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Papa Francesco, che pena una gioventù “empachada” e triste!

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Terre D'America - pubblicato il 08/11/13
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Il Papa ha fatto del suo vocabolario popolare un tratto distintivo, non un vezzo ma uno stile di comunicazione e di pastorale

di Jorge Milia
 
Nella Giornata mondiale della gioventù in Brasile Papa Francesco ha usato diversi termini insoliti, adoperati nel linguaggio popolare corrente, parole che compaiono sulle labbra della gente comune. All’orecchio dell’argentino hanno una risonanza immediata ma in altri, penso a chi deve tradurli in testi ufficiali, presentano non poche difficoltà. Non perché siano parole difficili, ricercate per il vocabolario; al contrario, perché nel vocabolario consacrato non ci sono; eppure, chi le ascolta, le sente familiari, esistenti da sempre, quasi indispensabili per dire certe cose; con Natalia Ginzburg possiamo concordare che il linguaggio formale non riesce ad esprimere del tutto certi concetti, li “annacqua”, e allora c’è bisogno di sintesi lessicali nuove.
 
L’originalità linguistica del papa argentino non risiede soltanto nell’uso di espressioni che abbiamo già considerate, come hagan lio, se pasó de rosca, e altre ancora di questo stesso genere, ma nella profondità del messaggio che attraverso di esse riesce a veicolare. E questo colpisce tutti, anche gli argentini che di certi termini detengono per così dire il copyright.
 
Non c’è dubbio che davanti ai giovani Francesco da il meglio di se. La Gmg è stata una miniera di parole e espressioni “nuove” o “rinnovate”. Si potrebbe quasi redigere un piccolo dizionario. Dall’oramai mondialmente diffuso “primerear”, al “no balconear la vida” piuttosto che “ningunear”.
 
In uno dei suoi passaggi più intensi Papa Bergoglio ha esclamato: «è molto triste vedere una gioventù “riempita”, ma debole». La parola in questione – “riempita” -, nella maggior parte dei casi è stata rinchiusa in un forzoso virgolettato. L’espressione originale in spagnolo è “empachados” (in italiano si legge “empaciados”) tradotta in tutti i dizionari di lingua spagnola con riferimento a quello che dovrebbe essere un mal di pancia acuto dovuto alla ingesta smodata di cibo-spazzatura; qualcosa in più di un imbarazzo di stomaco e un po’ meno di una indigestione.
 
Ma il nocciolo della questione non sta tanto nella definizione del quadro clinico quanto nell’atteggiamento verso il cibo. Un quasi sinonimo di empachados è il termine italiano ingordigia; il peccato capitale forse descrive meglio cosa intendesse dire il Papa.
 
Ma rileggiamo il paragrafo completo nella traduzione ufficiale: “Oggi, farà bene a tutti chiedersi con sincerità, che ciascuno pensi nel suo cuore: in chi riponiamo la nostra fiducia? In noi stessi, nelle cose, o in Gesù? Tutti abbiamo spesso la tentazione di metterci al centro, di credere che siamo l’asse dell’universo, di credere che siamo solo noi a costruire la nostra vita o di pensare che essa sia resa felice dal possedere, dai soldi, dal potere. Ma tutti sappiamo che non è così! Certo l’avere, il denaro, il potere possono dare un momento di ebbrezza, l’illusione di essere felici, ma, alla fine, sono essi che ci possiedono e ci spingono ad avere sempre di più, a non essere mai sazi. E finiamo “riempiti”, ma non nutriti, ed è molto triste vedere una gioventù “riempita”, ma debole. La gioventù deve essere forte, nutrirsi della sua fede e non riempirsi di altre cose!”
 
Cosa ci riempie veramente? Tutto quello che consumiamo, (e non si riferisce soltanto a quello che alcuni chiamano cibo-spazzatura, ma al consumismo tout court) ingrassa ma non rende più forti, appesantisce senza dare maggiori energie per vivere. E rende sempre più insoddisfatti perché “nulla basta all’animo umano”. Sono esattamente i sintomi del “empachado”, di quello che ha mangiato a dismisura, più di quanto il suo corpo ne avesse bisogno: appesantito e spento.


Traduzione dallo spagnolo di Mariana Gabriela Janún
 
 
 
[FONTE: http://www.terredamerica.com/2013/11/06/il-gergo-di-francesco7-che-pena-una-gioventu-empachada-e-triste/ ]

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