Una lettura meno ideologica della decisione del tribunale di Bologna ci dice che la Corte ha scelto per un ambiente di persone familiari alla minore, nessuna ideologia
La notizia sembra di quelle buone per fare “casino” sui social network: una bimba di tre anni affidata ad una coppia di gay di mezza età. Ottima per parlare a sproposito di un tema molto delicato e infatti immediatamente cavalcato da una parte o dall’altra come “scandalo” oppure “conquista della civiltà”. Ma la verità, dov’è? In qualcosa di più semplice e più “normale”.
La notizia
Il Tribunale dei minori di Bologna decide di affidare una bimba di tre ad una coppia che non vive nel capoluogo romagnolo: la coppia è formata da due uomini di mezza età, stabile, di buon reddito e che la bimba in affido temporaneo conosce bene e ai quali è affezionata al punto da chiamarli “zii” nonostante non esista un legame di parentela. Insomma, i servizi, prima, e i giudici, poi, hanno ritenuto che ci fossero tutte le condizioni di benessere e serenità richieste dalla legge (Corriere della Sera, 15 novembre).
E’ bene ricordare che l’obiettivo dell’affidamento temporaneo, infatti, è esclusivamente la tutela del minorenne, il quale spesso continua a frequentare i suoi genitori. Se è vero che per l’adozione la legge italiana parla espressamente di coppia sposata, per l’affidamento è previsto che la nuova famiglia possa essere una coppia tradizionale, meglio se con altri figli minori in casa, ma anche una «comunità di tipo famigliare» – formata da due persone che assolvono alla funzione di genitori – o anche un single.
Le opinioni in conflitto
Franco Grillini (Gaynet): «La decisone del tribunale di Bologna di dare in affido una bambina di 3 anni ad una coppia delle stesso sesso rappresenta un fatto molto positivo prima di tutto per la bambina, che già conosceva le persone affidatarie. In secondo luogo, per il significato della decisione che stabilisce che una coppia gay è una famiglia come le altre. Con ogni probabilità ci sono in Italia molti altri casi come questo, che però non hanno avuto gli onori delle cronache. L’affidoo, infatti, può essere attivo anche per i single, per le comunità e per famiglie allargate. La decisione di Bologna in altri paesi non farebbe nemmeno notizia perché considerata del tutto normale». (Il Secolo XIX, 15 novembre)
Al contrario Giovanardi: «Nella vicenda dell’affido di una bimba di soli 3 anni, già evidentemente vittima di una situazione famigliare difficile, ad una coppia di gay, colpisce il disprezzo che servizi sociali e magistrati minorili dimostrano verso il diritto di quel minore ad avere sia pure temporaneamente il riferimento ad una famiglia con un padre ed una madre». Lo afferma il senatore Carlo Giovanardi (Pdl), in una nota.
Aleteia ha scelto di chiedere una opinione alla dottoressa Lisa Trasforini, psicologa e psicoterapeuta, si occupa di formazione sui temi dell’adozione internazionale e di accompagnamento di famiglie adottive lungo tutto il percorso che porta all’affidamento permanente di minori. E’ autrice insieme alla psicologa Giovanna Lobbia di “Voglio una mamma e un papa. Coppie omosessuali, famiglie atipiche e adozione” (Ancora editrice). Cosa ne pensa?
Trasforini: “Poiché si tratta di un affido, il presupposto stesso del Tribunale, è che la bambina alla fine ritorni con i suoi genitori naturali. E’ naturalmente insolita la scelta del giudice, che infatti ha fatto notizia, ma in questo csao deve aver giocato a favore della scelta la familiarità della bambina e dunque della famiglia con questa coppia”.
E’ un fattore così importante?
Trasforini: “Assolutamente sì. Nel caso specifico la bambina conosce il contesto in cui viene inserita. La bambina può vivere così la separazione temporanea in maniera meno traumatica. La bambina conosce i due adulti e li chiama ‘zii’, se è vero che non corrispondono al criterio elettivo tradizionale, rispondono però a quello della fiducia e della conoscenza e questo garantisce serenità alla minore, che in questo caso è il bene più importante”.
Qual è l’aspetto decisivo dell’affidamento?
Trasforini: “L’affidamento temporaneo serve a tutelare i minori mentre i genitori vivono un momento di forte crisi della coppia. Li tutela dal dover vivere sulla propria pelle la tensione dei genitori, con i quali però mantengono un contatto”.