mica male, eh? Altro che dibattiti sull'«urgenza delle riforme»…
Sempre in questo concistoro, poi, diventerà cardinale un presule che ha rischiato di venire accoltellato alla giugulare ed è stato salvato dal colletto della sua veste sacerdotale. Chi è? Che ne dite, lo troviamo almeno un vaticanista che si incuriosisce e va a cercarselo?
articolo tratto da: http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=1561