La bozza dell’Ordine dei Medici mette in secondo piano la morale nelle scelte del medico, le considerazioni del cardinal Sgrecciadi Pierandrea Vinci
Il nuovo Codice deontologico dei Medici italiani non è ancora pronto. Per fortuna, viene da dire, viste la pericolosità di alcuni cambiamenti che, in sede di dibattito, sono stati ventilati. Il tutto è rimandato a gennaio 2014. Sui vari aspetti della riforma del Codice abbiamo intervistato il Cardinale Elio Sgreccia.
Quali sono le sue osservazioni in merito alle proposte presentate per un aggiornamento del codice deontologico dei medici, ed in particolare, cosa pensa dell’articolo riguardante l’obiezione di coscienza?
Il testo del codice è ancora una proposta, e non è stato ancora divulgato ufficialmente, è stato anticipato da parte dell’Ordine dei medici di Roma, ma deve essere ancora approvato. In questa bozza ci sono certamente delle affermazioni che lasciano perplessi: sono due o tre i punti che stimolano la discussione. Il primo punto riguarda la cosiddetta “obiezione di coscienza”. Il codice precedente diceva: «Si può obiettare o per un convincimento scientifico o per un convincimento morale», ponendoli sullo stesso piano, mentre nella nuova versione il medico si può rifiutare di praticare una terapia o di fornire un farmaco solo quando va contro i suoi convincimenti “scientifici e morali”. La sostituzione della congiunzione disgiuntiva con quella congiuntiva fa sì che laddove il trattamento richiesto abbia validità scientifica, il medico non possa più rifiutarsi sulla base del solo convincimento di coscienza. Il medico si può rifiutare quando ci sono tutte due le cose o anche soltanto per un motivo scientifico, pertanto il motivo morale viene declassato. Questo, ad esempio, può riguardare alcune scelte particolarmente delicate come la pillola del giorno dopo, l’aborto o l’eutanasia: il motivo potrebbe non essere di tipo scientifico, ma è quello morale che conta di più. La correzione apportata fa decadere praticamente l’obiezione di coscienza, cioè il medico non deve avere più una coscienza morale propria ma viene obbligato a fare tutto quello che gli si richiede.
Nel nuovo progetto quali sono i doveri del medico?
In generale il medico è tenuto a fare tutto quello che è necessario per la salute del paziente ed evitare quello che può essere di grave e immediato nocumento per la persona. “Grave e immediato nocumento”, un caso può presentasi di nocumento non immediato, ma dopo può creare gravi problemi a distanza. Il medico deve stare attento a ciò che è grave sul momento, ma anche a ciò che può essere grave per il futuro. Si dice inoltre che là dove non può agire, là dove non ha la possibilità di fornire quello che il paziente chiede, deve essere disponibile a dare indicazioni sui centri di riferimento per la cura della malattia mentre il medico non dovrebbe essere obbligato a dare indicazioni su dove acquistare un farmaco o dare indicazioni per un intervento di cui non è moralmente convinto.
Come si evolve il rapporto medico-paziente nella bozza del nuovo codice deontologico?
Nell’articolo 8 si cancella il verbo “deve” quando si tratta di prestare soccorso o cure d’urgenza. Il rapporto medico-paziente non è un rapporto puramente contrattualistico come un contratto di compravendita, dove ci sono due libertà che si incontrano. Il medico ha dei doveri anche se il paziente non lo chiede perché non lo può chiedere: se una persona è incapace per l’età o per lo stato mentale o perché momentaneamente priva di conoscenza, il medico è comunque tenuto a soccorrerlo; ha in caso di emergenza dei doveri deontologici a prescindere dalla domanda del paziente. Il consenso ci vuole quando l’emergenza è finita, quando il paziente sta bene, allora si deve informare mettendo in atto quella che viene chiamata l’alleanza terapeutica. Ci sono molte situazioni in cui il medico deve agire anche se non può controllare il consenso del paziente o non può riceverlo.
L’articolo 17 parla di eutanasia. Qual è il suo pensiero sulla trattazione di questo tema nel codice?
L’articolo 17 parla dell’eutanasia come dei «trattamenti finalizzati a provocare la morte». L’eutanasia non esiste soltanto come procedura che consiste nella somministrazione di un farmaco che porta direttamente alla morte, ma anche quando il medico si astiene dalla somministrazione di ciò che può salvare la vita come ad esempio la somministrazione di cibo, l’alimentazione di un paziente che non è più in grado di richiederla e che necessita di quella artificiale. È più appropriato parlare di eutanasia intesa come comportamento sia attivo che omissivo.
In riferimento all’articolo, 76 intitolato “medicina potenziativa”, siamo in grado oggi di misurare i cambiamenti indotti da interventi non sicuramente necessari?
Il problema del potenziamento (enhancement), miglioramento del soggetto non riguarda una persona malata, ma qualcuno che vuole migliorare le sue prestazioni (sportive, sessuali, di intelligenza sotto sforzo, prendere farmaci che consentano di lavorare senza dormire). Questi farmaci che riguardano il miglioramento delle potenzialità e delle prestazioni vanno definiti, la scienza ancora su questo punto è molto vaga. La parola enhancement in inglese è tradotta in molti modi. O si intende come terapia e allora si interviene su una malattia, per esempio lenire il dolore, o invece si intende come accrescimento, nel senso che si vuole intenzionalmente aumentare le forze, le prestazioni, senza conoscerne bene i pericoli o i rischi. Il problema diventa ancora più grave quando si vuole toccare la genetica e si fanno interventi alterativi della genetica del soggetto. Il codice di deontologia medica deve precisare quali sono i trattamenti leciti o non leciti nel caso in cui si vogliano e possano migliorare le condizioni di salute, migliorarle in modo da evitare l’ alterazione, l’induzione di altri effetti secondari. Questo aspetto della medicina potenziativa è molto rischioso: le droghe, gli illeciti sportivi sono dannosi alla salute. La nozione stessa di salute, presa dalla definizione che parla di «pieno benessere fisico e psichico», è molto discutibile perché trascura la salute spirituale ed il rispetto morale della vita. Questi interventi che possono riguardare il codice di deontologia medica, tengono conto della legge, ma non della morale. In realtà esiste un codice che ha una tradizione di doveri, deon in greco significa “dovere”, la conoscenza dei doveri, e nella nuova proposta la parola “dovere” compare molto poco.
Nella bozza del nuovo codice deontologico è stato proposto un nuovo vocabolo: “genere”. Quali le implicazioni?
Con l’introduzione della parola “genere” si rivendica il senso di libertà e autonomia nelle relazioni. La persona è un essere sociale anche per quello che interiormente sente e vive. Poi lo rivela e lo riversa nelle relazioni, la persona si traduce sempre in relazioni, le relazioni rimangono fortemente inquinate dai comportamenti e dai sentimenti. Le tendenze di carattere sessuale si riversano sempre su altre persone. Quindi se sono contrari alla dignità della persona vanno poi a modificare tutte le relazioni che si hanno con gli altri. Il sesso caratterizza il soggetto ed anche i suoi comportamenti. Non distinguere il sesso maschile e femminile, può giustificare la proposta di altri generi (omosessuali, transessuali) da affidare alla scelta libera e privata nei comportamenti non senza conseguenze per la famiglia e le relazioni sociali.
Quale rapporto tra cellule staminali ed etica?
La Chiesa guarda con interesse a tutto ciò che può portare alla guarigione delle malattie che sono resistenti alla cura ed alla terapia. La scoperta delle cellule staminali, ci fa guardare con molta speranza al futuro della “medicina rigenerativa”, per cui cellule che sono primitive, che non sono ancora orientate, che non hanno ancora preso una specificazione per un organo o per un altro, possono diventare tali da sostituire le cellule malate. D’altro canto sono necessarie alcune attenzioni, soprattutto al fatto che ci sia una sperimentazione adeguata prima di presentare un trattamento che ponga l’aspettativa della guarigione. La preparazione di queste linee terapeutiche deve essere fatta da persone esperte, che seguano le regole dell’accertamento scientifico
Quale ruolo ha svolto e pensa svolgerà in futuro la Chiesa nell’integrazione tra questi due mondi ?
La Chiesa incoraggia la ricerca scientifica. Ci sono state delle Conferenze Episcopali che hanno contribuito economicamente ad incrementare la ricerca. Abbiamo organizzato in passato congressi, per mettere in evidenza tutti quei campi dove la ricerca dava speranza, dove c’era un campo di sperimentazione promettente. Una cosa che la Chiesa mette in discussione è laddove le cellule staminali vengono prese dagli embrioni, comportandone la morte. Quelle cellule cosiddette staminali embrionali, precedentemente ritenute più efficaci per certe terapie, sono oggi superate da ulteriori scoperte. Su questo la posizione della Chiesa è molto chiara, è sempre illecito sopprimere un essere umano sia pure per ragioni terapeutiche per un’altra persona, non si può fare del male per ottenere il bene.
La disparità di risorse tecnologiche nel mondo crea delle problematiche etiche e di sfruttamento?
L’etica nel campo delle tecnologie è un capitolo molto ampio. Bisogna definire il tipo di tecnologia da incrementare per valorizzare e aiutare il lavoro umano, garantire la salute e la diffusione dei prodotti necessari alla vita. L’utilizzo delle tecnologie deve essere ben convalidato, affinché non comporti danni e sia distribuito equamente, non monopolizzato. Il monopolio diventa una diseguaglianza che favorisce una parte della popolazione, mentre impedisce e blocca la crescita di altre popolazioni; se è un bene deve essere un bene vero ed un bene per tutti. Certamente il miglioramento della tecnologia accompagna la storia umana, segnata da tante tecnologie benefiche che hanno fatto il progresso, però devono essere messe pian piano a disposizione di tutti e non essere usate come una potenza di alcuni e una ragione di dominio su altri che vengono lasciati indietro. Naturalmente è tecnologia anche quella che porta nello spazio, non sono soldi sprecati in quanto si fanno delle conquiste scientifiche. Certamente deve essere calcolato e dominato il rischio, in quanto ci sono delle tecnologie che possono manipolare il cervello, possono influenzare il benessere delle popolazioni come l’uso dei gas, l’uso della chimica, dell’energia atomica. Ognuno di questi è un capitolo terribile, più la tecnologia è potente maggiore è la responsabilità di utilizzarla, sempre con il fine del bene, non per la morte. L’area di discussione è sempre molto ampia, suggestiva, ma altrettanto delicata. Citiamo l’esempio degli “organismi geneticamente modificati” il cui patrimonio genetico è stato trattato con metodiche che prevedono manipolazioni del DNA e inserimento mirato di nuovi geni negli organismi, immettendo nel seme ad esempio la medicina contro i parassiti, in modo da evitare l’utilizzo della chimica sulle colture dannosa alla salute. Non si può affermare che sia proibito produrre il mais geneticamente modificato perché nuoce alla salute, questo timore ormai pare superato. Questo non vuol dire che lo possiamo usare per sostituirlo alle colture africane, al caffè e al tè obbligando le popolazioni ad acquistare gli “OGM”. Questa imposizione comporta l’impegno di comprare il seme sempre dallo stesso fornitore, perché si sa che i semi derivati da piante ingegnerizzate non sono buoni. Questo può portare ad una dipendenza commerciale o ad una sudditanza coloniale, ad un illecito. Se in una nazione si vogliono valorizzare i propri prodotti per l’agricoltura, perché sono ugualmente validi per la salute umana e sono necessari per l’economia del paese, deve essere mantenuta la libertà di promuovere ciò che la propria terra produce.
C’è qualche tema bioetico che le sta particolarmente a cuore?
In questo momento i temi bioetici emergenti sono molti e contemporanei, uno dei più grossi è il rapporto delle medicine con l’economia. Ci devono essere nel mondo gli strumenti necessari per curare le malattie in maniera uguale. C’è una diseguaglianza, un’ingiustizia nel mondo nella distribuzione dei mezzi, delle strutture e anche delle risorse culturali. L’abolizione perciò degli sfruttamenti e dell’arretramento, della fame e della colonizzazione, sono tanti temi che sono legati tra loro a grappolo. I temi sopra citati sono quelli macroscopici, poi ci sono quelli particolari come l’eutanasia, l’antinatalità. Tante sono le casistiche e le applicazioni nei vari campi della medicina, ma volevo accennare a quelle più evidenti perché condizionano tutti gli altri ambiti della vita umana.