Nel suo ultimo libro, lo scrittore napoletano riafferma con decisione la differenza filosofica ed antropologica tra presepe ed albero di Natale.
Così parlava Bellavista, il Socrate degli anni Ottanta. Il celebre personaggio interpretato da Luciano De Crescenzo in una celebre commedia amava parlare ai suoi amici e conoscenti della vera essenza della meridionalità e degli elementi che la caratterizzano. Tra questi c’era ovviamente il presepe, già allora contrapposto simbolicamente all’altra grande tradizione natalizia, quella dell’albero. Oggi lo stesso tema è ripreso dallo scrittore e sviluppato nella sua ultima fatica letteraria, Gesù è nato a Napoli, la mia storia del presepe (Mondadori). Il libro è ricco di ricordi autobiografici, che sono anche frammenti di quella Napoli natalizia che ci ha raccontato Eduardo De Filippo, ma che fa risalire le sue origini addirittura al mondo della classicità greca e latina. Noi di Aleteia abbiamo contattato l’autore, che ci ha regalato qualche riflessione.
Qual è la differenza, filosofica e sociale, tra “albero” e “presepe”?
De Crescenzo: A differenza dell’albero, il presepe nasce da un ricercato rituale. Prima si crea il fondale, poi si scartano i singoli pastori e si sceglie il punto preciso in cui sistemarli. Il presepe è bello non solo quando lo fai, ma anche quando lo pensi. L’albero, invece, acquista il suo fascino solo quando è finito e si accendono le luci.
Bellavista distingueva tra i popoli d’amore e i popoli della libertà. Nel mondo di oggi, che da allora è molto cambiato, quali sono i popoli del presepe e quali i popoli dell’albero?
De Crescenzo: Sebbene il mondo sia molto cambiato, sono sempre fermamente convinto che le popolazione meridionali corrispondano ai popoli d’amore, ovvero quelli che io definisco presepisti, mentre le popolazioni nordiche presentano quelle caratteristiche che le rendono affini ai popoli di libertà, ovvero gli alberisti. Io, ovviamente, in quanto presepista convinto, mi sento molto più vicino ai primi.
Nel raccontare le origini del presepe Lei risale addirittura a Virgilio. Cosa hanno in comune il poeta latino e Luca Cupiello?
De Crescenzo: Forse non tutti ne sono a conoscenza, ma nella IV egloga delle Bucoliche, Virgilio racconta della nascita futura di un puer destinato a riunificare l’Impero romano e a dar vita ad una nuova età dell’oro. Purtroppo, poiché morì nel 19 a.C., Virgilio non ebbe modo di verificare la sua profezia.
Ci racconta cos’è San Gregorio Armeno, storicamente ed umanamente?
De Crescenzo: San Gregorio Armeno storicamente rappresenta il luogo suggestivo in cui ha avuto origine il presepe, ma non solo. Passeggiando tra le botteghe che animano questa strada, è possibile osservare i capolavori creati dai maestri presepisti e celebrare il culto della Natività.
Il presepe napoletano, si sa, storicamente comprende anche personaggi attuali o moderni. Lei chi includerebbe dei moderni nel suo presepe?
De Crescenzo: Non mi azzarderei a scegliere un personaggio piuttosto che un altro, non vorrei mai che qualcuno potesse offendersi. Però vi svelo un segreto, sono pastore e statuetta pure io… Quando l’ho scoperto, per me è stato come ricevere un Oscar.
Quali sono i pastori o gli ambienti del presepe che Lei ama di più?
De Crescenzo: I miei pastori preferiti sono due: il Pastore della Meraviglia, lo si riconosce perché ha le braccia e la bocca spalancate in segno dello stupore provato nell’assistere alla nascita di Gesù, e Benino, che non tiene voglia di lavorare e dorme sempre.