L’omelia mistagogica si chiama catechesi perché deve “far risuonare” nella memoria il battesimo e l’eucaristia che sono stati celebrati a Pasqua.
di Enrico Mazza*
Come noi, anche i Padri della Chiesa hanno sempre spiegato la liturgia. La differenza sta nella teologia adoperata per questa spiegazione. Essi usavano il loro metodo, la tipologia biblica, e lo applicavano ai riti. Oggi la mistagogia è stata recuperata, ma bisogna conoscerne il metodo…
Mistagogia significa "azione liturgica". Quando Cirillo compone queste omelie, le chiama Catechesi mistagogiche, ossia: catechesi che hanno per oggetto la celebrazione dei misteri, e cioè la celebrazione della liturgia. La mistagogia si celebra dopo che sono stati celebrati i sacramenti, e l’omelia mistagogica si chiama catechesi perché deve "far risuonare" (questo è il significato del termine) nella memoria il battesimo e l’eucaristia che sono stati celebrati a Pasqua.
L’origine è a Gerusalemme
Nella seconda metà del quarto secolo nacque un particolare modo di fare il commento ai riti del battesimo (con il suo catecumenato e le sue unzioni) e l’eucaristia. È stato Cirillo (313/315-18 marzo 387), vescovo di Gerusalemme, che ha creato il modello delle catechesi mistagogiche, al quale altri Padri della Chiesa si sono poi ispirati. Per capirle, bisogna collocare queste omelie all’interno della pastorale di Cirillo. Egli sfruttò il fatto che a Gerusalemme erano avvenuti molti degli avvenimenti della vita del Signore. Quindi la sua pastorale e liturgia erano itineranti, come diremmo oggi, o stazionali, e consistevano nell’accompagnare i fedeli nel luogo dove erano accaduti gli avvenimenti riportati dal testo biblico letto in quella circostanza. Qui si leggeva il testo e lo si commentava. Proprio per questo l’omelia era di grande efficacia. A Cirillo si sono rifatte le mistagogie di Ambrogio, Teodoro di Mopsuestia, Giovanni Crisostomo, ossia le grandi mistagogie del quarto secolo, se pure con i dovuti adattamenti. Ma per comprendere la mistagogia, bisogna rifarsi a Cirillo.
Tempo e luogo
Per Cirillo l’anno liturgico è il luogo in cui viene organizzata la pastorale: qui tutto ha la sua collocazione, anche la mistagogia. Il battesimo si teneva nella veglia pasquale, cui seguiva l’eucaristia di Pasqua. Nella settimana di Pasqua, che va dal lunedì alla domenica in Albis, si teneva la mistagogia che, quindi, è da concepire come un vero periodo dell’anno liturgico. I neofiti veniva no poi condotti nella grotta che stava sotto la basilica della risurrezione (Anastasis) e che era la tomba di Cristo. Quella tomba aveva "visto" la risurrezione di Cristo e, quindi, era quello il luogo ideale per parlare della risurrezione ai neofiti.
La catechesi mistagogica è un rito
Per noi che le leggiamo oggi le catechesi mistagogiche sono solo delle omelie ma, alla loro origine, con Cirillo di Gerusalemme, erano un rito vero e proprio che faceva parte dell’anno liturgico. Erano un rito perché, a tutti gli effetti, erano una liturgia della Parola. I testimoni sono la pellegrina Egeria e il Lezionario armeno di Gerusalemme e, mettendo assieme le due testimonianze, possiamo ricostruire il rito.
Nella grotta sotto la basilica i neofiti erano davanti al luogo stesso ove Gesù era risorto. Qui venivano letti dei testi biblici e, successivamente, Cirillo faceva il commento. L’omelia aveva per oggetto il testo biblico. Ma, nello stesso tempo, aveva per oggetto anche i riti liturgici che dovevano essere commentati. Per noi non è facile capire questo procedimento che talvolta, per riuscire, aveva bisogno di utilizzare l’allegoria, e questa figura retorica oggi è particolarmente difficile da gestire. La fortuna di questo metodo era che, commentando il testo biblico, si commentava anche la liturgia. Un’omelia sulla liturgia, dunque, era sempre biblica e necessariamente biblica.
Come si svolge la mistagogia
Ecco come procedeva Cirillo. Terminata la messa alla chiesa maggiore, il vescovo con i neofiti si recava all’Anastasis cantando inni. Poi scendevano nella grotta sotterranea infondo alla quale c’era la tomba di Cristo, ove egli era passato dalla morte alla vita, e che testimoniava ai neofiti il fatto centrale della fede cristiana. Per questo il complesso basilicale si chiamava Martyrion, testimonianza. Davanti alla grotta, la liturgia della Parola iniziava con una preghiera. Poi si benedicevano i fedeli; seguiva la lettura, di cui conosciamo le pericopi, giorno per giorno. Terminata questa, Cirillo, a ridosso della cancellata interna che separava la grotta dallo spazio per i fedeli, teneva la catechesi mistagogica che, spiegando la lettura, spiegava la "salvezza", quella salvezza che era stata vissuta nel rito. L’ascolto è molto vivace, a dire di Egeria: mentre il vescovo parla, esplode l’entusiasmo dei fedeli che approvano alzando la voce, al punto che le loro voci si sentono fin dall’esterno della chiesa. E aggiunge che la competenza di Cirillo è tale che non si può restare insensibili a come egli scioglie (absolvet) i misteri. Poi ci sono antifone e inni…
L’importanza del testo biblico
I testi biblici erano scelti con molta cura; infatti, tanto il Lezionario armeno di Gerusalemme quanto Cirillo riportano l’elenco dei brani biblici destinati alla mistagogia, che sono diversi da quelli utilizzati per le altre celebrazioni liturgiche di quei giorni. Possiamo dire che esiste un vero e proprio lezionario per la mistagogia e, di conseguenza, si tratta di testi ufficiali, per così dire. La catechesi mistagogica applica ai neofiti il testo biblico, lo applica a dei fedeli che si predispongono a vivere a immagine di Cristo, conformemente al battesimo e all’eucaristia che hanno appena celebrato. Lo applica loro attraverso l’omelia. Questa ha dato la chiave d’interpretazione, affinché la lettura possa svolgere il suo ruolo d’illustrazione della salvezza. Dato che la salvezza è stata celebrata nei misteri, l’illustrazione della salvezza diventa la spiegazione dei misteri. A rigore, possiamo dire che la lettura biblica è l’elemento principale della mistalogia, non la catechesi mistagogica stessa. Direttamente, la mistagogia non spiega i sacramenti, bensì la salvezza celebrata in quei riti.
Spiegare la salvezza
La salvezza viene spiegata adducendo una gran mole di testi biblici. Questo è un metodo estremamente corretto dato che la redenzione è costituita da eventi accaduti nella storia e raccontati nelle Scritture. I testi biblici sono la via maestra per parlare degli eventi della salvezza. Essi non vogliono spiegare il rito e neanche la dottrina. Si spiega la redenzione e in tal modo, di riflesso, viene illustrato anche il rito, ed è un fatto dottrinale. Come anche noi, oggi, anche i Padri della Chiesa hanno sempre spiegato la liturgia. La diversità tra noi e loro sta nella teologia che viene adoperata per questa spiegazione. Essi utilizzavano il loro usuale metodo teologico, la tipologia biblica, e lo applicavano ai riti liturgici. Noi proveniamo da una teologia scolastica che deve definire le cose in un sistema preciso. I Padri della Chiesa invece non hanno istanze sistematiche. Il loro modo di fare teologia consiste anzitutto nell’utilizzo della Sacra Scrittura. Non tanto per porre delle premesse dalle quali argomentare, ma piuttosto per ricavarne un frutto spirituale.
Ecco perché noi siamo tanto stupiti quando leggiamo le opere dei Padri, perché troviamo una grande quantità di citazioni bibliche che danno al commento patristico una molteplicità inaspettata di colori e di prospettive. Anche perché – ammettiamo lo – noi non saremmo capaci di trovare tanto materiale biblico per illustrare il tema in questione. Per i Padri non si tratta di spiegare "una dottrina", bensì di far ricordare, ossia far risuonare, "il rito" in modo che i neofiti possano riviverlo come l’azione liturgica nella quale essi hanno ricevuto la salvezza. Quella salvezza narrata nel testo biblico (letto durante la mistagogia) che si era attuata nel rito. Oggi, attraverso la riforma liturgica, la mistagogia è stata recuperata e reintrodo
tta nella vita della Chiesa. Non c’è nessun motivo per cui essa non debba portare gli stessi frutti positivi che portò in epoca patristica. Ma bisogna applicarne correttamente il metodo poiché essa non è una spiegazione qualsiasi della liturgia. Il suo metodo è rigoroso.
* docente all’Università cattolica di Milano e al Pontificio istituto liturgico Sant’Anselmo in Roma
Bibliografia
Sartore D., "Mistagogia ieri e oggi: alcune pubblicazioni recenti", Ecclesia orans II (1994) pp. 181-199;
Mazza E., La Mistagogia. Le catechesi liturgiche della fine del quarto secolo e il loro metodo (Bibliotheca Ephemerides liturgicae. Subsidia 46), CLV – Edizioni liturgiche 1988, Roma (2a ed. 1996);
Mazza E., "Liturgia e pastorale nella mistagogia antica, Rivista di pastorale liturgica 45 (2007) pp. 3-6.
(da Vita pastorale, n. 7, 2011, p. 82)