Con il provvedimento del Tribunale per i minorenni di Bologna ci si è incamminati verso una frattura dei legami genitoriali naturali a favore della creazione di rapporti legali artificialidi Gianfranco Amato
Nel mondo cattolico si sono registrati interventi di politici, intellettuali, e persino di qualche esponente del clero, che si sono spinti ad affermare di non avere obiezioni al fatto che una bambina di tre anni venga affidata a una coppia di uomini omosessuali, a condizione che tale coppia garantisca una certa stabilità. Aggiungendo che, nel caso specifico, si poteva pensare che il giudice avesse comunque agito privilegiando il bene della bambina. Chiamiamoli per comodità “cattolici possibilisti”. Questi cattolici, in realtà, si sono incautamente arrischiati ad entrare nel merito della recente vicenda legata al discusso provvedimento del Tribunale per i minorenni di Bologna, senza conoscerne gli atti. Ora che è noto il contenuto della motivazione di tali provvedimenti appare ancora più evidente l’errore di valutazione commesso dai “cattolici possibilisti”.
Nel decreto 2 luglio 2013 il Giudice Tutelare di Parma, ad esempio, sostiene tranquillamente che per quanto riguarda l’affido di minori il concetto giuridico di “famiglia” ben può ricomprendere anche una coppia omosessuale, ad onta della sentenza della Corte Costituzionale 138 del 2010, con cui è stato ribadito che la famiglia intesa come società naturale è solo quella fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna. Sono davvero sicuri i “cattolici possibilisti” di essere d’accordo con l’impostazione del Giudice Tutelare di Parma?
Lo stesso Giudice, peraltro, nel medesimo provvedimento ha ritenuto che la circostanza per cui «i componenti del nucleo abbiano il medesimo sesso non possa considerarsi ostativo all’affidamento di un minore», ciò anche perché «come rilevato da recente giurisprudenza di legittimità, in assenza di certezze scientifiche o dati di esperienza, costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale». Sono davvero sicuri i “cattolici possibilisti” di essere d’accordo con questa impostazione? Credono anch’essi che costituisca mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale? Credono anch’essi che non vi siano certezze scientifiche o dati di esperienza che indichino come sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale?
Il decreto del Giudice Tutelare di Parma è stato oggetto di impugnazione da parte del Pubblico Ministero per «l’assoluta approssimazione con la quale il Servizio Sociale aveva predisposto la documentazione di affido e l’assoluta superfluità di un tale provvedimento stante la possibilità di dare adeguato sostegno alla famiglia senza alimentare a confusione di ruoli». Sempre secondo il P.M. ricorrente, sarebbe inoltre risultato evidente che «la sedicente coppia» vivesse «l’esperienza dell’affido come un surrogato di genitorialità»; che fosse «incredibile e se vero imbarazzante per un Servizio Sociale la circostanza assunta dell’impossibilità di reperire una coppia con figli idonea all’affido»; che «la scelta degli affidatari, operata con modalità comparative assolutamente non chiare», apparisse «frutto di una vera e propria sperimentazione socio-giuridica più che frutto di una ordinaria prassi». Sono davvero sicuri i “cattolici possibilisti” che il P.M. si sia sbagliato e che, quindi, sia giusto in questa delicata materia procedere a «sperimentazioni socio-giuridiche»?
Il Tribunale per i minorenni di Bologna con decreto 31 ottobre 2013 ha respinto il ricorso in appello del P.M., ribadendo, tra l’altro, come «in assenza di certezze scientifiche o dati di esperienza, costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale». Ancora una volta ci chiediamo se i “cattolici possibilisti” siano davvero convinti di questa impostazione. Credono anch’essi che costituisca mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale? Crede anch’egli che non vi siano certezze scientifiche o dati di esperienza che indichino come sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale?
In realtà molti di questi “cattolici possibilisti” sono persone troppo intelligenti ed avvedute per non essersi accorti di cosa realmente stia dietro questa oscura vicenda. Lo ha chiarito anche il vice-presidente dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani Giancarlo Cerrelli, in un articolo sul settimanale Tempi del 18 novembre, dall'eloquente titolo L’affidamento della bimba di Bologna? Una trovata per introdurre l’adozione alle coppie gay. Scrive infatti Cerrelli: «Il “caso di Bologna”, pertanto, non è da sottovalutare, perché sembra essere, come detto, il progetto pilota per introdurre l’adozione dei minori da parte delle persone omosessuali nel nostro ordinamento. Con il provvedimento del Tribunale per i minorenni di Bologna ci si è incamminati verso una frattura dei legami genitoriali naturali a favore della creazione di rapporti legali artificiali, che non tiene conto del vero interesse del minore ad avere genitori complementari e sessualmente differenti. Tale processo giuridico porterà a depotenziare la genitorialità naturale, a favore di simulacri di genitorialità, con grave danno per la nostra società».
Noi ci permettiamo di essere un po’ più maliziosi del Vice Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici. Questo ci sembra, infatti, il reale rischio dell’affidamento della minore alla coppia gay: il disegno potrebbe prevedere una convivenza di diversi anni, poi una richiesta di adozione per sollevare una questione di costituzionalità del divieto di adozione da parte delle coppie gay, facendo valere l’interesse della minore, ormai abituatasi alla convivenza e a chiamare i due uomini non più “zii”, ma papà e mamma (o genitore 1 e genitore 2). Così ancora una volta la magistratura potrà supplire la politica e spalancare le porte all’adozione dei minori da parte di coppie omosessuali. Davvero i “cattolici possibilisti” sono così ingenui da non aver compreso l’humus culturale che sottende i provvedimenti giudiziari citati (basta leggerli), e da non averne intuito le gravi conseguenze? Francamente ne dubitiamo.