Il Congresso degli Stati Uniti è giunto a un accordo per riaprire il Governo, ma ciò su cui ci si è accordati mostra che non si capisce, o si trascura, il serio problema del debito americanoUn disegno di legge per finanziare completamente il Governo fino a gennaio ed elevare il limite del debito abbastanza da estendere l'indebitamento governativo fino a febbraio è stato approvato dal Congresso e trasformato in legge dal Presidente Obama, ponendo fine a due settimane e mezzo di shutdown e di lotta tra i congressisti democratici e repubblicani.
Samuel Gregg, direttore per le ricerche dell'Acton Institute e autore di Tea Party Catholic, risponde di seguito a questo accordo dicendo di pensare che gli americani non comprendano realmente la spaventosa situazione in cui si trova il Paese relativamente al debito sempre crescente:
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Ancora una volta, temo, il Congresso degli Stati Uniti e l'Amministrazione hanno optato per vivere nella menzogna negando le terribili realtà fiscali che affronta l'America. Dall'agosto 2012, il debito pubblico generale degli Stati Uniti è aumentato da 16,015 trilioni di dollari a 16,747 trilioni, e nel frattempo continuano a crescere anche le dimensioni del Governo federale. Quanto altro debito pensano i politici che vogliano gli americani? Quanto più grande pensano alcuni di loro che dovrebbe essere il Governo federale? Concepiscono qualche limite?
Non è solo una questione relativa al fallimento dei legislatori e dei funzionari governativi. C'è, a quanto pare, un buon numero di cittadini americani che semplicemente non si cura della responsabilità fiscale, per non parlare della gran quantità di aziende che preferiscono il welfare aziendale alla reale competizione sul mercato.
Questo, come sostengo nel mio nuovo libro Tea Party Catholic: The Catholic Case for Limited Government, a Free Economy, and Human Flourishing, ci dice qualcosa sulla salute morale di una società. Come ha affermato Benedetto XVI in un'intervista del 2010, un profondo disordine morale può essere alla base dell'impennata dei livelli di debito pubblico e privato in molte Nazioni sviluppate. Evitando di entrare nelle questioni tecniche relative all'ipotesi che gli alti livelli del debito pubblico e del deficit di Governo aiutino o ostacolino la crescita economica di lungo periodo, Benedetto XVI suggeriva che la disponibilità di tante persone e tanti Governi a sostenere quelli che molti ritengono livelli straordinari di indebitamento può significare che “stiamo vivendo a spese delle generazioni future”, il che sembrerebbe una violazione piuttosto flagrante della solidarietà intergenerazionale.
Benedetto XVI sottolineava poi la sua argomentazione. Questa scelta apparente da parte di Governi, comunità e individui di aumentare sempre più il debito significa che la gente “vive nella menzogna”. “Viviamo per l'apparenza, e trattiamo i grandi debiti come fossero qualcosa che fa parte di noi”, affermava.
Possiamo infatti andare oltre e sostenere che gli atteggiamenti disinvolti nei confronti del debito potrebbero ben riflettere una mentalità di ateismo pratico: vivere e agire come se Dio non esistesse, come se l'unica vita fosse questa, come se il futuro non contasse. Solo le persone che non hanno speranza – nessuna speranza in Dio, nella redenzione, nel futuro – penseranno e agiranno in questo modo.
L'economista John Maynard Keynes ha scritto una volta “Nel lungo periodo siamo tutti morti”. Per essere corretti nei suo confronti, parlava specificatamente della teoria monetaria, ma le sue parole evocano un approccio che dovrebbe disturbare i cattolici, perché se scegliamo di permettere alle politiche fiscali dei nostri Governi di essere dominate dalle prospettive a breve termine non dovremmo essere sorpresi nel vedere i Governi assumere livelli di debito pubblico sempre crescenti e gestire anno dopo anno deficit da trilioni di dollari. Allo stesso modo, se individui e famiglie vogliono impegnarsi in livelli di consumo che vanno oltre le loro possibilità, allora un modo per raggiungere questo obiettivo è ricorrere ai prestiti per il consumo. Ma cosa dicono queste scelte sulle priorità di una società e sulla concezione di prosperità umana?
Purtroppo, direi, la risposta è evidente.