Nella “casa” di S. Filippo Neri, a Roma, si svolgono da sei anni incontri di catechesi per giovani e adulti aperti al dialogo con i più lontani
Un metodo semplice – mezz’ora di introduzione e un’ora di risposte in due fasi a domande scritte estratte a caso tra quelle presentate dai partecipanti – ma con radici che attingono alla predicazione di S. Filippo Neri: sono questi gli ingredienti de “I 5 passi al Mistero”, una catechesi per giovani e adulti che si svolge ormai da sei anni presso la parrocchia S. Maria in Vallicella – Chiesa Nuova di Roma con grande affluenza di partecipanti. Le ragioni di un tale “successo” le spiega ad Aleteia padre Maurizio Botta, dell’Oratorio di S. Filippo Neri, ideatore dell’iniziativa.
Qual è lo spirito di questa iniziativa?
Botta: Lo spirito è volutamente quello di mettersi in dialogo con le persone che si sentono più lontane dalla Chiesa offrendo loro una spiegazione pacata di quelle che sono le ragioni della fede su vari argomenti. Sono i giovani dell’Oratorio a segnalare i temi di frontiera, quelli più “caldi” e che magari tengono più lontane le persone. In questi anni abbiamo parlato del problema di credere in Dio ma non nella Chiesa, della Chiesa e la sessualità, della fede nel momento del dolore, del male, dei miracoli, dell’aldilà, ma anche del rapporto uomo-donna, del matrimonio, dell’ansia di perfezionismo nella propria vita, della confessione. Il metodo è sempre lo stesso: io introduco per un tempo di mezz’ora esatta -misurata con la clessidra ! – e poi rispondo a delle domande scritte presentate in forma anonima ed estratte a caso, per evitare gli eccessivi protagonismi e incoraggiare i timidi. Qui si entra davvero in gioco perché non si sa mai cosa viene fuori: domande costruttive o molto polemiche, qualche volta anche difficili da capire…
Il prossimo ciclo dei 5 passi al Mistero – ogni anno se ne svolgono 5 -, inizierà il 17 gennaio sul tema: “Chiesa femminile singolare. Le donne: gloria e vanto del popolo di Dio”: perché questa scelta?
Botta: Una delle tante critiche mosse alla Chiesa è proprio quella della subordinazione femminile ed è un tema di stretta attualità non solo perché si discute molto del ruolo della donna nella Chiesa – e Papa Francesco lo ha ripreso come già Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – ma anche nella società è sempre più presente in questa forma tragica del femminicidio. Nella locandina dell’incontro abbiamo utilizzato l’immagine del celebre Quarto Stato di Pellizza da Volpedo mettendo a capo del popolo che avanza le donne, per prima Maria che, come ha detto Papa Francesco è più importante degli apostoli e accanto a lei S. Chiara e S. Caterina, mentre dietro si intravedono le beate Gianna Beretta Molla e Chiara Luce Badano, santa Giovanna d’Arco. Una immagine di santità femminile a 360 gradi che lascia però aperta la domanda del posto della donna nella Chiesa.
Le catechesi affrontano temi di attualità ma attingono anche alla tradizione di S. Filippo Neri: è così?
Botta: Agli inizi del XVII secolo, i discepoli di San Filippo Neri si confrontavano con la società e con la cultura dell’epoca, mostrando la validità della prospettiva della fede a coloro che erano aperti a comprenderla, in un’epoca nella quale già si manifestavano gli albori dell’età moderna. E’ lo stesso atteggiamento che caratterizza i nostri incontri basati sul dialogo e sulla possibilità di porre qualsiasi domanda tesa a capire meglio il pensiero della Chiesa. L’elemento dell’improvvisazione, del non preparare tutto, si ritrova anche nei sermoni di S. Filippo e nasce dall’atteggiamento spirituale di fidarsi della parola di Gesù: quando vi trascineranno nei tribunali – e questo tipo di incontri aperti un po’ lo sono – non preparate prima la vostra difesa perché sarà lo Spirito a suggerirvi cosa dire. S. Filippo insegna a fidarsi di Gesù come un amico e un faro che illumina il cammino, senza paura di andare “disarmati” a spiegare le proprie ragioni.
Perché tante persone partecipano agli incontri?
Botta: C’è una grande sete di confronto. Non è facile trovare spazi costituiti da un terzo di catechesi e due terzi di domande né persone disposte a mettersi in gioco senza sapere su cosa si verrà chiamati a rispondere. Devo molta gratitudine a Benedetto XVI e alla sua disponibilità a rispondere a tutte le domande, anche in contesti non facili come la Francia o l’Inghilterra, facendo della ragione lo strumento di dialogo che accomuna chi crede e chi non crede. Ha dimostrato che la fede non umilia mai la ragione e rendere ragione della speranza che è in noi, come insegna la Parola, è l’unico mezzo per spegnere il livore che ostacola proprio l’uso di quella ragione in nome della quale si vuole mettere da parte la fede.