L’ONU pubblica il rapporto “Sicurezza cittadina dal volto umano: diagnosi e proposte per l’America Latina”L'America Latina riunisce quasi il 50% del totale dei cattolici del mondo. Questa appartenenza alla Chiesa fondata da Gesù Cristo e affidata a Pietro, tuttavia, non si riflette nella vita quotidiana dei popoli, perché il subcontinente continua ad essere la regione più insicura del mondo.
Quello che Giovanni Paolo II ha chiamato in alcune occasioni “il continente della speranza” e al quale il futuro santo ha affidato il compito di rievangelizzare l'Europa ha visto negli ultimi anni aumentare in modo allarmante il tasso di omicidi e furti, giunti a un livello epidemico, secondo il rapporto “Sicurezza cittadina dal volto umano: diagnosi e proposte per l'America Latina”, diffuso questa settimana dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).
Lo studio indica con un solido apparato metodologico che mentre gli indici di omicidio diminuiscono in altre regioni del pianeta il problema è aumentato in America Latina, dove si registrano più di 100.000 omicidi ogni anno, arrivando a superare il milione nel decennio 2000-2010.
Anche se il tasso di omicidi si è stabilizzato ed è anche diminuito in alcuni Paesi, è ancora alto: in 11 dei 18 Paesi, il tasso è superiore a 10 omicidi ogni 100.000 abitanti, il che fa suonare tutti i campanelli d'allarme nella regione.
Città fantasma
Le morti violente in Messico, ad esempio, sono arrivate a 20.000 dall'inizio dell'anno, mentre in Brasile sono innumerevoli gli omicidi commessi nelle zone in cui non entra neanche la polizia. Lo stesso avviene con le bande centroamericane o con i guerriglieri di Perù e Colombia. Un continente che prega Dio ma che sembra aver poco a cuore la dignità dell'essere umano.
Il rapporto dell'ONU, attraverso il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUS), rivela che un latinoamericano su tre ha affermato di essere stato vittima di un crimine violento nel 2012, soprattutto un furto. La cosa peggiore è che più della metà dei furti avviene in modo violento.
L'insicurezza ha generato, come nel nord del Messico, città “fantasma” che a partire dalle sette di sera, senza che ci sia un vero coprifuoco, si svuotano, con negozi e ristoranti chiusi. Ciò ha anche causato la diminuzione di impieghi e salari e un cambiamento di abitudini tra le famiglie latinoamericane: tra il 45% e il 65% delle famiglie afferma di aver smesso di uscire la sera a causa dell'insicurezza, e il 13% ha riferito di aver sentito la necessità di cambiare luogo di residenza per paura di essere vittima di un crimine.
Heraldo Muñoz, sottosegretario generale dell'ONU e direttore del Programma per l'America Latina e i Caraibi, ha rivelato alla stampa che “questo ha un impatto sulla vita delle famiglie, le classi medie benestanti assumono vigilanti privati. Oggi nella regione abbiamo quasi il 50% in più di vigilanti privati che di agenti di polizia. Ciò acuisce le disuguaglianze già esistenti”.
Delitti “aspirazionali”
Va sottolineato che mentre nella maggior parte dei Paesi dell'America Latina la povertà e la disuguaglianza sono diminuite nel periodo 2004-2010, in più della metà dei Paesi analizzati il tasso di omicidi è aumentato, anche negli Stati con livelli di povertà più bassi, il che fa dubitare che a ogni aumento della ricchezza corrisponda un aumento del rispetto dei diritti e della vita altrui.
L'aumento delle aspettative di consumo e la relativa mancanza di mobilità sociale nella regione promuovono quello che viene chiamato “delitto aspirazionale”, ovvero quello commesso da quanti “aspirano” a un livello di vita che esiste solo nell'immaginario dei mezzi di comunicazione.
“Le trasformazioni provocate dalla crescita urbana accelerata e disordinata, così come i cambiamenti nella struttura familiare e le carenze del sistema scolastico, hanno generato condizioni che incidono sulla criminalità”, aggiunge una delle sezioni del rapporto.
In base ai dati forniti dall'inchiesta del PNUS, i giovani latinoamericani, soprattutto i maschi, sono i più colpiti dalla criminalità e dalla violenza, e allo stesso tempo sono i responsabili più comuni di violenze e delitti. Il rapporto rivolge anche un appello a evitare la criminalizzazione e la stigmatizzazione dei giovani, soprattutto di quelli con poche entrate. In base ai dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per il 2011, El Salvador (92.3), Colombia (73.4), Venezuela (64.2), Guatemala (55.4) e Brasile (51.6) hanno i cinque tassi di omicidi giovanili più alti del mondo (per ogni 100.000 giovani).
L'indagine sulle carceri che il PNUS ha svolto in Argentina, Brasile, Cile, El Salvador, Messico e Perù evidenzia persistenti sfide sociali. Un recluso su tre ha abbandonato l'abitazione familiare prima dei 15 anni (in Cile uno su due), e tra il 13% (Argentina) e il 27% (El Salvador) non ha mai conosciuto suo padre o sua madre. L'indagine ha anche rivelato che il 40% dei reclusi del Cile non ha terminato gli studi primari. In tutti i Paesi, più dell'80% dei reclusi intervistati non ha completato 12 anni di scolarizzazione.
Raccomandazioni per vivere in pace
Lo studio offre dieci raccomandazioni basate sulle lezioni apprese dalla regione:
1. Allineare gli sforzi nazionali per ridurre delitti e violenze, includendo un Accordo Nazionale per la Sicurezza Cittadina come politica dello Stato
2. Generare politiche pubbliche volte a difendere le persone più colpite da violenza e delitti
3. Prevenire la delinquenza e la violenza promuovendo una crescita inclusiva, equa e di qualità
4. Ridurre l'impunità rafforzando le istituzioni di sicurezza e di giustizia con attenzione ai diritti umani
5. Potenziare la partecipazione attiva della società, soprattutto delle comunità locali, all'edificazione della sicurezza cittadina
6. Incrementare le opportunità reali di sviluppo umano per i giovani
7. Prevenire e far fronte in modo integrale alla violenza di genere nell'ambito domestico-privato e in quello pubblico
8. Salvaguardare attivamente i diritti delle vittime
9. Regolamentare e ridurre i fattori che promuovono i delitti, come alcool, droga e armi, in base a una prospettiva integrale e di salute pubblica
10. Rafforzare i meccanismi di coordinamento e valorizzazione della cooperazione internazionale