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In Cina le donne ancora costrette ad abortire

Wu Yongyuan (der) muestra las medicinas que debe tomar su esposa Gong Qifeng (izq) para controlar su esquizofrenia. La pareja aduce que el trastorno mental de la mujer fue consecuencia del aborto que las autoridades de su pueblo le indujeron por la fuerza en cumplimiento de políticas que limitan la cantidad de hijos que puede tener una pareja en China. La foto fue tomada el 4 de enero en la habitación que alguiló la pareja en Beijing, adonde fue a reclamar una compensación. (AP Photo/Alexander F. Yuan)

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Associated Press - pubblicato il 13/01/14
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Anche se il Paese ha annunciato a novembre un allentamento della politica del figlio unico, il vecchio sistema resta in piedi
Quando è lucida, Gong Quifeng ricorda come ha implorato misericordia. Varie persone le hanno legato la testa, le braccia, le ginocchia e le gambe al letto di un ospedale, poi le hanno fatto un’iniezione nello stomaco che induce il parto. Era incinta di sette mesi di quello che sarebbe stato il suo secondo figlio maschio. La medicina ha fatto sì che il figlio nascesse morto dopo 35 ore di dolori indicibili.

I funzionari della provincia meridionale dello Hunan l’hanno costretta ad abortire in virtù di una politica destinata a limitare l’aumento della popolazione. “È stato il momento più doloroso della mia vita, il dolore è stato più forte di quando ho partorito. È una cosa che non si può descrivere”, ha dichiarato Gong, che ha 25 anni, in un’intervista recente a Pechino. “E diventa un disturbo psicologico. Mi sento un cadavere che cammina”. Dopo l’aborto, avvenuto due anni fa, a Gong è stata diagnosticata la schizofrenia. La donna si è recata nella capitale con il marito per chiedere che le coprissero i costi della cura, ma ha finito per essere arrestata in pigiama dalla polizia, in un episodio filmato dall’Associated Press.

Gli aborti forzati sono ritenuti una forma accettabile per controllare la crescita della popolazione, ma sono proibiti se la donna è incinta da più di cinque mesi. Nessuno, però, è stato incolpato per l’aborto di Gong a sette mesi, e altre donne che hanno subito esperienze simili hanno problemi a vedersi fatta giustizia e a ricevere un indennizzo. Gli osservatori affermano che sembra che gli aborti forzati stiano diminuendo, ma ci sono rapporti che indicano come continuino ad essere praticati. Anche se la Cina ha annunciato a novembre un allentamento della politica del figlio unico per coppia e ha detto che sarebbe stato permesso un secondo figlio, la struttura creata per garantire il rispetto della vecchia norma fissando limiti alla quantità di abitanti che può avere una regione resta in vigore. La nuova politica, dall’altro lato, non coinvolgeva Gong, perché permette a una coppia di avere un secondo figlio solo se sia il padre che la madre non hanno fratelli. “Il sistema non è affatto cambiato”, ha dichiarato Liang Zhongtang, demografo dell’Accademia delle Scienze Sociali di Shanghai. “Continua ad essere proibito avere più figli di quelli permessi dal Governo, e risulta inevitabile forzare aborti se una donna vuole avere figli che non sono permessi dal Governo”.

Il Governo centrale condanna gli abusi da parte delle autorità locali, ma allo stesso tempo chiede loro di applicare le politiche di pianificazione familiare. “I problemi sorgono quando gli incaricati di verificare l’applicazione della politica sono inflessibili. Senza appellarsi a metodi brutali non riescono a farlo”, ha dichiarato Liang. Il Governo centrale ha fissato dei limiti alla dimensione delle famiglie verso il 1980. La maggior parte delle coppie che vivevano in zone urbane poteva avere un solo figlio, e quelle rurali due se il primo era una femmina. Le sterilizzazioni e gli aborti forzati hanno proliferato. L’ira contro gli aborti quando la gravidanza è in stato avanzato ha raggiunto il suo punto massimo nel giugno 2012, quando la famiglia di Feng Jianmei, della provincia di Shaanxi, nel nord-est, ha rivelato su Internet che l’avevano costretta ad abortire al settimo mese di gravidanza.

Ci sono state condanne generalizzate, diffusione della notizia a livello internazionale e un alto funzionario si è visto costretto a dire che il Governo era contrario a quegli eccessi. Vari funzionari del villaggio di Feng sono stati licenziati o sanzionati, e il Governo locale ha pagato alla sua famiglia più di 70.000 yuan (circa 11.000 dollari). Nessuno, ad ogni modo, è stato processato, e il pagamento è stato descritto come una forma di assistenza, non come un compenso.

Un’artista di Pechino, Wang Peng, è riuscita a ottenere quelli che a suo avviso sono i feti di quattro aborti di gravidanze in stato avanzato avvenuti nella capitale nel 2013 e li ha usati in una mostra. Quest’ultima non è aperta al pubblico, e Wang non ha rivelato dove si svolga. Dice che è stata visitata da circa 100 persone invitate appositamente. Gli aborti forzati, ha dichiarato, “violano diritti che la donna ha per nascita, che le sono stati dati dalla natura. Non si rispetta la vita”. Non ci sono stime affidabili relative agli aborti forzati. Le vittime possono essere messe a tacere dalle autorità mediante minacce o denaro, e molte non sanno che queste azioni sono proibite. “Non diranno nulla a meno che non possano sopportare il dolore e debbano cercare assistenza”, ha spiegato Yang Zhizhu, docente di Pechino e difensore dei diritti di nascita.

Il marito di Gong, Wu Yongyuan, ha detto di non essersi preoccupato troppo quando ha saputo che sua moglie era rimasta incinta per la seconda volta. Alcune famiglie del suo villaggio hanno due o perfino tre figli. Quanto le autorità locali per la pianificazione familiare lo hanno saputo, però, l’hanno portata via. Wu ha dichiarato che da quando ha subito l’aborto sua moglie non è stata più la stessa. Piangeva per qualsiasi cosa, litigava con lui, picchiava lui e il figlio e non voleva avere contatti con nessuno. Nel maggio 2013, 18 mesi dopo l’aborto, le è stata diagnosticata la schizofrenia. Convinto che la causa del disturbo sia stato l’aborto, Wu ha chiesto un indennizzo alle autorità per pagare le cure per sua moglie, ma i funzionari della pianificazione familiare del suo villaggio, Lianyuan, hanno detto che non c’è modo di verificare che il problema sia una conseguenza dell’aborto e che può dipendere da altri fattori psicologici.

Il mese scorso Wu e sua moglie si sono recati a Pechino per presentare le proprie richieste a istanze superiori. Lunedì scorso Wu e Gong, in pigiama, sono stati cacciati dal proprietario della modesta stanza che avevano affittato dopo che era apparso un giornalista. Poco dopo è arrivata la polizia, che si è portata via la coppia. Un’ora dopo, Wu ha inviato un messaggio a un giornalista. “Probabilmente ci rimandano a casa”, ha scritto. “Il capo del partito del nostro villaggio ci ha chiamati e ci ha chiesto di ritornare per negoziare”. I produttori di AP Aritz Parra e Isolda Morrilo hanno collaborato a questo resoconto a Pechino.

[Traduzione a cura di Aleteia]

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