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Terra dei Fuochi, il vero nodo è sulle bonifiche

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Team - pubblicato il 05/12/13
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Masullo, presidente del Comitato scientifico di Greenaccord: decreto carente, c’è assenze di norme per la salvaguardia dei produttori puliti«Accantonando i facili trionfalismi e in attesa della direttiva applicativa, il decreto legge approvato l’altro giorno dal Consiglio dei Ministri e destinato a tutte le terre dei fuochi italiane, a partire dalla terra circoscritta tra il Casertano e il Napoletano, ha il merito di coordinare finalmente il lavoro delle istituzioni e dei tecnici e le azioni successive, fino ad ora in ordine sparso, per arrivare alle bonifiche dei siti variamente contaminati. Bonifiche che avverranno dopo la mappatura e la perimetrazione delle aree compromesse da scarichi e roghi di rifiuti» (Avvenire, 5 dicembre).

Quello delle bonifiche è il vero nodo del decreto, secondo Andrea Masullo, Presidente del Comitato Scientifico dell'associazione Greenaccord. La strada è tutta in salita prima di arrivare alla de-contaminazione dei terreni.

Il decreto Terra dei Fuochi funzionerà?

«Il decreto è già in sé un fatto positivo perché la politica non chiuda gli occhi e faccia finta di nulla su una problematica delicatissima come quella dei roghi di rifiuti. Ma va innanzitutto inquadrato il contesto. Le responsabilità sappiamo bene quali sono: ci sono tre soggetti in campo».

Cioè?

«Prevalentemente l'industria, la malavita organizzata e anche i contadini. In tutto questo c'è una totale mancanza di responsabilità per la rincorsa al profitto. Siamo di fronte ad un'industria che fa profitto sull'ambiente e sulla salute. La logica è che le imprese con poche spese portano a smaltire sostanze il cui costo di smaltimento è notevole. Un contadino in difficoltà economica sa che in quel modo fa lo stesso reddito di dieci anni di lavoro. C'è una grave mancanza di responsabilità. Il Papa è arrivato a parlare di "pane avvelenato", avvelenato in senso etico oltre che chimico».

Qual è uno dei fronti più delicati da affrontare nella Terra dei Fuochi?

«Il decreto è generico, ma io voglio focalizzare l'attenzione sulle bonifiche. Me ne sono occupato per anni. Prima di procedere ad una bonifica del terreno c'è da fare una vera e propria indagine poliziesca. Le zone da bonificare sono caratterizzate chimicamente perché non sono tutte uguali. Si possono trovare matrici chimiche solubili per cui sono necessarie indagini complesse. Se uno studio del genere viene fatto seriamente, può richiedere tempo. Poi nel caso si riscontrassero sostanze liposolubili, che entrano nelle catene alimentari, allora l'attività di bonifica è ancora più complessa. A questo discorso delle bonifiche aggiungo un problema più generale per la Campania».

A che si riferisce?

«Secondo me il decreto doveva dire come salvaguardare l'economia di questa regione. Oggi c'è un freno enorme a comprare prodotti della Campania e ci sono due ordini di problemi. Prima di tutto ci sono ampie zone di questa terra che producono alimenti sani. E in secondo luogo se compro una mozzarella in Emilia Romagna, non ho nessuna garanzia che il latte provenga dalla stessa regione. Chi mi dice che non provenga da una zona contaminata come la Terra dei Fuochi? Il consumatore non è garantito».

Manca una normativa che stabilisca la provenienza certificata degli ingredienti?

«Si, e ritengo sia un'altra carenza del decreto perché una norma del genere poteva essere inserita attraverso un discorso interministeriale. E aggiungo l'assenza di una norma per la certificazione di qualità dei prodotti stessi. Una norma che, insieme a quella sulla tracciabilità degli ingredienti, andrebbe a tutelare a pieno i produttori puliti. Perché se io sono certo del marchio di qualità, vado tranquillamente a comprare una mozzarella proveniente dal casertano perché so che ne è stato analizzato un campione e non ci sono rischi per la salute».

Secondo lei l'ecocidio è un reato a tutti gli effetti da punire con una pena?

«Certamente è un reato ed è anche grave. Cito una recente esortazione del Papa che parla di "un'economia che uccide", che genera diseguaglianze. Non voglio interpretare il suo pensiero, ma io vedo in quella espressione una evocazione del comandamento del "non uccidere". Questa economia, che è una economia del danno, è talmente pericolosa da arrivare sino all'omicidio. L'ecocidio rientra in questa logica».

Si spieghi.

«Quando ascoltiamo questa parola, magari ci viene in mente l'ambiente, gli animali, ma noi mangiamo i prodotti di quegli stessi animali. Se essi pascolano su aree contaminate, noi mangiamo indirettamente prodotti contaminati. Non si distrugge solo un'area, degli animali, ma anche la salute delle persone che la abitano. Ed è peggio se penso ai cambiamenti climatici».

I rapporti sul clima sono preoccupanti.

«Guardi, noi abitiamo in una prospettiva di ecocidio di massa. Quei rapporti sui cambiamenti climatici indicano che nel 2050 la situazione sarà drammatica sulla Terra. Io ho 61 anni, e non ci sarò. Ma penso ai miei figli, al loro futuro, e davvero non oso immaginare come potranno vivere in quelle condizioni».

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