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Cosa divide il Vaticano dal Patriarcato russo?

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Roberta Sciamplicotti - Aleteia Team - pubblicato il 13/11/13
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Alla vigilia dell’incontro tra il Papa e il Patriarca russo il punto sui punti di “attrito”

Il 12 novembre, a margine di un convegno a Roma, il metropolita Hilarion, che presiede il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha annunciato che potrebbe aver presto luogo una visita che tutti aspettano da tempo, quella tra un papa e il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, attualmente papa Francesco e il patriarca Kirill. L'incontro, ha spiegato, potrebbe aver luogo in un Paese neutro.
 
La notizia ha suscitato scalpore e curiosità, visto che i rapporti tra il Vaticano e la Chiesa ortodossa russa sono sempre stati delicati e le tensioni sono aumentate dopo il crollo dell'Unione Sovietica nel 1991 e la fine delle restrizioni comuniste alla religione. Papa Giovanni Paolo II ha sempre voluto visitare la Russia, ma il patriarca Alessio II, predecessore di Kirill, ha sempre detto che non avrebbe permesso la visita fino a quando le dispute tra le due Chiese non fossero state risolte. Ma cosa divide la Sede di Pietro e il Patriarcato di Mosca?
 
La storia
 
Nel 330 d.C. l'imperatore Costantino decise di fare di Costantinopoli la “nuova Roma” e di renderla capitale dell’Impero. Nel 381 il vescovo della città pretese per il suo seggio un primato d’onore subito dopo quello di Roma. Dopo che l’Imperatore Teodosio si stabilì a Costantinopoli e alla sua morte l’Impero si divise in Impero d’Occidente e Impero d’Oriente aumentarono le pretese del vescovo di Costantinopoli, che al Concilio di Calcedonia del 451 ottenne la conferma del suo posto d’onore e un’effettiva giurisdizione su varie diocesi, decisione adottata dopo la partenza dei legati romani e mai riconosciuta dal Papato. A Costantinopoli si sviluppò a poco a poco la convinzione che il vescovo della città avrebbe dovuto avere sul Patriarcato un’autorità assoluta, anche se avrebbe dovuto comunque riconoscersi, a livello onorifico, inferiore al vescovo di Roma, che avrebbe esercitato un’autorità assoluta sui territori dell’Occidente. Altri fattori giocarono a favore della separazione, come la diversità culturale latina rispetto a quella greco-orientale, la diversa mentalità teologica e la politica degli imperatori d’Oriente, che non vedevano di buon occhio che la Chiesa del loro Impero dipendesse da un’autorità straniera e appoggiavano e fomentavano le pretese dei vari patriarchi.
 
Dopo un breve scisma tra l'863 e l'867 operato dal patriarca di Costantinopoli Fozio, lo scisma definitivo avvenne nel 1054 con il patriarca Michele Cerulario, che non ruppe le relazioni con Roma, che di fatto non esistevano più, ma fece fallire ogni tentativo di riprenderle e riaprì la polemica contro i riti e gli usi latini cominciata da Fozio. 
 
Le differenze tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa sono numerose, ma uno dei motivi principali di disaccordo è il fatto che gli ortodossi non riconoscono il primato di giurisdizione del papa su tutti i cristiani. Tra le due Chiese manca quindi comunione, cosa che impedisce ai loro sacerdoti di amministrare la stessa Eucaristia. In Russia i cattolici sono meno dell'1% della popolazione. 
 
Fino al secolo scorso non ci sono stati incontri tra le guide della Chiesa cattolica e di quelle ortodosse. Il primo incontro di un pontefice con un patriarca ortodosso è avvenuto nel 1964, quando papa Paolo VI ha incontrato il patriarca di Costantinopoli Atenagora. In quell'occasione ritirarono gli anatemi che erano stati lanciati contro le rispettive Chiese nel 1054. In seguito ci sono stati contatti anche con altri patriarchi ortodossi, ma non c'è mai stato un incontro tra un papa e il patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Il Patriarcato di Mosca rappresenta la più grande e popolosa tra le Chiese autocefale ortodosse del mondo, con circa 150 milioni di fedeli.
 
All'inizio del III millennio i cattolici avevano ancora rapporti piuttosto complicati con gli ortodossi in Russia. Nel 2002 il Vaticano ha trasformato le amministrazioni apostoliche in diocesi, suscitando le proteste ufficiali della Chiesa ortodossa russa e una serie di manifestazioni anticattoliche, a seguito delle quali un vescovo e quattro sacerdoti cattolici sono stati espulsi dal Paese. 
 
Proselitismo
 
Uno dei problemi esistenti tra la Chiesa cattolica e il Patriarcato ortodosso russo è l'accusa di proselitismo rivolta dalla Chiesa ortodossa russa a quella cattolica, che userebbe attività caritative come le strutture per bambini per diffondere la fede cattolica tra gli ortodossi. 
 
“Mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui”, scriveva San Paolo nella lettera ai Romani (Rm 15,20). La Russia è un Paese di lunga tradizione cristiana, e l'applicazione delle parole dell'Apostolo delle Genti bloccano quindi qualsiasi approccio proselitistico.
 
L'accusa di voler far proseliti tra i fedeli ortodossi è dunque infondata, come ha sottolineato anni fa l'allora arcivescovo di Mosca monsignor Tadeusz Kondrusiewicz, oggi sostituito nell'incarico da monsignor Paolo Pezzi. “Non vogliamo invadere il territorio di nessuno, non vogliamo rubare fedeli a nessuno. Ribadiamo però con forza il principio che ogni uomo ha diritto di scegliere la propria fede. D’altra parte, se il Patriarcato di Mosca può avere le sue parrocchie in Italia e in altri Paesi d’Europa, parrocchie in cui prestano servizio sacerdoti che in moltissimi casi non parlano nemmeno il russo, perché la Chiesa cattolica non dovrebbe avere il diritto di esistere e operare qui in Russia?”, affermava monsignor Kondrusiewicz. 
 
Il patriarca dell'epoca, Alessio II, era stato molto esplicito sulla questione. “I documenti sul proselitismo cattolico, nel loro nucleo fondamentale, sono il risultato di un’indagine scrupolosa e obiettiva della situazione reale”, sosteneva. A suo avviso, “i veri obiettivi del clero cattolico in Russia” erano quelli di “allargare quanto più possibile il 'raggio' della propaganda presso la popolazione del Paese, che ha un’antica tradizione cristiana, e convertirla alla propria fede”.
 
La Chiesa ucraina
 
Un altro fattore di disaccordo è la situazione della Chiesa greco-cattolica ucraina, Chiesa di rito orientale e lingua liturgica ucraina che mantiene la comunione con la Chiesa di Roma. È il cosiddetto “uniatismo”, dove per Chiese uniate si intendono quelle di rito orientale che hanno accettato di tornare in piena comunione con quella cattolica romana mantenendo i propri riti, culti e tradizioni e una larga autonomia ecclesiastica. 
 
L’uniatismo è sempre stato motivo di contenzioso tra ortodossia e cattolicesimo: per gli ortodossi le Chiese uniate sono uno strumento del proselitismo latino, per i cattolici sono un giusto riconoscimento del ruolo universale che il vescovo di Roma ha nella Chiesa per volontà divina. 
 
Dopo la II Guerra Mondiale la questione dell’uniatismo sembrava sopita, soprattutto perché le Chiese greco-cattoliche si trovavano principalmente in Paesi a regime comunista, dove erano state soppresse per legge e le loro comunità, le strutture e il clero erano stati uniti forzatamente alle Chiese ortodosse. Con la caduta dei regimi del socialismo reale queste Chiese hanno riacquistato visibilità, hanno rivendicato il diritto di esistere pubblicamente e reclamato la restituzione delle chiese e di tutti i loro beni. 
 
Anche su questo tema il patriarca Alessio II era stato molto duro: “Il conflitto tra ortodossi e greco-cattolici in Ucraina è lontano da una qualunque soluzione positiva. Non è stata normalizzata la posizione delle diocesi ortodosse dell’Ucraina occidentale, dove ai nostri fedeli è negata la possibilità di pregare nelle proprie chiese, e dove le ingiurie e le persecuzioni per la sola appartenenza all’ortodossia sono manifestazioni ormai abituali”. “Negli ultimi tempi [le dichiarazioni risalgono al 2002] sono state costituite nuove diocesi cattoliche nelle regioni a est e a sud dell’Ucraina, dove la maggioranza della popolazione è, per secolare tradizione, fedele al Patriarcato di Mosca. È chiaro che simili passi, intrapresi da Roma con decisione unilaterale, portano solo all’inasprimento dei rapporti”. 
 
Prospettive
 
L'apertura a un incontro tra papa Francesco e il patriarca Kirill lascia sperare in un miglioramento della situazione tra le Chiese che rappresentano, che ha già fatto numerosi passi avanti grazie all'impegno di Benedetto XVI. 
 
In realtà, anche Kirill è stato in passato molto critico nei confronti della Chiesa cattolica, soprattutto riguardo al proselitismo, ma aprendo il 2 febbraio scorso il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa ha parlato di una “tendenza positiva” nei rapporti tra la sua Chiesa e la Chiesa cattolica negli ultimi tempi, per il “chiaro riconoscimento della necessità di unire le forze in difesa dei valori tradizionali cristiani e contrastare alcune minacce della modernità, come l'aggressivo secolarismo, che minaccia le basi morali della vita sociale e privata, la crisi dei valori della famiglia e la persecuzione e discriminazione dei cristiani nel mondo”.
 
Secondo monsignor Pezzi, in futuro sarà possibile persino l'unità delle due Chiese, “se gli ortodossi riconosceranno il primato del Papa di Roma”. 
 
 
RIFERIMENTI:
 
 
 
Intervista a monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo dell'arcidiocesi moscovita della Madre di Dio a Mosca, su “Russia Oggi”, 24 luglio 2013: http://russiaoggi.it/societa/2013/07/24/nulla_impedisce_un_incontro_tra_il_papa_e_il_patriarca_25545.html
 
Intervista a monsignor Tadeusz Kondrusiewicz, predecessore di monsignor Pezzi, su “Famiglia Cristiana” n. 39, 29 settembre 2002:
 
Intervista al patriarca Alessio II, su “Famiglia Cristiana” n. 38, 22 settembre 2002:
 
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