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La Regola di San Benedetto applicata all’impresa

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Patricia Navas - Aleteia Team - pubblicato il 15/11/13
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Intervista al priore della comunità di Montserrat, Ignasi Fossas
La Regola di San Benedetto, che ha ispirato la vita dei monaci per più di 1.500 anni, si può interpretare in chiave di impresa e offre molti spunti per la direzione e la gestione: la capacità di delegare, l’uso adeguato della parola, il valore dell’umiltà…

Lo spiega in questa intervista ad Aleteia il priore della comunità benedettina di Montserrat, Ignasi Fossas, uno degli ideatori delle giornate Valori e leadership. La Regola di San Benedetto, un cammino per una buona direzione, celebrate nel monastero spagnolo nell’ottobre scorso nella loro prima edizione e che si replicheranno il 21 e il 22 novembre.

Cosa può apportare la Regola di San Benedetto a un’impresa di oggi?

Può apportare l’esperienza di secoli di saggezza monastica condensata in un testo che è servito a ispirare la vita dei monaci anche dal punto di vista del lavoro, e quindi dell’organizzazione economica.

Come si applica questa vasta esperienza a un ambito così diverso da un monastero?

La Regola di San Benedetto offre quelli che nelle scuole di business vengono chiamati job profiles, il profilo di determinate responsabilità. Ad esempio, il capitolo dedicato all’economo (il n. 31 della Regola) propone il profilo ideale di un amministratore delegato di un’impresa. Un altro esempio: i capitoli dedicati all’abate offrono il profilo ideale del presidente di una compagnia. O ancora l’approccio del maestro dei novizi; anche se nella Regola è evidentemente molto concentrato sulla vocazione monastica, può offrire anche elementi adeguati alla direzione di altre persone.

Ci sono anche altri elementi più generali, come il dominio della lingua – più che il silenzio, quella che la Regola chiama al capitolo sesto la taciturnitas, l’uso adeguato della parola. O ad esempio il valore dell’umiltà, la capacità di delegare le proprie responsabilità quando parla dei decani…

Il vantaggio della saggezza monastica benedettina in questo senso è che tutti i monasteri hanno un’esperienza imprenditoriale, dai più piccoli che hanno semplicemente un negozio per vendere souvenir o i prodotti che elaborano a quelli grandi che hanno università, imprese di servizi o gestiscono molte persone, perché la Regola stessa esorta i monasteri ad essere autosufficienti economicamente, e ciò vuol dire guadagnarsi la vita con il proprio lavoro e quindi organizzare.

Non si tratta solo di una teoria raccolta in un testo classico, ma di principi avvalorati dalla pratica secolare. Una storia di 1.500 anni in cui c’è stato di tutto ma che funziona.

Un elemento interessante o curioso è che in base alla nostra ridotta esperienza le persone che assistono a questi corsi sulla Regola benedettina applicata all’impresa restano sorprese molto positivamente scoprendo un testo culturalmente così vicino a noi come la Regola di San Benedetto, in cui possono trovare elementi di ispirazione, perché per la maggior parte di loro – per non dire per tutti – era un testo sconosciuto. Li sorprende: “Perché non ci hanno detto prima che avevate questo?”.

Che tipo di persone ha assistito al corso?

Molto varie, dai dirigenti di imprese familiari di varie dimensioni ai proprietari di imprese che dovevano ripensare totalmente la loro attività nel momento attuale; ci sono anche consulenti…

Non è la prima volta che si parla dell’applicazione della Regola di San Benedetto all’impresa. Quali esperienze ci sono state in questo senso?

Soprattutto in Germania lavorano da anni su questo a partire dai monasteri benedettini, soprattutto padre Anselm Grün, che è economo del monastero di Münsterschwarzach. Anche in ambito anglosassone, soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra.

A noi è sembrato che valesse la pena. Personalmente ho iniziato quattro anni fa qualcosa di simile con una professoressa dell’Università Bocconi di Milano.

Abbiamo riunito a Montserrat un gruppo di otto o dieci persone del mondo degli affari, dell’impresa, della gestione, con due professoresse, me e l’attuale economo di Montserrat, padre Manel Gasch.

Avevamo quindi già un po’ d’esperienza con questo, e abbiamo anche organizzato conferenze per gruppi più uniformi, ad esempio un gruppo di un’impresa che ce l’aveva chiesto.

Come valuta il corso svolto a Montserrat?

Abbiamo organizzato una prima convocazione. La valutazione è positiva. Aiuta il contenuto anche il fatto che il tutto si celebri nel monastero di Montserrat: poter partecipare alla recita dei vespri e alle lodi della comunità, ascoltare il canto del Salve del coro, partecipare in qualche modo all’ambiente e alla vita del monastero nel contesto geografico di Montserrat è un valore aggiunto che aiuta da un lato a staccare, dall’altro a connettersi più profondamente.

Perché crede che oggi tante imprese falliscano nel nostro Paese?

Non sono un esperto e non ho soluzioni. Suppongo che ci siano molti motivi. Ci sono motivi strutturali per la situazione economica, per la situazione globale e sicuramente anche per difetti di gestione, sui quali evidentemente incidono anche i principi, diciamo gli atteggiamenti o i valori con cui si prendono le decisioni.

Quali sono gli errori di direzione imprenditoriale più comuni che la Regola potrebbe illuminare?

Una cosa mi sembra importante: il primato della persona, la preoccupazione per ogni persona in concreto, per la corretta definizione del ruolo di ogni persona, la flessibilità all’interno della struttura, che sarebbe complementare alla definizione e al fatto che la struttura sia molto chiara. La Regola prevede una certa flessibilità per sviluppare determinate responsabilità. Si può smettere di esercitarle e non succede nulla.

La struttura monastica ha una differenza importante rispetto a un’impresa: l’obiettivo dell’attività economica del monastero non è direttamente remunerare gli azionisti né i proprietari, ma migliorare o favorire il servizio che si vuole offrire o mantenere il patrimonio perché così possa proseguire l’attività che si svolge.

In un’impresa è diverso, non deve essere necessariamente così. È un elemento interessante: nel prospettare la possibile utilità della Regola nella gestione imprenditoriale credo che si debba essere onorati e si debba prospettare accanto a ciò che può essere utile per le imprese ciò che è diverso.

Nei monasteri si entra perché si sente la vocazione e quindi si impegna in qualche modo tutta la propria vita e tutta la propria persona. Nell’ambito del lavoro le persone si impegnano, ma non impegnano necessariamente tutta la loro vita o tutta la loro persona. Non pensiamo a impresari che giocano ad essere monaci.

Qual è la sua esperienza nella sua “impresa” di Montserrat?

Sono stato amministratore per sei anni e per me una lezione rilevante è l’importanza delle relazioni umane. La percentuale più alta del mio lavoro sono le relazioni umane e questo è fondamentale: avere una buona squadra, stabilire relazioni sane con le persone che aiutino a collaborare, a essere motivati, a gestire anche le differenze, ad affrontare i problemi positivamente, questo è importante.

In secondo luogo, poter scoprire che la gestione, che sembra l’aspetto più materiale della vita in monastero, può essere un’occasione di crescita spirituale, anche un’avventura spirituale.

A volte nei monasteri sembra che l’economo debba essere quello che è più a contatto con le cose materiali perché deve preoccuparsi dell’economia della comunità, e invece, come spiega Anselm Grün, è proprio una delle responsabilità in cui si incide maggiormente nell’ambito spirituale.

C’è chi dice che tutto ciò che ha a che vedere col denaro rappresenta il settore in cui le persone si conoscono meglio…

Noi iniziamo il corso dicendo che qualsiasi lavoro – tutti hanno una certa dimensione di leadership – interessa tutta la persona: corpo, anima, spirito. Per questo è un’opportunità privilegiata per sviluppare tutti questi aspetti della persona, perché bisogna affrontare se stessi, confrontarsi con la propria realtà, con il meglio e il peggio di sé, e quanto più alta è la responsabilità più intenso è questo confronto.

Per questo, se si approfitta dell’opportunità ci si può sviluppare, si può crescere personalmente. La gente trascorre una parte molto importante della propria vita al lavoro. È quindi normale che sia il luogo in cui si conoscono bene le persone.

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