Si prospetta ora il ricorso alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo
Venerdì 18 ottobre è stata pubblicizzata la decisione dei 12 membri del ‘Consiglio costituzionale’ francese di non riconoscere il diritto all’obiezione di coscienza ai sindaci e agli assessori che non intendono per convinzione personale celebrare i cosiddetti ‘matrimoni gay’. Per il ‘Consiglio costituzionale’ l’odierna versione della legge Hollande-Taubira in materia di diritto di famiglia è conforme alla Costituzione, anche se non prevede tale possibilità. E’ stata così respinta la richiesta del ‘Collettivo dei sindaci per l’infanzia” (forte di oltre ventimila membri tra sindaci e assessori) di riconoscere il diritto di obiettare, delegando la celebrazione al prefetto o ai suoi delegati. Per gli obiettori, sindaci e loro delegati, sono previste la reclusione fino a cinque anni e una pena pecuniaria di 75mila, come risulta dalla circolare del 13 giugno scorso, inviata dal ministro dell’Interno Manuel Valls ai prefetti (cui è ingiunto del resto di “segnalare al Procuratore della Repubblica ogni comportamento di un ufficiale di stato civile che impedisse il matrimonio tra due persone dello stesso sesso sul territorio di un comune”).
Proprio di tale circolare avevano chiesto il 2 luglio l’annullamento al ‘Consiglio di Stato’ (l’istanza massima per i ricorsi contro decisioni di un’autorità pubblica) alcuni sindaci, appoggiati dal ‘Collettivo’ che a sua volta aveva posto una “questione prioritaria di costituzionalità” riguardante la legge Hollande-Taubira. Il 16 settembre il ‘Consiglio di Stato’ aveva dichiarato ricevibile la “questione” demandandone il giudizio al ‘ Consiglio costituzionale’ (organo che valuta la conformità delle leggi alla Costituzione francese). L’8 ottobre, con rapidità inusitata (di solito passano un paio di mesi) e dimezzando il tempo normalmente concesso ai ricorrenti per esporre le ragioni del ricorso, il ‘Consiglio costituzionale aveva esaminato la ‘questione’: il responso è stato reso pubblicamente, come detto, il 18 ottobre.
Dall’entrata in vigore della legge Hollande-Taubira (promulgata il 17 maggio) si sono registrati nelle 50 maggiori città francesi 596 ‘matrimoni gay’, un numero tutt’altro che impressionante e che svela le panzane propagandistiche dei sostenitori di una legge il cui primo obiettivo è sempre stato quello di imporre a ogni costo un nuovo tipo di società. Forte la resistenza di ampi strati della popolazione (vedi le ripetute e massicce manifestazioni della ‘Manif pour tous’ e dei ‘Veilleurs debout’, vittime non raramente di una repressione poliziesca ingiustificata e inaccettabile), cui hanno fatto da corollario diversi rifiuti di sindaci e assessori intenzionati a rivendicare il diritto all’obiezione di coscienza in materia. Tra gli ultimi casi quello del ‘no’ deciso dal sindaco e dell’intera giunta municipale della città provenzale di Orange, vicina ad Avignone.
IL RICORSO A STRASBURGO HA DELLE POSSIBILITA’ DI ESSERE ACCOLTO: LO SPIEGA GREGOR PUPPINCK
Ora i sindaci obiettori hanno annunciato il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, la stessa la cui Grande Chambre il 18 marzo 2011 ha ribadito la legittimità del Crocifisso esposto nelle aule della scuola pubblica italiana, ribaltando la precedente sentenza di una sua sezione del 9 novembre 2009.
Come rileva Grégor Puppinck, direttore del Centro europeo per la legge e la giustizia, la Corte europea si è già pronunciata più volte su casi di obiezione di coscienza. Secondo la giurisprudenza prevalente, i sindaci obiettori dovrebbero potersi avvalere della protezione offerta dall’articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che – sotto il titolo “Libertà di pensiero, di coscienza e di religione’ – al punto 2 recita: “La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui”. La protezione offerta dall’articolo 9, rileva Puppinck, “obbliga lo Stato a istituire un meccanismo che permetta di conciliare i diritti e gli interessi contrastanti in causa, e non solo a giustificare la prevalenza dei diritti di una parte”. Tale meccanismo di conciliazione non si ritrova nella decisione del ‘Consiglio costituzionale’ francese riguardante l’obiezione di coscienza nella legge Hollande-Taubira. Si ritrova invece nei ricorrenti: essi sostengono che, anche in presenza di un’obiezione di coscienza dei sindaci e dei loro delegati, la legge permette ai prefetti e ai loro delegati di procedere d’ufficio alla celebrazione dei ‘matrimoni gay’.
Altro punto contestabile è quello dell’imparzialità del ‘Consiglio costituzionale’, richiesta dall’articolo 6 della Convenzione europea. Da una parte diversi membri del ‘Consiglio costituzionale’ hanno già da tempo espresso la loro adesione al ‘matrimonio gay’; d’altra parte il plenum del ‘Consiglio costituzionale’ ha già approvato la legge Hollande-Taubira prima della sua promulgazione. Il fatto che gli stessi giudici decidano più volte sullo stesso oggetto, osserva Puppinck, dovrebbe “essere sufficiente per la Corte di Strasburgo a dubitare dell’imparzialità oggettiva” del ‘Consiglio costituzionale’.
In conclusione un ricorso dei sindaci obiettori alla Corte europea avrebbe di certo diverse possibilità di essere accolto. Tuttavia la Corte è soggetta a influenze politiche di rilievo, più forti se il primo giudizio viene dato da una sezione composta di giudici particolarmente ideologicizzati.
SONDAGGIO IFOP DI FINE SETTEMBRE: IL 54% DEI FRANCESI PER IL RICONOSCIMENTO DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA DA PARTE DEI SINDACI
Secondo un sondaggio condotto dall’Institut français d’opinion publique (Ifop) alla fine di settembre, il 54% dei francesi era schierato per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza dei sindaci alla legge Hollande-Taubira. Il ‘sì’ al riconoscimento dell’obiezione era maggioritario in particolare tra gli elettori del centro-destra (75%) e del Fronte nazionale (62%), tra i maschi (56%, contro il 53% delle femmine), in tutte le classi d’età salvo che tra i 25 e i 34 anni (anche tra i 18 e 24 anni il 51% si dichiara d’accordo con l’obiezione), in tutte le professioni (salvo che tra artigiani o commercianti), nei comuni rurali, urbani di provincia e anche nell’agglomerazione parigina (55%).
Pure tra gli elettori di sinistra il ‘sì’ al riconoscimento dell’obiezione raccoglieva comunque il 38% dei consensi (44% tra i verdi). Del resto chi aveva dichiarato il 20 novembre 2012, davanti a migliaia di sindaci francesi in congresso, che- a proposito della legge sui ‘matrimoni gay’ e relative celebrazioni – “le possibilità di delegare esistono, esse possono anche essere ampliate (…) La legge si applica per tutti, tuttavia nel rispetto della libertà di coscienza”? Nientepopodimeno che il presidente della Repubblica François Hollande. Il quale, ricevendo il giorno dopo una rappresentanza di promotori dei diritti lgbt, aveva però fatto un fulmineo dietro-front, promettendo agli interlocutori che nella legge non si sarebbe parlato di libertà di coscienza.
In ogni caso il ‘no’ della ‘corte costituzionale’ francese all’obiezione di coscienza in riferimento alla celebrazione civile di ‘matrimoni gay’ è un altro passo – psicologicamente di importanz
a non minima – verso l’instaurazione in tutta Europa della dittatura del ‘pensiero unico’ in materia di diritto di famiglia. Dopo Parigi, toccherà a Roma?