I bambini possono disturbare ma le comunità dovrebbero favorire la partecipazione di tutta la famigliaCi sono genitori che durante la Messa permettono ai bambini di correre per la chiesa e di giocare sulle panche, e addirittura di servirsi dei «lumini» per giocare. Per questi genitori è valida la Messa, nonostante la distrazione per loro stessi (e per tutta la comunità)?
Risponde padre Valerio Mauro, docente di Teologia sacramentaria alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale.
La partecipazione dei bambini durante la Messa è una questione delicata perché coinvolge molti aspetti della vita ecclesiale. Il sacramento dell’Eucaristia chiede un singolare rispetto e una piena partecipazione attiva da parte dei battezzati, come ricorda il Concilio. La famiglia è presentata dal Magistero come «chiesa domestica», mentre ne difende il valore unico per la società civile.
Ogni comunità ecclesiale, nella fedeltà alle parole di Gesù, è chiamata a lasciare che i bambini vengano da lei. Abbiamo valori che non possono essere in contraddizione in quanto tali, ma lo diventano le loro urgenze. La domanda del lettore ci pone davanti un contrasto pratico. Proviamo a prendere in mano alcuni dati di fatto, comuni alla nostra realtà italiana. Nelle parrocchie è sempre minore la presenza di famiglie giovani e quindi di bambini piccoli.
La nostra liturgia non è a misura di bambino, non si svolge secondo una modalità comunicativa e un linguaggio adatti a loro, né potrebbe farlo. Tuttavia la Messa ha una dimensione misterica che ci coinvolge come popolo di Dio, strappandoci alla tentazione dell’individualismo o della soddisfazione emotiva: andiamo a vivere un incontro di grazia, offerto ad ogni battezzato in un momento comunitario. La teologia ci avverte che nella celebrazione eucaristica lo Spirito Santo non trasforma solo il pane e il vino nel Corpo e Sangue del Signore, ma agisce nella stessa comunità facendola diventare sempre più il Corpo nel Signore.
Se i genitori partecipassero alla Messa in orari diversi, potrebbero prendersi cura dei bambini a turno nelle proprie case, ma è davvero opportuno che le famiglie, soprattutto quelle più giovani, si dividano nella partecipazione a questo momento di fede comunitaria? E i bambini portati alla Messa possono vivere questo tempo stando sempre zitti e fermi? Credo che occorra cercare una mediazione, possibile solo caso per caso, comunità per comunità, nella concretezza delle varie circostanze materiali, cominciando dalla struttura della chiesa.
Non tutte le chiese hanno la medesima architettura. In alcune è stato possibile creare luoghi per i bambini dove possono giocare, mentre i genitori li controllano. Per alcuni è la soluzione migliore. In altre chiese non è possibile creare condizioni simili e i genitori che portare con sé i bambini cercano di farli sentire a loro agio, nel modo più sereno possibile.
La chiesa è la casa di tutti. Dovremmo partire da questa certezza. Lasciando che i bambini giochino in chiesa? Per il bambino il gioco non è solo un diversivo, ma la modalità principale attraverso la quale comunica con il mondo e acquisisce via via conoscenze. Attraverso il gioco i bambini imparano anche il linguaggio della fede. E se lo fanno durante la celebrazione, mantenendo un certo silenzio, personalmente non mi danno noia. So che per qualche altro sacerdote non è così e ne rispetto la sensibilità liturgica.
Nella domanda specifica del nostro lettore i genitori sarebbero distratti dal comportamento dei loro figli. E non solo loro, si potrebbe aggiungere. Non credo, però, che il discorso debba svolgersi sul piano giuridico della validità o meno della partecipazione alla Messa. durante la celebrazione. I bambini possono disturbare alcuni, è vero. D’altra parte, le nostre comunità ecclesiali non dovrebbero favorire il più possibile la presenza completa delle famiglie? E il mistero di Dio è così lontano dalla vita concreta dei nostri fratelli più piccoli? Sarà una deformazione professionale, ma quando il discorso cade sulla questione della validità della celebrazione eucaristica, non posso fare a meno di ripensare alle parole che l’apostolo Paolo rivolge alla comunità di Corinto: «la vostra cena non è la cena del Signore» dice loro (1Cor 11,20), perché celebravano l’eucaristia in un contesto di profonda disuguaglianza e divisioni piene di gelosia.
Le nostre celebrazioni eucaristiche sono prima di tutto la riunione del popolo di Dio, chiamato ad ascoltare la sua Parola e a partecipare al suo Corpo offerto per noi. Attraverso questa altissima preghiera della Chiesa diventiamo sempre più una cosa sola nello Spirito di Cristo. Teniamo presente questo dono singolare di grazia e sapremo costruire le condizioni migliori per viverlo insieme.