L’ultimo libro dello scrittore palermitano Giosuè Calaciura presentato al Centro Astalli per i rifugiati di RomaI suoi personaggi sono Henriette che balla negli slum di Kampala e Fiona che in Sicilia si guadagna lo “sgobbo” che in dialetto palermitano significa il lavoro, la fatica ma anche la paga delle prostitute, l'immigrato Kaled e Angelino, una umanità dolente e a noi molto vicina, le cui vite tragiche ci sfiorano ma non riusciamo a vedere veramente. Così in “Bambini e altri animali” (Sellerio), presentato al Centro Astalli per i rifugiati di Roma, Giosuè Calaciura, classe 1960, giornalista, autore di radiogrammi per la Rai, di racconti e dei romanzi Malacarne (1998), Sgobbo (2002), vincitore del Premio Selezione Campiello e La figlia perduta. La favola dello slum (2005, in colaborazione con Amref), torna a raccontare le storie di chi non trova patria nel pianeta della “globalizzazione dell'indifferenza” e resta escluso oggi come ieri.
I suoi racconti parlano spesso di immigrati: trae la sua ispirazione dal presente?
Calaciura: I miei racconti parlano d'immigrazione ma non esclusivamente. L'ispirazione nasce dal presente ma anche dal passato a me più prossimo, quello del secolo scorso. La matrice comune è l'ingiustizia legata all'esclusione sociale, economica, politica. C'è un nocciolo duro della condizione umana che non ha tempo, un passato che non passa, da sempre legato all'ingiustizia. L'arretratezza e la marginalità caratterizzano questo non trascorrere del tempo.
Per questo ha scelto il Centro Astalli del Servizio dei gesuiti per i rifugiati come luogo per la presentazione del suo libro?
Calaciura: Ho scelto il Centro Astalli non solo perché ci sono posti e persone che appartengono alla stessa latitudine dei miei racconti, ma anche perché l'indignazione per l'ingiustizia al Centro Astalli non è quella istituzionale o mediatica, ma concreta. Potrei definirla una “operosa indignazione”, mentre oggi nella filiera tradizionale delle librerie dove avvengono le presentazioni si forma in genere più il consenso che il dissenso.
La realtà dell'immigrazione è oggi avvertita in genere come problema e qualche volta come risorsa: crede che possa arricchire anche la produzione letteraria del nostro Paese?
Calaciura: Mi stupisce come pochi autori in Italia abbiano attraversato il tema delle migrazioni non solo come scelta morale ma letteraria, considerato che si tratta di un tema dai contenuti fortemente drammatici. Ho fatto una ricerca in occasione della raccolta di racconti “Il sogno e l'approdo. Racconti di stranieri in Sicilia” ma c'è pochissimo e mi sono ritrovato quasi in “splendida solitudine” a raccontare del viaggio dei migranti verso il nostro Paese. E invece cosa c'è di più letterario e di mitico dell'attraversamento di questo braccio di mare del Mediterraneo? Ci sono tutti gli elementi per una narrazione importante ma questa di solito interpreta il comune sentire e i migranti oggi sono comunemente avvertiti come problema ed elemento di disturbo. Un sentire comune accompagnato dalle istituzioni essendo il nostro un Paese che è riuscito ad inventarsi una legge razziale perché tale è la Bossi-Fini indirizzata com'è ad un preciso gruppo di persone caratterizzato da pelle nera e provenienza da Paesi subtropicali. L'indignazione e la rabbia sono potenti canali narrativi ma questo tema non suscita ancora abbastanza indignazione, proprio come la condizione infantile e quella degli animali.