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La colpa è mia o del cellulare?

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Aleteia - pubblicato il 17/10/13
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I dispositivi e la tecnologia sostituiscono la nostra responsabilità negli atti e nelle relazioni interpersonali?di Sebastián Correa Ehlers 
 
Sono cresciuto in un mondo senza cellulari, senza Internet e sicuramente senza Facebook. Dopo la scuola andavo a giocare a calcio con il mio vicino. Dicevo a mia madre dove stavo andando e la risentivo solo quando tornavo a casa (in genere un po’ più tardi di quanto era stato accordato), poiché non avevamo cellulari.

Registravo la musica sulle cassette, registrando da altre musicassette o dalla radio, aspettando pazientemente che mandassero le mie canzoni preferite. E potrei continuare con una lunga lista di esempi di quello che si faceva “all’epoca mia” e che oggi sicuramente non si fa più.

Il mondo è cambiato, sicuramente. In un ritmo quasi frenetico di tecnologia, sono stati modificati non solo i compiti specifici delle persone, ma la stessa vita. Il nostro modo di relazionarci con la realtà sta cambiando. Smartphone, tablet, reti sociali: a volte sembra che viviamo in un mondo del tutto diverso da quello che abbiamo conosciuto da bambini, e certamente diverso da quello che hanno conosciuto i nostri genitori.

In questo senso, non manca mai l’affermazione romantica per cui “il passato era migliore”, o quella progressista secondo la quale “ogni progresso è positivo” o “migliore”. Alcuni pensano invece che questi progressi ci stiano trasformando in asini.

Camminiamo per la strada senza guardarla! Viviamo concentrati sul nostro telefono. Siamo a un tavolo circondato da persone e ciascuna guarda il proprio cellulare. Prima facevamo i conti a mente, oggi abbiamo i computer. Prima scrivevamo con attenzione per non commettere errori, oggi confidiamo ciecamente nel correttore di Word o del programma che usiamo.

Sono molti i sintomi che fanno sembrare che la teoria di Darwin fosse esatta, pur contenendo un “piccolo” errore: dovrebbe essere applicata in ordine inverso, visto che stiamo smettendo di essere umani per diventare delle scimmie.

Si stanno realizzando vari studi per analizzare l’impatto della tecnologia sulle persone e i cambiamenti che implica. Alcuni affermano che questi mutamenti stanno riducendo sistematicamente la memoria delle persone [1]. Uno studio sostiene che l’utilizzo del GPS potrebbe atrofizzare il cervello [2]. In questo senso, il Discovery Magazine presenta vari esempi [3]. Non mancano poi quanti rendono quasi un culto ai progressi tecnologici, considerando la tecnologia un’autentica religione [4].

Ci troviamo così, ancora una volta, di fronte all’antico dilemma tra i tecnofili, quelli che affermano che ci stiamo avvicinando a un paradiso digitale, e i tecnofobici, che vedono la tecnologia come la madre di tutti i mali, davanti alla quale dovremmo difenderci.

Ciò può portare a porci alcune domande sulla tecnologia: cosa ne penso? È una cosa positiva? È negativa? Ogni progresso tecnologico porta a un miglioramento? Bisogna rispondere con l’atteggiamento – cristiano – di andare sempre all’essenziale.

Forse la risposta più semplice potrebbe essere l’affermazione per cui la tecnologia è “neutra”, poiché è solo un “mezzo” che possiamo utilizzare per il bene o per il male, ma essendo frutto di un’attività dell’essere umano (e quindi contenendo un’intenzionalità e fini propri, e con un impatto oggettivo su chi la utilizza e in base al modo in cui la usa) non possiamo affermarne la neutralità. La tecnologia non è neutra. Basta constatare il grande impatto che ha sulla nostra vita e su quella di milioni di persone che vivono intorno a noi.

Il Catechismo ci illumina nel nostro dilemma con uno sguardo incisivo, affermando che “la scienza e la tecnica sono ordinate all’uomo, dal quale traggono origine e
sviluppo; esse, quindi, trovano nella persona e nei suoi valori morali l’indicazione del loro fine e la coscienza dei loro limiti” (n. 2293).

È per questo che non possiamo essere ingenui, credendo che la tecnologia, per il semplice fatto di essere tecnologia, sia positiva, né demonizzarla, condannando ogni progresso tecnologico.

L’essere umano è stato chiamato da Dio a cooperare alla creazione. In questo senso, è chiamato a generare cultura. La tecnologia è un riflesso culturale di questo essere co-creatore dell’uomo. Perché sia un riflesso genuino di una vera cultura, inoltre, deve condurre all’autentico bene dell’umanità e dell’essere umano concreto.

Se quindi inciampo per strada perché stavo guardando Facebook sul cellulare, la colpa è mia o di Facebook? Lo sguardo che si dirige all’essenziale non si limita a cercare colpevoli, in modo immaturo e superficiale, ma mi porta a guardare al lato profondo dell’umano, per vedere se questa tecnologia sta modificando qualcosa di umano (come camminare facendo attenzione alla realtà) che non dovrebbe essere modificato. Dopo di questo verrà la domanda sullo strumento in sé o sull’uso che se ne fa.

Non dobbiamo aver paura della tecnologia. Perfino papa Francesco utilizza Twitter! Ma non dobbiamo neanche essere ingenui di fronte ad essa. Il criterio è volgere lo sguardo all’essenziale e non sacrificare mai ciò che è autenticamente umano.

(© 2013 – Sebastián Correa Ehlers per il Centro de Estudos Católicos – CEC)

[1] http://www.sciencemag.org/content/333/6043/776.full
[2] http://www.nbcnews.com/id/40138522/ns/health-mental_health/#.Ui8LIWRARG5
[3] http://news.discovery.com/tech/technology-brain-intelligence-20130319.htm
[4] http://en.wikipedia.org/wiki/Church_of_Spiritual_Technology
 

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