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L’illusione di una felicità solubile

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L'Osservatore Romano - pubblicato il 22/10/13
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Per il sociologo Zygmunt Baumann, che ha coniato l’immagine della “modernità liquida”, oggi prevale la religione à la cartedi Giulio Brotti

Per riconoscimento generale, il sociologo Zygmunt Bauman è uno dei più autorevoli interpreti della condizione umana nell’epoca attuale. Nato da genitori ebrei nel 1925 a Poznan, in Polonia (ma risiede da molti anni in Inghilterra), Bauman ha coniato la fortunata immagine della «modernità liquida» per indicare una situazione di diffusa incertezza, in cui sembra venir meno qualsiasi punto stabile di riferimento.

A distanza di molti anni non sembra essersi avverata la profezia positivista per cui la dimensione religiosa sarebbe andata fatalmente declinando, con il progredire della modernità; evidentemente – spiega Bauman –  si constata che i piaceri materiali (“della carne”, si sarebbe detto un tempo) non bastano: occorre un contatto con qualcosa che trascenda le nostre occupazioni e preoccupazioni quotidiane. I gusti della nuova spiritualità non propendono per i dogmi, per le regole disciplinari condivise. Potremmo parlare anche di una religione à la carte: soprattutto i giovani operano una selezione tra diverse fonti, talvolta decisamente esotiche, in altri casi scavando all’interno della tradizione cattolica o, in misura minore, di quella anglicana e protestante. Prevale comunque l’attitudine a ibridare elementi diversi, secondo i bisogni particolari e la sensibilità dei singoli. È una reazione all’instabilità che caratterizza la vita nella modernità “liquida”: in un’epoca di incessanti e repentini cambiamenti, si cerca un lembo di terreno su cui poter piantare saldamente i piedi.

Uno degli aspetti più inquietanti del nostro tempo è che non si riescono a prevedere le conseguenze a medio termine delle decisioni personali: sono troppo numerosi i fattori che interferiscono con i nostri progetti. Pensiamo a quanto è avvenuto nei giorni scorsi negli Stati Uniti, dove, a causa del deficit di bilancio, centinaia di migliaia di impiegati pubblici sono stati lasciati a casa senza stipendio. E tale situazione potrebbe anche avere pesanti ricadute sull’intera economia mondiale, in prospettiva. Il mondo intero è entrato in una fase di interregno, per usare un’espressione di Antonio Gramsci: l’umanità è intenta  a ricercare disperatamente dentro o fuori di sé dei punti d’appoggio a cui reggersi, o dei freni per arrestare una fiumana indistinta che altrimenti minaccerebbe di travolgerla. L’industria dei consumi propone dei surrogati della spiritualità tradizionale fruibili on the spot, nel momento presente. Molti produttori non si limitano a mettere in commercio dei beni materiali, ma li contornano di un alone religioso. Le agenzie di viaggi e le compagnie aeree, ad esempio, pubblicizzano le destinazioni turistiche con la promessa di esperienze immortali, di mete paradisiache: i loro slogan sono spesso variazioni sul tema dell’immortalità ora, da conseguire istantaneamente, e non dopo che saremo morti; visitando una certa località, soggiornando in un particolare resort, assistendo a un concerto rock si può sperimentare da subito ciò che le persone religiose sperano di poter conseguire in un’altra vita. Il modello è quello del caffè solubile, che si può assaporare nel giro di pochi secondi, dopo che la polvere si è sciolta nell’acqua calda. Le agenzie di marketing capitalizzano il desiderio di una fuga dall’incertezza e dalla sfiducia diffuse nella modernità liquida: le merci attraggono i possibili acquirenti promettendo loro una redenzione dalla normale insensatezza della quotidianità. La convinzione che lla ricerca della felicità andasse di pari passo con un aumento dei consumi ha prodotto, di fatto, una gran quantità di miseria materiale e spirituale, oltre a intaccare gravemente le risorse naturali dell’intero pianeta: da un lato, abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi; dall’altro, abbiamo scoperto dolorosamente che la felicità non si può acquistare. Dunque, a tutti noi oggi è richiesto di cambiare radicalmente l’assetto delle nostre vite. Per esprimere questa stessa idea, Papa Bergoglio userebbe probabilmente un antico termine della tradizione cristiana: conversione.

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