Pontiggia: film in uscita come Mose e Noah utili solo a fare grandi incassi
Secondo quanto rivelato dall’Huffington Post del 29 novembre l’ex gladiatore "Russel Crowe, nel 2014, sarà il patriarca Noah impegnato a fronteggiare il diluvio universale, mentre l’ultimo Batman Christian Bale vestirà i panni di Mosè, guida del popolo ebraico durante l’esodo; Brad Pitt potrebbe partecipare a un film su Ponzio Pilato e il team di Will Smith sta lavorando su una pellicola dedicata a Caino e Abele. E’ la riscoperta della Bibbia da parte di Hollywood, con progetti e finanziamenti che arrivano direttamente dalle case di produzione più importanti – Paramount, 20th Century Fox, Warner Bros – impegnando registi di primo piano come Ridley Scott, Ang Lee e Darren Aronofsky.
Un ritorno di fiamma, quello tra fiction video e libro sacro, di cui Aleteia ne ha discusso con Federico Pontiggia, critico cinematografico della Rivista "Il Cinematografo".
Hollywood e la Bibbia corrono su strade parallele?
Pontiggia: «La questione è anche precedente ad Hollywood perché la Bibbia offre una delle sceneggiature preferite dal cinema sin dalle sue origini. Uno dei soggetti più filmati sono le Sacre rappresentazioni popolari della Passione di Gesù: addirittura in Francia i Vescovi sono costretti a proibire espressamente la proiezione di questi filmati che nelle chiese, durante la celebrazione della Santa Messa, di fatto sostituivano la tradizionale omelia. La presenza delle Sacre Scritture, invece, nei palinsesti di Hollywood si spiega in maniera molto semplice: quando sono a corto di idee, dirottano sulla Bibbia perché è un best-seller mondiale, è universalmente conosciuta. In pratica manca la novità e si spostano su qualcosa che tutti conoscono».
Quindi Hollywood ne fa un uso strumentale?
Pontiggia: «Certamente. Le cito un regista. Cecil B. De Mille. A partire dagli anni Venti si afferma come come regista di film biblici. Nel 1923 realizza "I dieci comandamenti", di cui farà un altrettanto riuscito remake nel 1956. B. De Mille amava ripetere: "Quando sono a corto di idee mi tuffo nella Bibbia, datemi due pagine delle Sacre Scritture e vi faccio un film". Detto ciò va fatta una distinzione».
Quale?
Pontiggia: «Il teologo Francesco Cacucci in “Teologia dell’immagine”, contrappone film, a suo parere profondamente religiosi, come "Furore" del 1940 di John Ford, "Diario di un curato di campagna" del 1950 di Robert Bresson, o "Il settimo sigillo" del 1956 di Ingmar Bergman “che affrontano i problemi dell’uomo, le sue ansie, le sue angosce, le sue apprensioni, i suoi conflitti” ad altri di contenuto religioso come "Beh Hur", "Il Re dei Re", "I Dieci Comandanti", "Francesco d’Assisi" di Curtiz, sino a "Bernardette", alcuni dei quali, secondo il teologo, sono addirittura negativi in quanto offrirebbero “una versione innocua ed incapace di arrecar noia ad alcuno, diretta a schiodare Cristo dalla croce e a renderlo igienico e piacevole”. Hollywood oggi va in quest’ultima direzione: una grande trama, dei grandi eroi, delle grandi storie. Tutto è semplificato e rappresentato nel modo più spettacolare possibile. Una svolta ulteriore è poi arrivata nel 2004».
Si riferisce all’uscita della "Passione" di Mel Gibson?
Pontiggia: «Si, perché Gibson, attraverso un "block-buster" globale, si è trascinato critiche ferocissime in tutto il mondo. La rappresentazione della violenza di "The passion" ci può anche stare perché il Calvario di Gesù Cristo ne è stato segnato. Ma il regista in questo film mette insieme la violenza dell’immagine con la violenza della rappresentazione, dando vita ad una sorta di "iper-violenza" che rientra nei canoni di auto consumismo del cinema hollywoodiano"».
E i film in uscita, come il "Noah" con Russel Crow o il "Mosè" come vanno inquadrati?
Pontiggia: «Io dico che si torna o ad una visione pastorizzata stile "Ben Hur" e "Dieci Comandamenti", oppure ci sarà una recrudescenza della violenza stile "The Passion". Il comune denominatore di queste due tipologie di film è la storia facile da kolossal e il grande incasso».