Teologi, filosofi e scienziati a confronto alla Pontificia Università Gregoriana sui temi massimi dell’umanitàL’antico e faticoso dialogo tra fede e scienza sta per arricchirsi di un nuovo stimolante appuntamento. Lunedì 11 novembre si svolgerà la prima giornata del convegno “L’inizio e la fine dell’Universo: orientamenti scientifici, filosofici e teologici”, nella quale diversi studiosi presenteranno il proprio punto di vista e discuteranno insieme della teoria scientifica del Big Bang, della dottrina teologica della creazione e soprattutto della difficile armonia tra le due. In una seconda giornata, prevista per il 31 marzo prossimo, sarà invece affrontato il tema della Fine e del Fine dell’Universo.
Per presentare questo evento ed alcuni degli argomenti che saranno dibattuti, Aleteia si è rivolta a padre Louis Caruana, S.J, docente nella Facoltà di Filosofia dell’Università Gregoriana, nonché uno dei coordinatori dell’evento e dei relatori della seconda giornata, e a padre Gabriele Gionti, S.J., ricercatore della Specola Vaticana, che aprirà la serie degli interventi di lunedì prossimo.
Come è oggi lo stato di salute del dialogo tra fede e scienza?
Caruana: Io credo che questa relazione tra fede e scienza vada intesa in termini di dialogo tra padri della cultura. Il dialogo è sempre da preferire all’indifferenza. Nella storia questo dialogo è sempre esistito, in un modo o nell’altro. In questi ultimi dieci anni gli è stata dedicata un’attenzione speciale, soprattutto grazie al papato di Giovanni Paolo II e alla sua enciclica Fides et Ratio. Io credo che c’è ancora molto da fare, anche perché la scienza continua sempre nei suoi progressi. Talvolta si vede il dialogo concentrarsi su sviluppi astronomici; la novità è che in questi ultimi dieci anni la riflessione è soprattutto focalizzata sugli sviluppi della neuroscienza.
Dunque questo convegno, che tratta i temi massimi intorno all’uomo e all’universo, vuole essere un passo ulteriore in questa direzione?
Caruana: Il valore di questo convegno è nel suo porsi come un momento di lavoro interdisciplinare. Talvolta possiamo ascoltare scienziati che parlano in modo filosofico o teologico, altre volte possiamo avere filosofi che parlano della scienza: l’ideale tuttavia sarebbe sempre che gli specialisti parlassero delle proprie discipline. In questo senso questo evento voleva prendere temi focali come l’inizio e la fine dell’universo, e trattarlo da tre prospettive differenti per esaminare la complementarietà dei diversi approcci.
Lei a marzo si occuperà del fine e della fine: due concetti in armonia da un punto di vista filosofico e scientifico?
Caruana: E’ necessario un lavoro filosofico per scorgere i limiti e l’estensione delle teorie scientifiche. Ad esempio se parliamo di inizio dell’universo esistono tante ricerche scientifiche, ma non va dimenticato che il concetto di creazione di Dio non riguarda solo l’inizio come sequenza temporale, ma coinvolge anche l’idea di dipendenza totale e provvidenza continua nella successione temporale. Nel mio intervento parlerò della distinzione tra il fine e la fine, del modo in cui noi possiamo capire il fine dell’universo e la fine sulla base del modello di ciò che sperimentiamo nella nostra vita: come uomini noi abbiamo esperienza di avere un’intenzione, e quindi del fine di ciò che vogliamo fare, ed abbiamo anche esperienza della contingenza, dato che la nostra vita non è eterna.
Big Bang e creazione, sono due approcci conciliabili?
Gionti: Beh, io dal punto di vista scientifico a priori li scinderei. Anche perché la teoria del Big Bang, come ho detto in più di un’occasione, non è connessa col termine “creazione”. Il Big Bang parla di un inizio ma non di una creazione, sono due termini completamente differenti. Se si avvicinano si produce un corto circuito: “creazione” è un concetto teologico mentre “inizio” è un concetto scientifico. Anzi, perfino la scienza sta mettendo in questione la stessa idea di “inizio”. Per ora quello che possiamo dire è che la teoria del Big Bang è quella che funziona meglio, che meglio descrive i dati sperimentali che vengono dalle osservazioni e dai satelliti. Ma non è detto che sia la teoria definitiva: nella scienza nulla è definitivo. Il Big Bang è una teoria scientifica, non è una dottrina teologica. Molte volte si fa questa confusione. Lo stesso Lemaître, il sacerdote belga che è considerato il padre della teoria del Big Bang, aveva paura che questa teoria entrasse in corto circuito con la teologia.
Dunque, almeno su questo tema dell’inizio, l’antica tensione tra fede e scienza non è risolta?
Gionti: Beh, c’è una tensione se uno costruisce delle associazioni troppo facili, del tipo inizio=creazione. Mi spiego meglio: nel passato i teologi del neotomismo hanno cercato conferme nella scienza, cioè hanno cercato di usare argomenti scientifici per provare dottrine teologiche. Oggi abbiamo capito che questo non è corretto, perché nel momento in cui una dottrina scientifica è superata da un’altra allora la dottrina teologica salta. Questo è un problema filosofico. La teoria del Big Bang è una tesi che per adesso funziona nel descrivere il nostro mondo, ma esistono anche altre teorie attuali di cosmologia – ad esempio l’inflazione caotica o l’inflazione eterna – che, seppur non provate ancora da dati sperimentali, non hanno bisogno dell’idea del Big Bang, di un inizio.
Quindi un sacerdote scienziato come è lei, come riesce a far andare d’accordo i propri convincimenti scientifici e la fede nella dottrina della Chiesa?
Gionti: Come ho detto anche in altre occasioni, il fatto che si scopra sempre più nella scienza una natura che è intellegibile, che può essere studiata, capita, descritta anche nell’infinitamente piccolo attraverso strumenti matematici sempre più sofisticati e sempre più profondi, è in accordo con il concetto teologico di un Dio creatore che ha creato questa natura e che l’ha voluta armoniosa e perfetta. Non è in contraddizione, anzi conferma questo. La fede è qualche cosa che sicuramente viene prima dell’indagine matematica e fisica.