Un cristiano deve essere leale, pregare per chi detiene il potere, ma non può andare contro la propria coscienza, rettamente formataFino a che punto si deve obbedire allo Stato? Lo Stato non dovrebbe essere tenuto a ragguagliare i cittadini sul modo in cui vengono utilizzati i nostri sudati risparmi? Io non mi sento affatto rappresentata da uno Stato che finanzia gli aborti, nel quale una rappresentante delle istituzioni si è permessa di definire i feti “grumi di materia” e le donne “animali al servizio della specie” e che alimenta una burocrazia soffocante che impedisce ogni possibilità di ripresa economica. Obbedirei molto più volentieri a uno Stato che, ogni anno, desse un puntuale rendiconto dell'uso di quanto i cittadini gli versano.
Anna Paola, Rapallo
Cara Anna Paola, poni diversi problemi. Sulle parole di un assessore del comune di Roma a proposito dei bimbi morti in utero dico solo che sono inaccettabili, al di là delle posizioni ideologiche. Riguardo al dovere dello Stato di rendere conto di come utilizza i soldi pubblici mi trovi d'accordo: la democrazia però offre strumenti di controllo, come la Corte dei conti, la separazione dei poteri in legislativo, esecutivo e giudiziario, ecc. Sono anche convinto che troppa burocrazia ostacoli la ripresa economica. Vorrei però soffermarmi sul quesito di fondo: fino a che punto si deve obbedire allo Stato? Su questo tema esistono intere biblioteche, perciò dirò solo poche cose.
Parto da quello che scriveva san Paolo a Timoteo, raccomandandogli di fare “domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio” (21,1-2). Il punto di partenza è dunque la lealtà di ogni cittadino, tanto più se cristiano, verso le autorità civili. Ce lo ricorda anche il Catechismo, dove dice che “è dovere dei cittadini dare il proprio apporto ai poteri civili per il bene della società in spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà” (n. 2.239).
Se pensiamo che l'autorità civile, al tempo di san Paolo, era quella dell'impero romano, a maggior ragione l'impegno concreto per il bene della società e la preghiera per i governanti sono facilmente realizzabili nel contesto delle democrazie in cui viviamo.
A proposito di democrazia, il beato Giovanni Paolo II scriveva: “La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governanti la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico”. E aggiungeva: “Un'autentica democrazia è possibile soltanto in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana” (cfr. Centesimus annus, n. 46).
E qui veniamo all'altra faccia della medaglia: le responsabilità dei governanti. L'autorità politica è necessaria per garantire la convivenza civile. Tuttavia deve essere praticata come un servizio, per facilitare l'esercizio della libertà e della responsabilità di tutti. Essa deve garantire la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei diritti dell'uomo, l'assunzione del bene comune come proprio fine.
E arrivo finalmente alla domanda: si deve sempre obbedire alle autorità dello Stato? Si deve essere leali, pregare per chi detiene il potere, ma non si può andare contro la propria coscienza, rettamente formata: in alcuni casi si deve rifiutare l'obbedienza. La sintesi del Catechismo è molto chiara: “Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo” (n. 2.242).