Bergoglio è una persona straordinaria in tutti i sensi, e oltre a questo è un uomo che conosce la vita, che ha una grande esperienza
Roberto Alifano è un poeta, giornalista e scrittore argentino. Conosce papa Francesco, è stato discepolo, amico e in qualche modo continuatore di Jorge Luis Borges e ha avuto un rapporto molto stretto con Pablo Neruda.
Racconta che Neruda è morto “perché, quando si è verificato il golpe militare di Pinochet, hanno interrotto il trattamento contro il cancro alla prostata che aveva”, e ricorda che dieci giorni dopo la morte del poeta è stato imprigionato “per il semplice fatto di aver parlato al suo funerale”. Alifano considera il suo rapporto con Borges “un dono, gli devo la vita”, e sostiene che papa Bergoglio abbia la saggezza dello scrittore argentino.
Dopo averci raccontato altri episodi su personalità come Fellini o Buñuel, confessa che aver conosciuto Borges è per lui “come aver conosciuto Dante, Petrarca, Shakespeare o Quevedo”, lamentando che nel mondo di oggi “manchino geni come questi”.
Lo ha intervistato Jesús Bastante per Religión Digital (10-11-2013).
Fino a che punto ha vissuto vicino a queste due celebrità?
Ho dovuto parlare in un momento molto drammatico, quando è morto Pablo Neruda, dopo il golpe militare di Pinochet. Ero il corrispondente del quotidiano “La Opinión”, di Buenos Aires, e avevo molti contatti con Neruda. Andavo a fargli visita tutti i fine settimana. È morto in circostanze terribili, povero Neruda…
Circostanze che non sono del tutto note a livello pubblico…
Hanno già riesumato i suoi resti, ma non è del tutto chiaro. Credo che la morte di Neruda sia avvenuta perché gli hanno interrotto le cure, cure mediche rigorose perché aveva un tumore alla prostata con alcune metastasi. All'epoca non esisteva la chemioterapia, ma forse avrebbe vissuto altri tre o quattro anni. Era già stato operato a Parigi e lo sottoponevano a raggi, la cura esistente in quel momento. Quando avvenne il golpe militare, tuttavia, interruppero il trattamento, e questo fece sì che la malattia si aggravasse e che l'evoluzione del cancro divenisse più rapida. Dovettero portarlo a Santiago e morì due giorni dopo. Quello che si dice, che gli fecero un'iniezione, non è corretto, perché Neruda era già condannato a morte.
Sono già passati 40 anni dal golpe…
Sì. Quanto tempo! Io vidi togliere il cadavere di Allende dal Palazzo La Moneda.
Lei fu imprigionato?
Sì. Me la passai piuttosto male. Il fatto di essere argentino, spagnolo o messicano era già abbastanza sospetto per la gente di Pinochet. Io non avevo niente a che vedere con il Partito Comunista, né con il socialismo. Ero un semplice giornalista. Dieci giorni dopo la morte di Neruda mi misero in prigione per il semplice fatto di aver parlato al suo funerale.
Cosa disse in quell'occasione?
Non ricordo esattamente. Fu un congedo a nome dei poeti e degli scrittori ispanoamericani. Fu una richiesta di Matilde, sua moglie, e del direttore dell'Accademia di Lettere del Cile. Fu un piccolo discorso, come quello di altre tre o quattro persone che intervennero. Uscì su “Mercurio”, e il giorno dopo quasi mi fucilarono. Ho salvato miracolosamente la mia vita. Sono un sopravvissuto.
E Borges? Era una persona complessa?
No, affatto. Borges era una persona splendida: un grande conversatore, un uomo divertente, lontano dai luoghi comuni, con uno spiccato senso dell'umorismo… Ho un libro che si chiama “L'umorismo di Borges” in cui racconto tutti i nostri aneddoti. Il mio rapporto con Borges è un dono, gli devo la vita. Borges era formidabile. Lavorava sempre con le parole, utilizzando un po' la tecnica di Oscar Wilde, con quell'umorismo inglese, quell'ironia.
Una volta ci invitarono a pranzo, e quando andammo a lavarci le mani non usciva l'acqua dal rubinetto. Gli chiesi allora “Cosa succede, Borges? L'acqua non esce?”, e lui si girò rispondendo “Sì, ma con scrupolo”. Un'altra volta, qui a Madrid, dovevamo andare da una parte e ci perdemmo. Si supponeva che io fossi la “guida”, e allora mi disse: “Complimenti, Alifano: lei ha un perfetto senso del disorientamento”.
Borges è stato un genio letterario. Non ho dubbi nell'affermare che è stato lo scrittore più importante del XX secolo, e forse lo scrittore più letterario di tutta la storia della letteratura. L'unico scrittore per il quale si giustifica l'opera completa. Perché se si acquisisce l'opera completa di uno scrittore si capirà che ha alti e bassi, storie migliori e altre di minor qualità… In Borges, invece, è tutto scritto con lo stesso registro. In realtà non è affatto uno scrittore complesso, giocava con questa erudizione. E prima di tutto è un grande umorista. Anche nelle sue “milongas”, per esempio, c'è umorismo.
Lei che conosce anche Bergoglio pensa che possieda qualcosa di “borgiano”?
Credo che possieda la saggezza di Borges. Ha confessato di essere un devoto lettore di Borges, e come docente di Letteratura ha sempre chiesto di leggere Borges nelle sue lezioni. Bergoglio ama molto la poesia, egli stesso ha scritto poesie, ed è anche un devoto del tango. Alcuni miei amici dell'Istituto Gardeliano gli faranno visita e gli porteranno la collezione completa delle opere di Gardel.
Crede che sia un papa amato?
È chiaro. Credo anche che rappresenti una grande rivoluzione per la Chiesa.
È davvero quello che sembra?
È vero che quando era arcivescovo di Buenos Aires l'immagine che passava era più seriosa e che ora sembra più allegro, e anche più giovane. L'amico che ora andrà a trovarlo (il direttore dell'Istituto Gardeliano) è un ottimo scrittore e una persona ancor migliore. Aveva un programma sul canale dell'arcidiocesi, un programma molto bello e interessante che veniva trasmesso due volte a settimana. Non era amico di Bergoglio, ma un giorno lo incontrò in metropolitana. Bergoglio stava leggendo, e il mio amico si avvicinò per salutarlo. Bergoglio alzò la testa, lo riconobbe, lo salutò e continuò a leggere, e il mio amico rimase male perché aveva proseguito la sua lettura.
In seguito si incontrarono di nuovo a una festa di fine anno del canale dell'arcidiocesi, e gli disse che era rimasto male per l'incontro in metropolitana. Bergoglio allora gli spiegò che approfittava di quei minuti per leggere le cose che gli piacevano e che aveva bisogno di leggere, perché non appena arrivava in ufficio diventava matto per tutte le cose che doveva fare. Bergoglio viaggiava in metropolitana proprio per riuscire a restare tranquillo quei 15-20 minuti e avere quel momento per leggere. A volte, anche intenzionalmente, superava la stazione per continuare a leggere.
Riesce a immaginare un cardinale europeo che viaggia in metro?
Per niente. Bergoglio invece continua ad abitare a Santa Marta. E la sua residenza a Buenos Aires era condivisa con un altro sacerdote. È una persona straordinaria in tutti i sensi. E oltre a questo è un uomo che conosce la vita, che ha una grande esperienza.
È il papa di cui la Chiesa ha bisogno oggi?
Senz'altro. Ne sono convinto. E penso che sarebbe potuto accadere prima, ma lui non ha voluto. C'è un filmato della televisione italiana in cui si vede il modo in cui Ratzinger gli dice: “La prossima volta dovrà accettare, perché lei è un mio soldato” (perché i gesuiti sono i “soldati” del papa).
Lei è credente?
Sono credente, ma un po' agnostico. Seguo un po' il cammino di Borges, Pío Baroja e molti altri. L'agnostico non ha impedimenti a credere in Dio. Semplicemente, gli agnostici ritengono che l'uomo non abbia la capacità di risolvere il problema dell'Assoluto. Io continuo ad avere i miei dubbi, come tutti. Sembra che Henry Miller dicesse “Se ci fosse un club di dubbiosi, io sarei il presidente”.
La nomina di un pontefice è rivestita di soprannaturale, perché si suppone che i cardinali non scelgano solo come uomini, ma che ci sia un soffio dello Spirito. In questa ultima nomina, ad ogni modo, sembra che il “decollo” che la Chiesa ha fatto in ben poco tempo, quando veniva da una situazione drammatica, sia ancora più soprannaturale.
Credo di sì. Queste cose avvengono in modo molto misterioso, e il Vaticano è uno Stato assai particolare. Ho studiato il tema della corruzione nello IOR e sono arrivato a conoscere tutti i personaggi coinvolti. Roberto Calvi, ad esempio, mi è sembrato una specie di mecenate. Viaggiava molto nell'America ispanofona e stava per portare un'esposizione di Caravaggio al Museo Nazionale di Belle Arti di Buenos Aires. Il direttore del Museo era un mio buon amico (a volte lo aiutavo a livello di comunicazione), e Calvi gli promise che avrebbe portato l'esposizione al Museo. Faceva però parte di quella gente mafiosa che è tanto incantatrice quanto terribile.
Incantatori di serpenti?
Sì. Tutti i personaggi pericolosi sono speciali. La genialità e il male hanno un'affinità, una specie di attrattiva.
Dopo tutta una vita dedicata al giornalismo, ultimamente si sta inclinando maggiormente verso la letteratura?
Sì. Sto iniziando a fare un bilancio, a scrivere le mie cose… Anche se non ho abbandonato del tutto la PROA, la rivista fondata da Borges, della quale sono già usciti quasi 100 numeri. La Biblioteca Miguel de Cervantes la digitalizzerà, ci sta già lavorando.
Lei ha incontrato anche personalità come Perón e Fellini…
Sì. Alcune conversazioni che ho avuto con loro sono pubblicate nel libro “La entrevista”. Ho avuto la fortuna di conoscerli da vicino, di avere un rapporto di amicizia con molti di loro. Ad esempio, con Fellini e sua moglie ho avuto un rapporto molto stretto, così come con Buñuel, con il quale stavo per lavorare in Messico. Buñuel è una persona straordinaria. Ha parlato con Franco, anche se non conosco il motivo per il quale questo è stato nascosto per molto tempo. Hanno parlato per un'ora, il galiziano e l'aragonese, e quando Buñuel stava uscendo sembra che Franco abbia aperto una porta e abbia detto a Carmen di preparare qualcosa da mangiare perché Buñuel restasse con loro. Buñuel mi ha anche raccontato che il finale di Viridiana gli è stato suggerito da Franco. Di fatto, è stato un film che non hanno censurato.
Che progetti ha per il futuro?
Continuare a scrivere. È quello che faccio tutti i giorni.
Lei ha speso molti anni della sua vita e della sua ricerca in un progetto su Dante…
Sì. È stato un lavoro lungo, ho studiato la sua vita per circa 15 anni. Per me aver conosciuto Borges è come aver conosciuto Dante, Petrarca, Shakespeare o Quevedo. Sono equivalenti.
Non ci sono più geni di questa grandezza?
Penso che siano pochi. Forse esistono, il problema è che non li conosciamo. In genere accade questo.
traduzione di Roberta Sciamplicotti