L’argentino Abraham Skorka parla della proposta che fece al Papa alcuni mesi fa, e del suo desiderio di accompagnarlo in Terra SantaHa voluto che fosse lui a scrivere l’introduzione a Il Gesuita (2010), poi diventato best-seller mondiale come prima biografia autorizzata del nuovo Papa latinoamericano: “Per quanto ne sappia, deve essere la prima volta in duemila anni di storia che un rabbino scrive la prefazione a un libro che raccoglie il pensiero di un sacerdote cattolico”. Con lui ha ragionato di “Cielo e terra”, con lui ha dialogato per due anni e mezzo negli studi Canale 21 a Buenos Aires sulla sacra Bibbia. Adesso che il viaggio di Francesco in Terra Santa è ufficiale e il patriarca latino Fouad Twal ha confermato anche il mese – maggio del 2014 – il rabbino argentino Abraham Skorka sogna di accompagnarlo. O forse sa già che lo farà, anche perché di questo hanno parlato varie volte, quando Bergoglio, l’amico Bergoglio, non era ancora Papa. “Diverse istituzioni ebraiche mi chiedevano chi onorare, dell’Argentina, con una visita in Terra Santa e io indicavo sempre lui, Bergoglio”. Il viaggio non ha potuto realizzarsi. “Quando è stato eletto Papa – Simon Peres lo aveva conosciuto e so che erano rimasti reciprocamente colpiti l’uno dall’altro, riferisce Skorka – dalla Presidenza di Israele si sono messi in comunicazione con me per manifestare il desiderio profondo di riceverlo in Israele”. Era il 13 giugno e il rabbino Abraham Skorka si trovava a Roma in attesa di rivedere il vecchio amico in abito bianco. “Queste cose gliele ho riferite e l’idea gli è piaciuta”.
Poi è stata la volta di Benjamin Netanyahu. L’invito diventa ufficiale. Skorka ha visto le immagini dell’incontro tra Francesco e il primo ministro israeliano in televisione. Ha scritto un mail al Papa, come faceva spesso quando l’amico Bergoglio era arcivescovo e ha continuato a fare adesso che è Francisco. “Siamo in contatto” ammette “e continuiamo a scambiarci opinioni sulle cose della vita, della politica, quello che succede nel mondo…”. Probabilmente – ma questo il rabbino Skorka non lo dice – gli ha ricordato le parole intercorse a giugno di andarci assieme in Terra Santa.
Skorka è convinto che con Francesco il popolo ebraico abbia trovato il miglior amico che ci sia mai stato in Vaticano sul soglio di Pietro. “Il dialogo franco, sincero, profondo e affettivo con molti ebrei in Argentina, non solo con me, non lasciano dubbi in proposito. E’ una storia ormai, non degli episodi, una storia di attenzione e rispetto”.
Cinquant’anni sono trascorsi dalla storica visita di Paolo VI in Terra Santa, che Francesco si propone di commemorare. Skorka aveva 14 anni quando papa Montini mise piede in Israele ma il ricordo di quel momento è nitido nella sua memoria. “I miei genitori e i nonni nacquero in Polonia” ricorda Skorka. “Hanno vissuto sulla loro pelle l’antisemitismo cristiano; la fame e le persecuzioni sono le due ragioni per le quali se ne sono andati. Allo stesso tempo ho sempre saputo che la cultura, i valori del popolo polacco avevano molto a che vedere con il cristianesimo e che il cristianesimo ha le sue radici nel giudaismo. Sono messaggi contraddittori, ma questa è stata anche la mia fonte d’ispirazione nel dialogo interreligioso: se c’è un riconoscimento reale, sincero, rispettoso si può lavorare assieme per un mondo migliore. Quello che mi ha addolorato in quella visita di Paolo VI è che non sia potuto andare a Gerusalemme, allora divisa”. Papa Francesco ci andrà e Skorka vorrebbe condividere lo storico momento. Anche la visita di Giovanni Paolo II dice di averla “molto fresca nella mente; una emozione enorme vederlo lì, in piedi, ascoltando l’inno di Israele”. Ricorda come con il suo papato ci sia stato il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Israele e il Vaticano.
La visita di Ratzinger è avvenuta in un momento complicato per il Medio Oriente; difficile potesse avere lo stesso impatto sulla gente e sui governi. “Ratzinger – spiega Skorka – dice cose profonde, con molto coraggio, di grande valore, come nel primo capitolo dei tre volumi su Gesù di Nazareth, costruito come un midrash talmudico…ne ho parlato con Bergoglio” ricorda. Da quest’ultimo, dall’amico Francesco, si aspetta ancora di più. “Un ruggito, dice, il ruggito di un profeta che chiede venga fatta giustizia a chi soffre”. Un superamento anche, “un passo in avanti” che è convinto “sarà reso possibile dalla capacità di papa Francesco di andare all’essenziale”.
Il Papa non si lascia intimorire dalle critiche dei tradizionalisti e dei conservatori, che di questi tempi si inaspriscono. I tradizionalisti lo accusano di modernismo, i conservatori, quelli del Tea Party americani, di marxismo. I primi invocano Dio di “illuminarlo o eliminarlo”, i secondi fanno appello ai governi di isolarlo. Lanciamo al rabbino Skorka una domanda a bruciapelo. Se il Papa corra pericoli, come tempo fa ha dichiarato un magistrato italiano. Si ferma pensoso. Il Silenzio si prolunga. Chiede se la domanda si riferisca a pericoli fisici. Poi scandisce: “La Chiesa cattolica, apostolica, romana deve avere cura di lui… molto… molto…”.