Per Andrea Riccardi, quello del XX secolo è stato il martirio della caritàDobbiamo conoscere meglio la figura dei martiri, riscoprire il loro volto e metterli maggiormente al centro della Chiesa, ha affermato il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, in una conferenza pronunciata venerdì a Tarragona, nel contesto della beatificazione di 522 martiri del XX secolo in Spagna.
Per iniziare il suo intervento, lo storico ha lamentato il fatto che ci si sia resi conto tardi del martirio del XX secolo, e come cause di ciò ha sottolineato la lunga durata del comunismo, la mancanza di attenzione verso il Sud del mondo, il timore di non avere la distanza sufficiente rispetto a quanto accaduto in Spagna e Messico e anche “la qualità del nostro cristianesimo, ripiegato in modelli angusti”.
Nella presa di coscienza di questa realtà (già alla fine del secolo), Riccardi ha sottolineato l'importanza della figura di Giovanni Paolo II, “un papa che sollevava i continenti perché tra le altre cose aveva scoperto la forza dei martiri”.
In questo senso, ha constatato che “il martirio, per Giovanni Paolo II, non è stato un fatto archeologico, quanto piuttosto una realtà della vita”.
“Lo stesso papa ha subito un violento attentato che poteva portarlo alla morte e che non si è mai chiarito – ha affermato Riccardi –: ordito nei loschi ambienti di Istanbul tra nazionalismo e islam, probabilmente utilizzato dalle strategie dell'Est, doveva svolgersi durante la visita del papa al patriarca ortodosso Demetrios, ma è stato rimandato. È stato questo il prezzo della visita a Costantinopoli: il sacrificio che ha conferito a quella visita una dimensione mistica”.
Addentrandosi nel significato del martirio cristiano, Riccardi ha sottolineato che “nel martire si rivela quella che, con le parole di Paolo, potremmo definire una forza debole del cristianesimo: la forza di un uomo, di un popolo credente che non rinuncia a crescere, che non rinuncia a vivere in modo umano”.
Quanto ai martiri del XX secolo, Riccardi ha sottolineato che il loro sacrificio “si inserisce nel secolo dei massacri, nel secolo della morte di massa, dell'industria della morte, nel secolo del terrore”.
“A volte le novità della scienza e della tecnica si sono messe al servizio della morte – ha continuato –. In certi periodi è scomparso qualsiasi tipo d'amore e di rispetto”.
Martiri di massa del XX secolo
In questo senso, lo storico ha citato il massacro degli armeni e dei siriani assassinati perché erano cristiani, che ha definito “il primo olocausto del secolo, con oltre un milione di morti”. Ha quindi citato i morti durante la dittatura comunista in Unione Sovietica e il terrore staliniano, il massacro di 200.000 cinesi da parte dei giapponesi, la shoah (con la morte di 6 milioni di ebrei e con quella di molti altri: polacchi, zingari, russi…) e il bombardamento atomico su Hiroshima e Nagasaki, i quasi 30 milioni di morti nelle carestie cinesi tra il 1958 e il 1962, la violenza in Spagna e in Messico, le guerre in Africa, il massacro di un terzo della popolazione cambogiana, la pulizia etnica in Yugoslavia e le stragi in Ruanda.
Per Riccardi, per milioni di esseri umani è stato “il secolo oscuro, il secolo del terrore, pur essendo stato il secolo della democrazia”.
“Di fronte a una profonda avversità”, però, “un popolo di credenti, a volte debole, ha resistito e non ha mai smesso di ricordare la passione del Signore e la sua resurrezione. Non è mai stato tanto buio da non poter accendere il piccolo cero pasquale. I cristiani non hanno mai smesso di ricordare che il Signore è stato trattato come il peggiore degli uomini, pur essendo innocente”.
La chiave del martirio del XX secolo, ha commentato Riccardi, si trova nel fatto che i martiri “non hanno rinunciato alla fede, non hanno rinunciato all'amore per salvarsi la vita”. “Il martire non si salva la vita a tutti i costi, non è un kamikaze – come accade oggi nel mondo islamico –, non è un suicida”.
Riccardi ha poi citato padre Andrea Santoro, sacerdote italiano ucciso in Turchia che affermava che “la ferocia non teme di uccidere, la carità non teme di dare la vita”, aggiungendo che “per contenere la ferocia servono intelligenza e carità, e bisogna mettere in campo risorse profonde”.
Ha poi lamentato che milioni di martiri siano caduti nel dimenticatoio, come è avvenuto “con i cristiani armeni e siriani dell'impero ottomano, massacrati dopo il 1915”. Quella del martire è “una figura che dobbiamo conoscere meglio”, che svela un volto sconosciuto della Chiesa e deve essere posta “maggiormente al centro della vita ecclesiale”. A suo avviso, quello del XX secolo è “il martirio della carità”, come si vede nel caso delle numerose suore morte in Africa. Tutta questa violenza contro i cristiani è ad ogni modo “inutile, perché non rappresentano alcuna minaccia”, “ma ha una radice comune: eliminare il cristianesimo come riserva di umanità, come riserva di fede, come spazio di libertà, come spazio di spirito”.
Il rischio di politicizzazione
“Nel secolo dei diritti umani si occultano il martirio e la persecuzione”, ha denunciato Riccardi, lamentando che a volte “solo la polemica sembra far vivere” queste storie personali. Circa il rischio di strumentalizzare i martiri, lo storico ha spiegato che “ogni storia di martirio è associata a uno sfondo politico, non si produce nel vuoto; per questo può essere utilizzata per rivendicare lo scontro, può essere strumentalizzata”.
“Possiamo lasciar cadere queste storie nel dimenticatoio o schiacciarle nel loro contesto politico”, ha indicato, aggiungendo che “è assai abituale in Europa, dove si sta perdendo il senso della storia mentre si perde la speranza di un futuro”.
“Dai contesti storico-politici dobbiamo far emergere l'originalità dei martiri, originalità davanti all'odio, per la loro fede e umanità”, ha concluso. “In Spagna non è stato facile”, perché ci sono state “vergogna dei martiri e strumentalizzazione politica”, ma “pur in queste condizioni sono stati fatti molti passi avanti”. Quello che bisogna fare è sostituire la vergogna, gli interessi o la paura con la carità.