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Verso il Sinodo: non è in crisi il matrimonio, è in crisi un mondo

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Simone Sereni - Aleteia Team - pubblicato il 28/11/13
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Approfondiamo con Marco Guzzi una delle domande del questionario preparatorio al Sinodo sulla famiglia«Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio». Così Papa Francesco nella recente Lumen Fidei. È per capire come questa luce possa essere alimentata e fatta brillare più efficacemente nella Chiesa e nel mondo che nel prossimo Sinodo straordinario dei vescovi (“Le sfide della famiglia nel contesto della evangelizzazione”, dal 5 al 19 ottobre 2014) si discuterà proprio di matrimonio e famiglia. È stato predisposto un documento preparatorio che si conclude con un questionario composto di 38 domande più una rivolto ai vescovi e, tramite loro, alle chiese locali di tutto il mondo, con l’intento di «mettersi in ascolto dei problemi e delle attese che vivono oggi tante famiglie», come ha detto mons. Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo. Accompagniamo la riflessione della Chiesa italiana su questa consultazione, approfondendo alcune delle domande del questionario con alcuni esperti.

 

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Marco Guzzi, poeta e filosofo, ha sempre affiancato alla ricerca un’attività di comunicazione culturale, anche lavorando a lungo nei mezzi della comunicazione di massa. Da 14 anni ha sviluppato e anima l’esperienza dei gruppi di Darsi pace. A lui abbiamo proposto di riflettere sul terzo gruppo di domande del questionario preparatorio del prossimo Sinodo straordinario, quello sulla “pastorale della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”.

Proviamo a rispondere all’ultima domanda del gruppo 3: che attenzione pastorale ha manifestato la Chiesa per sostenere il cammino delle coppie in formazione e delle coppie in crisi?

Guzzi: Rispondo innanzitutto con una domanda: il cristiano e la cristiana di oggi fanno un’esperienza di vita spirituale adeguata al tempo che viviamo? E quindi in grado, nello specifico, di rinnovare la relazione coniugale e superare i motivi (giusti) della crisi del matrimonio tradizionale che stiamo vivendo? Secondo me, no. Semplicemente perché non viene affrontato il problema più vasto della trasformazione antropologica in atto. In crisi non è solo il matrimonio! In crisi sono la vita consacrata e il sacerdozio, la democrazia e la politica, la scuola e la sanità, il modo in cui nasciamo e quello in cui moriamo. Tutte le forme egoico-belliche in cui abbiamo costruito matrimoni, rapporti gerarchici, democrazie, economie, stanno tracollando.

È per questo che non salveremo il matrimonio con gli stessi argomenti di un mondo morente o con qualche sua difesa retorica da parte magari da politici patetici se non tragici. Una pastorale adeguata alla crisi e al rinnovamento della famiglia – come d’altra parte ci ha indicato Benedetto XVI indicendo l’Anno della Fede – dovrebbe partire dalle problematiche antropologiche inerenti anche la fede. Perché è in corso qualcosa di molto profondo che riguarda chi è l’uomo e chi è l’uomo rigenerato in Cristo. Serve una nuova antropologia e una nuova esperienza cristiana.

In questo contesto di crisi antropologica quale luce è o potrebbe essere per la Chiesa e per il mondo il matrimonio cristiano?

Guzzi: Innanzi tutto, dobbiamo comprendere meglio il matrimonio come luogo massimo della relazionalità profonda: l’essere umano esiste solo “in relazione con l’Altro” e in questa relazione esplica la sua fecondità. Nel matrimonio questa relazionalità si esprime nella forma più alta perché è il luogo in cui “l’essere umano nasce”. E nasce in una relazione coniugativa, affettiva, intima di due persone sessualmente opposte.

Tutta la grande filosofia sostiene che è dalla coniunctio oppositorum, dalla coniugazione degli opposti che nasce la vita, la novità. Questo è anche l’archetipo del rapporto tra l’uomo e Dio, tra la Chiesa e Cristo. Nel Genesi si dice che “Dio creò l’uomo a sua immagine… maschio e femmina li creò”. Maschio e femmina coniugati sono l’immagine di Dio. Da qui derivano una serie di conseguenze concrete.

Per esempio, oggi siamo un mondo sterile anche creativamente. Mai abbiamo avuto decenni come questi ultimi creativamente poveri, sterili, miserevoli. C’è un maschile e un femminile anche dentro di noi che devono coniugarsi, riscoprendo un rapporto equilibrato tra la ricettività femminile e la creatività attiva maschile. Guardiamo invece all’economia “machista” di questo tempo, arrogante, sempre in agitazione e sempre ossessionata dalla crescita, in modo innaturale. Manca l’equilibrio. L’equilibrio del maschile e del femminile nel matrimonio manifesta la creatività più grande dell’uomo ed è un paradigma per ripensare ogni attività umana.

Ma nella sapienza della Chiesa ci sono già tante cose che non sono state mai assorbite nella quotidianità pastorale e catechetica…

Guzzi: La Chiesa deve capire che siamo in una fase terminale di un’epoca e che bisogna ripartire dai fondamentali, dal Battesimo, dai piccoli gruppi, da una vera vita spirituale personale, profonda e radicale. Non basta che il Papa lanci delle provocazioni e venga osannato e che le piazze si affollino: ci deve essere una sperimentazione effettiva. Il rischio è di indurre nel popolo una massificazione – già vista – che, secondo Jung, è l’opposto dell’individuazione ossia il fondamento della relazione autentica: se vuoi un’umanità relazionale e quindi anche un “nuovo” matrimonio devi far crescere le persone una per una.

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